Gli Stati Uniti e i loro alleati europei “continueranno ad acquistare risorse naturali russe e Mosca continuerà a spedirle”, gas compreso
Nelle 24 ore successive alla firma del decreto di Vladimir Putin che riconosceva due territori separatisti ucraini, “l’Unione Europea, il Regno Unito e gli Stati Uniti hanno acquistato un totale di 3,5 milioni di barili di petrolio russo e prodotti raffinati, per un valore di oltre 350 milioni di dollari a prezzi correnti. Inoltre, l’Occidente probabilmente ha acquistato altri 250 milioni di dollari di gas naturale russo, oltre a decine di milioni di dollari di alluminio, carbone, nichel, titanio, oro e altre materie prime. In totale, il conto probabilmente ha superato i 700 milioni di dollari”. A dirlo è Bloomberg sostenendo che per il momento gli Stati Uniti e i loro alleati europei “continueranno ad acquistare risorse naturali russe e Mosca continuerà a spedirle, nonostante la più grande crisi politica tra gli ex guerrieri della Guerra Fredda dal crollo dell’Unione Sovietica nel 1991”.
LE CONTRADDIZIONI TRA OCCIDENTE E RUSSIA
Bloomberg parla di contraddizioni. “L’Occidente sa che le materie prime sono una vacca da mungere per Putin, alimentando le sue ambizioni imperiali grazie, in gran parte, agli altissimi prezzi del petrolio e del gas, ma gli alleati sono anche consapevoli dell’autolesionismo economico del taglio a zero delle importazioni. Da parte sua, il Cremlino potrebbe essere tentato di armare le sue risorse naturali, il che potrebbe innescare blackout in Europa. Ma sa anche che le esportazioni di materie prime sono la propria linfa vitale economica”.
NESSUNA SANZIONE PER LE BANCHE RUSSE CHE COMMERCIANO MATERIE PRIME
Altra contraddizione il fatto che l’Unione Europea e il Regno Unito “hanno preso di mira cinque banche russe di medie dimensioni, accusandole di aiutare la campagna del Cremlino. Ma hanno lasciato intatti i tre giganti finanziatori statali che sono fondamentali per il commercio di materie prime: VTB Bank PJSC, Sberbank of Russia PJSC e Gazprombank JSC. Putin ha fatto lo stesso, dicendo in una conferenza del settore – il giorno dopo aver riconosciuto le repubbliche separatiste – che la Russia stava pianificando ‘forniture ininterrotte’ di gas naturale ai mercati mondiali”.
FORNITURE GAS GARANTITE
Insomma “qualsiasi problema militare rimane confinato ai due territori separatisti, che sono lontani dai potenti oleodotti e gasdotti russi che attraversano l’Ucraina da est a ovest: Druzbha, Soyuz, Progress e Brotherhood. La società che gestisce la rete di gasdotti dell’Ucraina ha twittato: ‘Keep Calm and Transit Gas'”, ha concluso Bloomberg.
IMPROBABILE UNA VITTORIA ECONOMICA CONTRO LA RUSSIA
Il The Guardian parla invece di una improbabile vittoria economica dell’Occidente contro la Russia. “Il dottor Holger Schmieding, capo economista della banca d’investimento Berenberg, ha detto che la Russia è una grande potenza militare e un produttore di energia, ma non un mercato rilevante per la maggior parte dei paesi. La Germania, per esempio, esporta molto di più in Polonia che in Russia”. Tuttavia la Russia “ha usato il denaro ricevuto dalle sue esportazioni di petrolio e di gas per costruire sostanziali difese finanziarie. Mosca è seduta su riserve di valuta estera di circa 500 miliardi di dollari (369 miliardi di sterline) e, per gli standard internazionali, ha livelli estremamente bassi di debito nazionale. Mentre la pandemia ha mandato il rapporto tra debito nazionale e PIL del Regno Unito a superare il 100%, in Russia è inferiore al 20%. Questa potenza di fuoco finanziaria potrebbe smussare una delle armi che l’Occidente intende utilizzare in risposta alla crisi in Ucraina: il divieto per la Russia di emettere o commerciare il suo debito sovrano a Londra e New York. La quantità di obbligazioni che la Russia ha bisogno di vendere è relativamente piccola, e solo il 10% del totale è stato acquistato da non residenti l’anno scorso”, ammette The Guardian che ricordo come Putin possa essere tentato di usare come ritorsione contro le sanzioni occidentali un’arma importante: “La Russia fornisce il 40% del petrolio e del carbone dell’UE e il 20% del suo gas. È il più grande esportatore mondiale di fertilizzanti e di palladio, un componente cruciale per l’industria automobilistica perché è necessario per fare le marmitte catalitiche. L’Istituto Kiel, un thinktank tedesco, afferma che l’interruzione delle esportazioni di gas eliminerebbe il 3% del PIL russo, mentre la fine delle esportazioni di petrolio comporterebbe un colpo dell’1,2%. Mentre i paesi occidentali sarebbero in grado di rifornirsi di energia altrove, una riduzione dell’offerta porterebbe inevitabilmente all’aumento dei prezzi del petrolio e del gas”.