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Data Center

Perché la lotta ai cambiamenti climatici deve fare i conti con i data center

Esistono numerose soluzioni al problema energetico di data center. Uno è che i proprietari costruiscano capacità rinnovabile in loco o collaborino con fornitori di energia verde come stanno facendo Amazon, Google e Microsoft

È quasi impossibile qualificare, né tanto meno quantificare, la distruzione che la diffusione del nuovo coronavirus ha causato all’economia globale. Uno dei tanti effetti collaterali della pandemia è stato però quello di spingere il mondo un passo più in là verso l’era digitale grazie a smart working e social che hanno sostituito sempre di più il mondo fisico con il cyberspazio. Ma non è tutto oro quello che luccica: la quantità di potenza di calcolo utilizzata in tutto il mondo sta esplodendo e i Big Data diventano un settore economico sempre più ampio e rilevante, con un numero crescente di industrie di analisi che utilizzano i dati per guidare i processi decisionali. Con un impatto devastante per l’impronta di carbonio del mondo.

QUANTO CONSUMANO I DATA CENTER

I data center consumano una quantità di energia pazzesca: “Google stima che ogni ricerca emetta circa 0,2 grammi di CO2 nell’atmosfera, a causa dell’energia necessaria per alimentare i cavi, i router e i server che fanno funzionare Google”, ha riferito Wired nel 2018. “Guardare o caricare un video su YouTube è peggio per l’ambiente: 1 grammo di carbonio ogni 10 minuti di visualizzazione”. Tutti quei clic apparentemente innocui si sommano: le società di Internet come Google emettono collettivamente tanta anidride carbonica quanto l’industria aerea globale – e questa statistica risale a ben prima che COVID-19 mettesse a terra la maggior parte degli aerei, come si può ben leggere su una ricerca condotta da Yale.

L’EFFETTO COVID

Lo scorso anno le emissioni sono calate complessivamente nel mondo del 6% grazie all’effetto della pandemia. Ma come volevasi dimostrare si è trattato di un fenomeno temporaneo: le emissioni stanno pian piano tornando alla normalità come si evince dagli ultimi dati dell’Agenzia internazionale per l’energia (Aie) e sono destinate a crescere ulteriormente anche per effetto dei data center. Proprio secondo Aie i data center in tutto il mondo consumano circa 200 Twh di elettricità all’anno, cioè quasi l’1% della domanda globale di elettricità e lo 0,3% di tutte le emissioni globali di CO2.

Se da un lato le industrie dei trasporti, dell’agricoltura e dell’energia subiscono il peso maggiore della colpa per i livelli pericolosamente alti di emissioni di gas serra, che portano a cambiamenti climatici, dall’altro i data center sono sempre più parte cruciale del problema, così come la sua potenziale soluzione. “Non esiste un percorso per un pianeta più pulito senza affrontare il considerevole consumo di energia dei data center che alimentano la nostra economia sempre più digitalizzata”, ha scritto Forbes questa settimana.

LE SOLUZIONI PER I DATA CENTER

Esistono numerose soluzioni al problema energetico di data center. Uno è che i proprietari costruiscano capacità rinnovabile in loco o collaborino con fornitori di energia verde. Le aziende tecnologiche come Amazon, Google e Microsoft sono state proattive in questo senso, e di recente proprio il colosso guidato da Jeff Bezos è diventata il più grande acquirente aziendale di energia rinnovabile al mondo, con l’intenzione di continuare ad acquistare di più ogni anno. Anche Google ha adottato un approccio innovativo per i propri data center convertendo una delle sue enormi server farm in un’enorme batteria per lo stoccaggio di energia rinnovabile.

LO STUDIO GRANULATE

Altrettanto importante, anche se molto meno attraente, è il compito di migliorare l’efficienza operativa dei data center. Uno studio pubblicato all’inizio di quest’anno dalla società israeliana di intelligenza artificiale e ottimizzazione delle prestazioni Granulate ha intervistato professionisti IT senior di 100 aziende che spendevano quasi 1 milione di dollari all’anno per il cloud computing e ha scoperto che più della metà di loro utilizzava solo un misero 20% -40% della loro capacità della CPU. “Sono questi server molto sottoutilizzati e parzialmente inattivi che continuano a consumare notevoli quantità di energia, imponendo costi inutili alle aziende e contribuendo a decine se non centinaia di milioni di tonnellate di emissioni di CO2”, ha valutato Forbes.

Il miglioramento delle infrastrutture come i sistemi di raffreddamento e i server, e l’investimento in nuovi processori, può portare infatti a riduzioni significative del consumo energetico dei data center.

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