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Ilva

Per l’ex Ilva non c’è pace: Si va verso il commissariamento?

Urso ha ribadito che il governo ha tutta l’intenzione di salvare e la siderurgia italiana, in particolare l’ex ilva di Taranto ma anche a Piombino dove ha comunicato che presto il governo annuncerà ulteriori investimenti.

Il Governo ha convocato per l’11 gennaio, alle 19, i sindacati metalmeccanici a Largo Chigi, nell’ennesimo round per cercare di salvare Acciaierie d’Italia, ex Ilva. Dopo l’incontro andato a vuoto di ieri l’attesa è per “decisioni dagli effetti dirompenti” come ha scritto questa mattina Il Sole 24 Ore.

COSA È SUCCESSO IERI

“Il tanto atteso incontro tra gli esponenti del governo Meloni e i vertici di ArcelorMittal per risolvere la delicata vicenda dell’ex Ilva di Taranto è finito con un nulla di fatto. All’incontro erano presenti i ministri dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, degli Affari Ue e Pnrr, Raffaele Fitto, del Mimit, Adolfo Urso, del Lavoro, Elvira Calderone e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano da una parte. Il ceo di Arcelor Aditya Mittal e quello di Invitalia Bernardo Mattarella. Ma ciò non è bastato a trovare una soluzione per immettere nuove risorse nell’acciaieria che sta viaggiando a ritmi molto bassi, con una produzione scesa nell’intorno di 3 milioni di tonnellate contro i 5-6 milioni previsti dai piani e migliaia di dipendenti in cassa integrazione. Nella riunione di ieri il governo ha prospettato l’idea di far salire Invitalia al 60% del capitale – come previsto dagli accordi firmati nel dicembre 2020 dall’ex ad di Invitalia Domenico Arcuri – e poi di effettuare un nuovo aumento di capitale da 320 milioni per far fronte alle necessità dell’azienda che l’ad Lucia Morselli nell’ottobre scorso aveva quantificato in 420 milioni. Ma sui nuovi versamenti e sul conseguente cambio di governance dell’azienda che dovrebbe portare Invitalia a nominare un nuovo ad e ArcelorMittal a indicare il presidente, le parti non si sono trovate d’accordo”, ha scritto questa mattina il quotidiano La Repubblica.

Nonostante il governo abbia prospettato la sottoscrizione integrale da parte di Invitalia di tutto l’aumento di capitale da 320 milioni con conseguente salita al 66% del capitale di Acciaierie d’Italia, Mittal ha declinato la proposta comunque “non risolutiva perché per cambiare la governance della società occorre il 77% del capitale”, ha ricordato il quotidiano romano.

I NODI AL PETTINE

“Uno dei nodi riguarda un allegato al contratto del 2020 firmato da Arcuri in cui si dice che Invitalia si darà da fare per far arrivare all’ex Ilva circa due miliardi di risorse aggiuntive per far fronte agli investimenti. Una promessa che è stata ripresa dal ministro Fitto nel preliminare firmato con Mittal l’11 settembre scorso ma che ora sembra essere stato accantonato. Fatto sta che il tempo stringe perché il 31 maggio scade il contratto di affitto degli impianti con l’amministrazione straordinaria ed entro quella data gli impianti devono essere acquistati se si vuole che Acciaierie d’Italia vada avanti . Per farlo occorre un ulteriore aumento di capitale che Invitalia stima in circa un miliardo mentre Mittal ritiene possa essere inferiore in quanto il prezzo si può negoziare. A questo scopo Morselli nei mesi scorsi ha presentato una serie di reclami del valore di 1,1 miliardi che devono essere discussi in altrettanti arbitrati ma che potrebbero essere oggetto di compensazioni a fronte del prezzo degli impianti. Non a caso è previsto dagli accordi societari che i rapporti con i commissari vengano gestiti in esclusiva dal socio ArcelorMittal e questo è un altro elemento di cui il governo dovrà tener conto”, riporta La Repubblica.

L’AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA APPARE LA STRADA PIÙ PROBABILE

“In ogni caso – sottolinea invece Il Sole 24 Ore – l’indisponibilità di Arcelor Mittal sugli ulteriori aumenti di capitale ha chiuso l’incontro e ora l’amministrazione straordinaria appare la strada più probabile con correlato contenzioso legale sulle pendenze in essere. In teoria il governo può far leva su una norma del decreto Ilva di inizio 2023 che consente di attivare la procedura anche su istanza del socio pubblico, mentre un’alternativa è il rilancio alla composizione negoziata di crisi, strumento stragiudiziale che consente di attivare misure protettive del patrimonio per un determinato tempo”.

Secondo alcune fonti di governo, “il matrimonio si potrebbe sciogliere anche con la più radicale liquidazione volontaria dell’azienda e conseguente restituzione degli asset che tornerebbero nella piena disponibilità dello Stato”.

I POSSIBILI INVESTITORI PRIVATI

Durante la riunione del governo a Palazzo Chigi prima di Natale, i ministri hanno approfondito anche il possibile intervento di investitori privati “come il cremonese Giovanni Arvedi” e “il gruppo ucraino Metinvest che ha già investito in Piombino” e “Vulcan Green Steel” di un ramo secondario della famiglia Jindal, scrive il quotidiano confindustriale.

URSO: GOVERNO C’È VOGLIAMO SALVARE LA SIDERURGIA ITALIANA

Intanto il ministro il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, a margine di Pitti Immagine Uomo, ha ribadito che il governo ha tutta l’intenzione di salvare e la siderurgia italiana, in particolare l’ex ilva di Taranto ma anche a Piombino dove ha comunicato che presto il governo annuncerà investimenti.

CALENDA: FINIRÀ COME ALITALIA

Critico Carlo Calenda, leader di Azione a Omnibus su La7 secondo cui la vicenda dell’ex Ilva finirà come Alitalia con la chiusura dello stabilimento.

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