Questa conclusione suggerisce che i creditori, in gran parte piccoli fornitori e appaltatori, avrebbero di fronte una battaglia legale in salita per cercare di recuperare i loro crediti.
Non ci sono prove di illeciti, trasferimenti di valore indebiti o contabilità fraudolenta: il consiglio di amministrazione della divisione Northvolt Ett Expansion, l’unità in fallimento del colosso svedese delle batterie, ha poche probabilità di essere ritenuto personalmente responsabile per i debiti da quasi 7 miliardi di corone (720 milioni di dollari) lasciati ai fornitori. Questa conclusione, che delude le speranze dei creditori di recuperare le perdite, arriva in un contesto in cui, secondo il curatore, molti piccoli appaltatori sono stati travolti da un’eccessiva “pubblicità” attorno al progetto, assumendosi “rischi irragionevolmente grandi”. A mettere nero su bianco questa valutazione è Jonas Premfors, curatore fallimentare nominato per gestire la bancarotta della divisione di Northvolt, in una relazione presentata al tribunale distrettuale di Stoccolma secondo quanto riferito da Bloomberg. La sua analisi getta una luce complessa sul collasso di una delle aziende che doveva essere il fiore all’occhiello dell’industria verde europea.
NESSUNA PROVA DI ILLECITI
Nella sua relazione, Premfors ha esaminato attentamente la gestione della società, che era responsabile della costruzione dell’impianto principale di Skelleftea. Il suo consiglio di amministrazione includeva figure di spicco come il fondatore di Northvolt, Peter Carlsson, e il direttore finanziario, Alexander Hartman.
Tuttavia, l’indagine non ha riscontrato elementi che possano giustificare un’azione di responsabilità personale nei confronti degli amministratori. Nello specifico, non sono emerse prove di:
Trasferimenti di valore illeciti.
Violazioni dei divieti di prestito previsti dalla legge.
Contabilità fraudolenta.
Questa conclusione suggerisce che i creditori, in gran parte piccoli fornitori e appaltatori, avrebbero di fronte una battaglia legale in salita per cercare di recuperare i loro crediti.
TROPPO OTTIMISMO E RISCHI “IRRAGIONEVOLI”
Il curatore fallimentare ha però puntato il dito contro il clima di eccessivo ottimismo che ha circondato il progetto multimiliardario di Northvolt. “L’ambiente attorno al progetto è stato, almeno in certi momenti, estremamente pubblicizzato”, ha scritto Premfors.
Questa “hype”, secondo il curatore, ha spinto molti piccoli appaltatori ad assumersi “rischi irragionevolmente grandi”, spesso concentrando la loro esposizione su un unico, grande cliente, Northvolt appunto, una mossa che si è poi rivelata fatale.
IL FUTURO DEGLI ASSET E IL NUOVO ACQUIRENTE
Northvolt, un tempo celebrata come una delle più grandi speranze europee nel settore delle batterie per veicoli elettrici, ha presentato istanza di fallimento a novembre dello scorso anno.
Nel frattempo, per gli asset rimanenti si è aperta una nuova pagina. Ad agosto, la startup californiana Lyten Inc., che sviluppa batterie al litio-zolfo, ha siglato un accordo per acquisire tutte le attività europee residue del produttore fallito. L’accordo ha ricevuto l’approvazione finale da parte delle autorità svedesi proprio mercoledì, aprendo la strada a un nuovo futuro, a stelle e strisce, per ciò che resta del sogno industriale svedese.