La transizione energetica è e sarà anche un processo economico e sociale, oltre che ambientale. In questo senso, il ruolo delle comunità energetiche è interessante
Quanto possono aiutare le comunità energetiche nel passaggio a un sistema produttivo e di consumi più pulito e svincolato dai combustibili fossili? Facciamo un punto.
LA RILEVANZA DELLE COMUNITA’ ENERGETICHE
Il principio alla base delle Cer, le comunità energetiche rinnovabili appunto, è la condivisione. Vale a dire, trarre vantaggio dalla presenza di più nuclei familiari e quindi abitativi per mettere a fatto comune la produzione e il consumo dell’energia.
In termini di risparmio economico per gli utenti, i calcoli non sono facili. Anzitutto perché occorre distinguere chi nella comunità va a produrre e consumare e chi invece consuma soltanto. Così come non è facile attualmente, mettere in moto una comunità da parte di gruppi di cittadini. Per una questione di costi da redistribuire tra i partecipanti, e di gestione. Attualmente, inoltre, c’è da rispettare il vincolo degli impianti fotovoltaici risalenti a non prima del 2021 per la produzione in una Cer.
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Ad oggi, più facile e avanzata risulta il ricorso alle Cer da parte delle aziende. Che si pongono come soggetti realizzatori di impianti e rivenditori di energia alle comunità, guadagnando poi anche porzioni dagli incentivi da produttori e dalle quote di gestione. L’investimento rientra così in poco tempo. Come spiega una recente guida di Dday, i rischi attuali delle Cer sono proprio legati al bilanciamento da garantire in termini di costi, spese e ridistribuzione degli incentivi.
Certamente, i margini di crescita di questo comparto sono evidenti e la presenza delle comunità energetiche crescerà. Secondo un recente report di Fondazione Symbola, gruppo Tea e Ipsos, tre imprese su quattro hanno sentito parlare (75%) delle comunità energetiche, e nella popolazione circa una persona su sei (15%). I margini, anche in termini informativi, ci sono e dovranno essere colmati ma intanto sono ben chiari i vantaggi che possono apportare le Cer: sulla bolletta energetica (62%), il ritorno in termini di immagine (25%) e la possibilità di rendere più solido il legame con la comunità locale e il territorio (20%).
Come dettagliato a giugno su Wired da Marco Dell’Aguzzo, “il Pnrr stanzia 2,2 miliardi per lo sviluppo delle comunità energetiche nei piccoli centri [<5mila abitanti, ndr], con l’obiettivo di promuovere la diffusione delle fonti rinnovabili e il benessere sociale”. Obiettivo al giugno 2026: 2000 MW di capacità rinnovabile installata e 2500 GWh di produzione. Il ministro Pichetto immagina 15mila comunità in Italia, ma i numeri attuali sono molto più bassi”. Cioè, “stimarne il loro numero attuale non è semplice, perché si tende a confonderle con i progetti di autoconsumo collettivo (un condominio che si alimenta con i propri dispositivi fotovoltaici, ad esempio)”. Ma “stando all’ultimo rapporto trimestrale Energia e clima in Italia del Gse, pubblicato a maggio, alla fine del 2022 risultavano quarantasei configurazioni di autoconsumo collettivo e ventuno comunità energetiche rinnovabili, per una potenza di 1,4 MW”.
LE MOSSE DEL GOVERNO E IL SENTIMENT DEGLI ESPERTI
Quanto alle mosse dell’esecutivo a guida Meloni, a inizio dicembre il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto ha firmato e trasmesso alla Corte dei Conti il decreto di incentivazione alla diffusione dell’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili.
“È un altro passo importante – aveva spiegato il Ministro Pichetto – verso una vera svolta energetica che attende il Paese”, dopo che la Commissione Ue aveva dato l’ok al provvedimento. Che include un contributo a fondo perduto e una tariffa incentivante sull’energia rinnovabile prodotta e condivisa. Nel dettaglio, gli incentivi ammontano a cifre in base alla potenza dell’impianto (inferiore a 200, tra 200 e 600 e superiore a 600 kWp) e sono composti da una parte fissa (60 €/kWh) più una parte variabile a seconda del prezzo zonale. Inoltre, in base a dove è collocata la comunità, si prevedono 4€/MWh in più per le regioni del centro e 10€/MWh in più per quelle del Nord Italia. Quanto alla potenza finanziabile, il tetto è di 5 GW al 2027. Per i comuni con meno di cinquemila abitanti, oltre ai 2,2 miliardi dal Pnrr ci sono altri 3,5 miliardi di contributi a fondo perduto.
“Le Comunità Energetiche Rinnovabili – ha detto in una nota Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola in occasione della presentazione del report sopra citato– sono uno strumento formidabile per affrontare la crisi climatica, abbassare le bollette, rendere l’Italia più libera da ricatti energetici puntando sulle rinnovabili. Per muoversi sulla linea indicata dall’Europa con il Next Generation EU: coesione, transizione verde, digitale. Lo pensano i cittadini, imprese, diocesi, anche se molto resta da fare per far conoscere e rendere praticabili le CER. In particolare va colmato il ritardo accumulato nell’approvazione dei decreti attuativi. Mi pare che il nuovo ministro Gilberto Pichetto Fratin abbia dato assicurazioni su questo. L’Italia può essere protagonista della transizione verde con un’alleanza tra società, imprese, istituzioni. Tra comunità, empatia e tecnologia che può rendere più forte la nostra economia e un ruolo importante possono svolgerlo anche piccoli comuni e parrocchie”.
“Quanto è emerso oggi conferma l’urgenza di definire le regole attuative necessarie a dare avvio definitivo alle Comunità. Nel bel mezzo di una crisi energetica, sussiste un vuoto normativo ingiustificabile, che speriamo si colmi entro il mese, che rallenta i tanti progetti in essere nel nostro Paese. Il processo verso la transizione energetica è avviato, urgente e trasversale, e le CER rappresentano senz’altro una soluzione concreta. In questo processo sono molti gli attori coinvolti, ma fondamentale, mi pare, il ruolo delle multiutility come Tea, già impegnata in questo settore, chiamate a supportare gli Enti locali nell’abbracciare al meglio queste opportunità di sviluppo ambientale, economico e sociale, e a svolgere un ruolo attivo nel promuovere un cambiamento culturale nelle rispettive comunità. Un cambiamento rispetto all’approccio al consumo che con le CER diventa condiviso, orientato al risparmio e al bene comune attraverso energia pulita e rinnovabile”, ha commentato il presidente di Gruppo Tea, Massimiliano Ghizzi. Adesso è atteso il parere della Corte dei Conti sul decreto Cer firmato il 6 dicembre da Gilberto Pichetto Fratin.