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idroelettrico

Perché la svolta francese sull’idroelettrico apre la strada a una soluzione “italiana” per sbloccare 16 mld di investimenti

Riccardo Zucconi, Responsabile Energia del gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia alla Camera vede nell’intesa tra Parigi e Bruxelles sull’idroelettrico un modello da seguire per superare l’incertezza normativa che da anni frena lo sviluppo di un settore strategico

L’accordo raggiunto tra il governo francese e la Commissione Europea per sanare l’annoso contenzioso sulle concessioni idroelettriche rappresenta un “deciso cambio di paradigma” da parte di Bruxelles e una “buona notizia” che fa ben sperare per una soluzione analoga in Italia. Una via d’uscita che, se replicata, potrebbe sbloccare nel nostro Paese fino a 16 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi, aumentare del 10% la produzione energetica e creare quasi 21.000 nuovi posti di lavoro.

A sottolineare l’importanza del precedente francese è Riccardo Zucconi, Responsabile Energia del gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia alla Camera, che vede nell’intesa tra Parigi e Bruxelles un modello da seguire per superare l’incertezza normativa che da anni frena lo sviluppo di un settore strategico per la sicurezza energetica nazionale. La sua posizione è supportata da un recente studio di The European House – Ambrosetti, presentato al Forum di Cernobbio, che quantifica i benefici di una rapida riassegnazione delle concessioni.

LA SOLUZIONE FRANCESE: CONTINUITÀ IN CAMBIO DI INVESTIMENTI

L’accordo di principio tra Parigi e Bruxelles, annunciato dal primo ministro François Bayrou, permetterà di superare una situazione di stallo decennale. Il piano, che sarà attuato tramite un disegno di legge, si articola in tre punti: il passaggio da un sistema di concessioni a uno di autorizzazioni, la possibilità di mantenere gli operatori storici per garantire continuità e sicurezza, e la messa a disposizione “virtuale” di 6 GW di capacità idroelettrica di EDF a terzi, tramite aste competitive. Questo garantirà ai concessionari uscenti la continuità produttiva in cambio di un rilancio degli investimenti.

L’ALLARME DALL’INDUSTRIA: “INCERTEZZA NORMATIVA RITARDA GLI INVESTIMENTI DI 6 ANNI”

A sua volta la situazione italiana è critica e urgente. “L’86% delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche è già scaduto o scadrà entro il 2029”, emerge dallo studio ‘Energia dall’acqua, forza e sicurezza del paese’, realizzato da The European House – Ambrosetti (Teha) in collaborazione con Enel. “Senza un intervento tempestivo, il Paese rischia un ritardo di almeno 6 anni negli investimenti”.

“Lo studio evidenzia come il settore idroelettrico rappresenti un pilastro per la sicurezza energetica del Paese”, ha commentato Salvatore Bernabei, Head of Enel Green Power and Thermal Generation di Enel. “Si tratta di una tecnologia che richiede elevate competenze e capitali ingenti. L’attuale incertezza normativa sulle concessioni sta ritardando investimenti necessari per tutto il sistema”.

“Per l’Italia l’idroelettrico rappresenta una tecnologia strategica, coprendo circa il 15% dei consumi elettrici nazionali”, ha aggiunto Lorenzo Tavazzi, Senior Partner di The European House – Ambrosetti. “Attiva una filiera tecnologica complessa, dal valore di oltre 37 miliardi di euro di produzione e 19 miliardi di export”.

UNA RISORSA STRATEGICA DA PROTEGGERE

L’idroelettrico, prima fonte “verde” del Paese, è fondamentale non solo per la produzione energetica, ma anche per la stabilità della rete, la gestione delle risorse idriche e la competitività industriale. Tuttavia, come osserva Zucconi, questa eccellenza tecnologica “può diventare facile preda dei grandi colossi energetici extra UE, con il grave rischio che una risorsa strategica cada in mani straniere”.

LA PROPOSTA DELLA “QUARTA VIA” PER L’ITALIA

Per superare l’impasse, lo studio di Teha ed Enel, oltre ad analizzare le tre opzioni previste dalla normativa attuale (gare, società miste, partenariato pubblico-privato), propone una “quarta via”. Questa soluzione si basa sulla riassegnazione delle concessioni agli operatori attuali a fronte di un piano industriale di investimenti certo e concordato, unita a un’armonizzazione dei canoni.

Secondo le stime, questa opzione potrebbe abilitare investimenti fino a 16 miliardi di euro, con benefici tangibili: un aumento della produzione del 5-10%, una riduzione delle emissioni fino a 4,5 milioni di tonnellate di CO2, risparmi per 1,1 miliardi per la collettività e la creazione di fino a 20.800 posti di lavoro aggiuntivi.

L’appello del mondo industriale e politico è quindi unanime: occorre “continuare il lavoro già messo in atto dal Governo per trovare al più presto un accordo con la Commissione europea”, ha concluso Zucconi, sfruttando la finestra di opportunità aperta dal precedente francese per garantire la sicurezza energetica dell’Italia e dell’Europa.

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