L’obiettivo del consiglio d’amministrazione di Renault, presieduto da Jean-DominiqueSenard, è arrivare a una nomina entro il 15 luglio, “per garantire continuità strategica”
Entro il 15 luglio si conoscerà il nome del successore di Luca De Meo, ormai ex numero uno di Renault, passato al colosso del lusso Kering. Ma la domanda più in voga in questo momento è chi guiderà il gruppo automobilistico.
NOMINA ENTRO il 15 LUGLIO PER GARANTIRE CONTINUITA’ A RENAULT
L’obiettivo del consiglio d’amministrazione, presieduto da Jean-DominiqueSenard, è arrivare a una nomina entro il 15 luglio, “per garantire continuità strategica in una fase delicata per Renault e per l’intero settore. Il contesto, infatti, è complesso: la transizione elettrica in Europa procede tra alti e bassi, la concorrenza cinese è sempre più agguerrita e i mercati scontano le incertezze legate a dazi e congiuntura economica”, si legge sul Sole 24 Ore di oggi.
DENIS LE VOT TRA I FAVORITI. TRA I NOMI IN LIZZA ANCHE PICAT, CAMBOLIVE, PROVOST, PIÉTON E GRIFFITHS
“Tra i favoriti spicca Denis Le Vot, oggi responsabile del marchio Dacia. Ingegnere di lungo corso, Le Vot ha saputo rilanciare la gamma della casa romena del gruppo Renault, trasformandola in un brand ai vertici delle vendite europee e sempre più competitivo anche sui margini. Il suo profilo internazionale – con esperienze in Russia, Turchia e Stati Uniti – lo rende un serio candidato alla guida dell’intero gruppo”.
In corsa anche Maxime Picat, attuale capo acquisti e della supply chain di Stellantis. Tra i nomi più forti anche quello di Fabrice Cambolive, oggi ceo del marchio Renault. Non manca poi chi guarda con interesse a François Provost, da anni braccio destro di de Meo e figura di peso nell’area acquisti e partnership. E qualcuno ipotizza un possibile ritorno in azienda di Thierry Piéton, ex cfo, ora in Medtronic, molto apprezzato dagli investitori per il ruolo avuto nel rilancio del gruppo. Più esterna, ma non da escludere, la carta Wayne Griffiths, ex ceo di Cupra e Seat, manager britannico con una lunga esperienza nel gruppo Volkswagen e ben conosciuto dallo stesso de Meo, con cui ha condiviso diversi progetti.
Ma quali sono stati i motivi dell’addio? “C’è chi ritiene che de Meo abbia intravisto nel futuro dell’automotive europeo – azzoppato dalla miopia dei burocrati di Bruxelles – un inevitabile schianto o, quantomeno, l’impossibilità dell’industria di rialzarsi dalla crisi che attraversa. Colpa di una transizione green mal concepita, soprattutto per l’imposizione dell’auto elettrica, e ancor peggio programmata: la medesima che de Meo ha affrontato pure da Presidente dell’Associazione europea dei costruttori, forse comprendendo che alcune ottusità delle istituzioni fossero insuperabili”, ha scritto La Stampa.
“In un’intervista a Le Figaro di qualche settimana fa, era stato lo stesso de Meo a definire ‘un disastro’ l’attuale livello delle vendite, avvertendo che “le regole europee, pensate per auto di fascia alta, penalizzano le vetture piccole. Non si può trattare una citycar da 3,8 metri come una berlina da 5,5”, sottolineando come tra il 2015 e il 2030 il costo di una Clio sia aumentato del 40% e gran parte del rincaro (circa il 90%) sia dovuto agli oneri normativi”, ha proseguito il quotidiano torinese.
ALTRE POSSIBILI CAUSE
“Tuttavia, se da un lato la stanchezza accumulata ai tavoli di Bruxelles sembra essere la principale responsabile del “buen retiro” di de Meo, dall’altro potrebbero esserci ulteriori cause. In primis il fatto che Renault si accingerebbe ad aprire stabilimenti in Ucraina per la produrre di droni militari, destinati all’esercito di Kiev e a quello transalpino”.
“Sullo sfondo, infine, ci sono le possibili nozze fra Stellantis e Renault: smentite dalla prima, ma fortemente caldeggiate dalla Francia (che è pure azionista di Stellantis). Nelle stesse ore in cui de Meo annunciava le dimissioni, Nissan – che con Renault ha in piedi una storica Alleanza industriale – ha confermato la riduzione della partecipazione nel capitale della Renault: venderà un 5% delle azioni in suo possesso, scendendo al 10% del capitale di Renault detenuto”, ha aggiunto La Stampa.