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Petrolio

Ok al prolungamento dei tagli della produzione di greggio, ma l’Opec rischia di sparire

Dopo il via libera all’estensione per altri nove mesi della riduzione della domanda, si tenta ora di ufficializzare la Russia e gli altri paesi facenti parte del patto Opec+. Ma l’Iran si è messa di traverso

L’Opec+ ha deciso di prorogare per altri 9 mesi l’attuale accordo di riduzione della produzione petrolifera. Dopo settimane di deliberazioni, lotte intestine, pressioni globali e clamore dei media, Opec e Russia hanno confermato che il mercato globale del petrolio ha ancora bisogno di sostegno.

TAGLI PER 1,2 MILIONI DI BARILI AL GIORNO

Il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato sabato di aver concordato con l’Arabia Saudita di prorogare i tagli di produzione esistenti di 1,2 milioni di barili al giorno, ovvero l’1,2% della domanda globale, fino a dicembre 2019 o marzo 2020.

PREZZI DEL PETROLIO HANNO SPAZIO PER LA RIPRESA MA PESANO MOLTI TIMORI SUL MERCATO

I timori di una possibile guerra commerciale Stati Uniti-Cina, con conseguente minore crescita economica globale, e la continua crescita della produzione di shale statunitense hanno messo sotto pressione i prezzi del petrolio. L’instabilità geopolitica nel Golfo Persico, l’incombente confronto militare nel Mediterraneo orientale e le sanzioni contro Iran, Venezuela e persino la Russia, non hanno contribuito a placare la spirale negativa dei prezzi. I prezzi del petrolio, tuttavia, sembrano ora avere un po’ di spazio per la ripresa, dato che Cina e Stati Uniti hanno accettato di rinegoziare un accordo commerciale, la domanda sembra ancora in crescita e i volumi di stoccaggio degli Stati Uniti hanno mostrato segni di inversione di tendenza. Stranamente gli analisti non tengono conto delle possibili ripercussioni negative della situazione in corso nello stretto di Hormuz, di un conflitto incombente in Libia e di un’economia ancora relativamente forte.

GRAVI SPACCATURE ALL’INTERNO DELL’OPEC

Allo stesso tempo, l’ottimismo all’interno dell’OPEC stessa sta calando, visto che si sono verificate gravi spaccature nel cartello in vista della riunione di Vienna di questa settimana. Iran e Venezuela sostengono che il resto dell’Opec, e in particolare l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, stanno approfittando delle sanzioni statunitensi. Nelle ultime settimane i sauditi e gli Emirati Arabi Uniti, hanno firmato importanti accordi con la Cina, il Giappone e la Corea del Sud per bloccare la domanda futura in questi paesi. Le sanzioni iraniane, anche se non hanno portato a compimento l’obiettivo zero esportazioni, come ama sostenere il presidente americano Trump, sono state un vantaggio per gli altri produttori Opec e la Russia che hanno colmato le lacune lasciate da Teheran in Asia e in Europa.

L’OPEC POTREBBE “MORIRE” SECONDO IL MINISTRO DEL PETROLIO IRANIANO

In questo senso l’Opec “potrebbe morire” se la presa saudita e russa dovesse diventare più stretta sul gruppo, secondo quanto riferisce il Financial Times che ha dato conto delle dichiarazioni del ministro del petrolio iraniano Bijan Zanganeh. Il funzionario di Teheran ha avvertito che il futuro del gruppo dei produttori di petrolio è in bilico, poiché l’alleanza saudita e russa sta mettendo da parte i membri tradizionali. “Non ho alcuna difficoltà con la proroga del taglio – ha detto ieri Zanganeh in vista della riunione a Vienna -. Il mio problema è l’unilateralizzazione”, che “minaccia l’esistenza dell’Opec, che potrebbe morire”. “Questa settimana ha mostrato chi sono i padroni”, ha detto Roger Diwan all’IHS Markit sempre a Ft. “Ora è chiaramente un gruppo dominato da russi e sauditi”.

IRAN PRONTO A METTERSI DI TRAVERSI

Non solo. In una dichiarazione alla stampa Zanganeh ha detto che metterà il veto alla formalizzazione del coordinamento del mercato petrolifero con la Russia e altri nove partner non Opec della Carta ufficiale del cartello petrolifero. Quest’ultima mossa significa non solo un blocco dei sogni sauditi e degli Emirati Arabi Uniti di incorporare ufficialmente la Russia, ma è anche uno schiaffo al presidente russo Vladimir Putin e al ministro russo dell’energia Novak.

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