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Perché, a 3 anni dal conflitto, la Russia è ancora un superpotenza energetica

Il ricercatore Francesco Sassi, del RIE di Bologna, ha realizzato un’analisi analisi per comprendere se, all’inizio del 2025, la Russia possa essere ancora considerata una superpotenza energetica

Francesco Sassi, research fellow in Energy Geopolitics & Markets per il RIE di Bologna, ha realizzato un’analisi per il Focus sulla sicurezza energetica del Parlamento e del Ministero degli Affari Esteri. L’analisi è volta a comprendere se, all’inizio del 2025, la Russia possa essere ancora considerata una superpotenza energetica.

L’analisi di Sassi inizia spiegando come sanzioni ed embarghi abbiano avuto sin dal principio l’obiettivo di scalfire le certezze di Mosca e colpire il cuore dei propri interessi economici e politici: l’energia. Scalzare Mosca dall’Olimpo dei produttori energetici globali è il cardine portante della strategia dell’Occidente e la modalità con cui si è imbastita la risposta europea nel conflitto energetico iniziato dal Cremlino nel 2021.

LE SUPERPOTENZE MONDIALI

Nel corso degli ultimi venti anni, le problematiche definizioni di cosa siano e se le superpotenze siano mai esistite davvero sono emerse con sempre maggiore chiarezza. Laddove la Russia è stata l’oggetto dell’analisi, il ritorno del Paese come superpotenza è stato studiato e ricercato con enfasi particolare dalla fine degli anni 2000 in poi, e il consolidamento della leadership di Vladimir Putin ha dato adito a questa tipologia di indagine scientifica.

Considerando sia la linea temporale, fino ai recenti avvenimenti in Ucraina, sia la questione energetica, considerata più o meno centrale nell’analisi, una polarizzazione di vedute appare sempre più marcata nella ricerca scientifica. Da una parte vi sono coloro che vedono un vero e proprio ritorno della Russia allo status di superpotenza mondiale, mentre altri riferiscono di un arretramento di Mosca a capitale di uno Stato di secondaria importanza nel quadro internazionale.

L’elemento della ricchezza energetica e mineraria è costantemente citato tra le attività economiche e industriali principali che caratterizzano l’identità del Paese, e sono anche ripetutamente indicate come fattore imprescindibile nella definizione delle priorità russe in politica estera.

LA RUSSIA E L’IDEOLOGIA DELL’ENERGIA

È però durante i primi anni di Vladimir Putin al Cremlino, con Mosca ancora parte del G8 e, anzi, candidatasi a “garante della sicurezza energetica globale”, che si consolida una vera e propria “ideologia dell’energia”. Grazie a più alti prezzi per le materie prime sui mercati, nuovi equilibri internazionali tra domanda e offerta hanno rafforzato il desiderio di un controllo centralizzato del governo sul settore dell’energia. Questo, associato a cambiamenti epocali nella costruzione dell’identità nazionale, ha rinsaldato la discussione sul tema della Russia come potenza energetica: uno dei concetti chiave del putinismo e sostenuto dagli ideologi di regime dalla metà degli anni 2000.

Al centro di questa ideologia vi è la considerazione che le risorse energetiche russe concedano l’opportunità di riformulare gli equilibri di potere internazionali. Passano da qui il rilancio dell’economia e una stimolazione della crescita per sostenere una nuova fondazione della (super)potenza russa.

Il “Vicinato prossimo” è il luogo prescelto in cui Mosca deve soprattutto affermare e rilanciare la propria identità di superpotenza energetica, riconoscendo invece l’animosità di uno scenario globale in cui potenze ostili si confrontano senza sosta.

IL RAPPORTO TRA LA RUSSIA E L’UNIONE EUROPEA

Nel caso invece del rapporto con l’Unione europea, la Russia esalta il possesso di abbondanti risorse, facendone una questione di crescita, orgoglio, potere, indipendenza. Risorse insomma necessarie alla costituzione di un rapporto mutualmente benefico con altri Paesi. Un discorso che però rileva alcune vulnerabilità, soprattutto laddove il rischio è che la Russia diventi una “appendice di materie prime” per l’Ue.

Allo stesso modo, si rileva come la stessa Bruxelles si stia allontanando, nel suo percorso di transizione energetica, dal modello di partnership energetica con Mosca basata su petrolio e gas, ponendo importanti quesiti per la stessa interdipendenza economica e politica. Lo stato di superpotenza energetica, e il discorso sviluppato attorno a esso, illustrano quindi la natura della sfida posta alla Russia, così come l’identificazione degli strumenti per affrontarla.

LA RUSSIA COME SUPERPOTENZA ENERGETICA

Oggi, a tre anni circa dall’inizio del conflitto in Ucraina, il tutto dovrebbe spingerci ad analizzare come energia e identità interagiscano tra loro e siano in realtà coprodotti della relazione che li collega. In questo spazio, la narrazione della Russia come una superpotenza energetica è legata strettamente allo sviluppo discorsivo, fisico, infrastrutturale e materiale di un “panorama di idrocarburi” a cui è strettamente legata l’identità nazionale.

Due aspetti appaiono importanti da sottolineare nell’ottica di approfondire l’identità di superpotenza energetica russa: da un lato, vi è la sostituzione di macchinari ed equipaggiamenti dall’estero con equivalenti prodotti internamente nel Paese, una vera e propria priorità dell’industria energetica nazionale. Fortemente sostenuta dalla classe politica, questa iniziativa precede lo scenario bellico ucraino, ma ha visto l’urgenza di accelerare i tempi di implementazione a causa del sofferto abbandono del Paese da parte di molte compagnie occidentali. Dall’altro lato, oltre alla partnership legata a forme di energia tradizionale, come gli idrocarburi, per Putin la Russia “contribuisce seriamente alla sicurezza alimentare ed energetica globale”.

Non solo, internamente ed esternamente Mosca continua ad essere rappresentata anche come un serio partner nella lotta ai cambiamenti climatici. Viene ripetutamente evidenziato come gas, nucleare ed idroelettrico rappresentino circa l’85% del mix energetico nazionale russo, rendendo il Cremlino uno tra i “leader in termini di contributo nel ridurre le emissioni di gas serra”. Anche la decarbonizzazione, offerta in forma e sostanza molto differente rispetto al modello europeo, diviene dunque uno degli espedienti discorsivi attraverso cui la Russia proietta all’estero un’immagine di sé come superpotenza energetica.

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