Con il CBAM, dal 2026 gli importatori di alcuni beni ad alta intensità di carbonio (cemento, ferro e acciaio, alluminio, fertilizzanti, elettricità e idrogeno) pagheranno una tassa legata al prezzo delle quote di emissione di carbonio nel Sistema di scambio di quote di emissione dell’Unione europea (EU ETS)
L’Unione europea potrebbe istituire un sussidio per compensare una tariffa destinata a compensare un’imposta. La Commissione europea di recente ha annunciato un fondo temporaneo da 600 milioni di euro per aiutare le imprese nazionali a far fronte ad una nuova tassa sul carbonio alle frontiere che entrerà in vigore a partire da gennaio 2026.
Il fondo fa parte del Carbon Border Adjustment Mechanism, un sistema tariffario concepito per proteggere i produttori europei dai concorrenti stranieri che non sono tenuti a pagare per le emissioni di carbonio che generano.
IL FUNZIONAMENTO DEL CBAM
Come spiega Carlo Stagnaro sul sito dell’Istituto Bruno Leoni, il CBAM creerà tanti problemi quanti ne risolverà. Durante la fase di transizione, 2023-2025, gli importatori di alcuni beni ad alta intensità di carbonio (cemento, ferro e acciaio, alluminio, fertilizzanti, elettricità e idrogeno) erano tenuti a dichiarare le emissioni incorporate delle loro importazioni. Il prossimo anno pagheranno una tassa legata al prezzo delle quote di emissione di carbonio nel Sistema di scambio di quote di emissione dell’Unione europea (EU ETS).
La distribuzione di quote gratuite, istituita per proteggere le industrie ad alta intensità energetica ed esposte al commercio dalla concorrenza straniera, sarà gradualmente eliminata. Secondo la Commissione europea, il CBAM “è uno strumento per stabilire un prezzo equo per il carbonio emesso durante la produzione di beni ad alta intensità di carbonio che entrano nell’Unione europea e per incoraggiare una produzione industriale più pulita nei Paesi extra-Ue”.
Chi potrebbe opporsi ad un livellamento delle condizioni, al miglioramento della qualità ambientale e alla tutela della competitività dei produttori europei? L’attuazione, però, è piena di complessità.
GLI OBBLIGHI DI RENDICONTAZIONE DEL CBAM
Prendiamo i suoi obblighi di rendicontazione. Le emissioni dirette e indirette dei beni importati sono difficili da stimare anche in Paesi con quadri di rendicontazione solidi e trasparenti, figuriamoci in Paesi come la Cina, dove la verifica è quasi impossibile. Eppure, gli importatori sono responsabili dell’accuratezza delle loro dichiarazioni.
Tali sistemi sono anche facili da aggirare. Quando la California ha introdotto il suo sistema “cap and trade” e una tassa di confine sul carbonio per l’elettricità importata, i produttori degli Stati confinanti hanno dirottato l’elettricità a basse emissioni di carbonio verso la California, mentre hanno inviato l’elettricità ad alta intensità di carbonio altrove. Tale “riorganizzazione” ha comportato un notevole adempimento burocratico e non ha comportato alcun beneficio ambientale. Ora, immaginiamo la portata di tale opportunismo quando gli scambi coinvolgono l’Unione europea e la Cina o l’India.
GLI EFFETTI DELLA CARBON TAX SULLA PRODUZIONE DEI BENI
Applicandosi solo a determinati settori ad alta intensità di carbonio, il meccanismo aumenta i prezzi per riflettere il costo del carbonio incorporato e crea così un incentivo perverso ad esternalizzare la produzione di beni a valle.
Se il costo delle automobili o delle turbine eoliche prodotte nell’Unione europea aumenta perché il CBAM aumenta il prezzo dell’acciaio, potrebbe diventare più conveniente importare automobili o turbine finite. Ciò non impedirebbe la “rilocalizzazione delle emissioni di carbonio” – la delocalizzazione delle attività industriali per eludere la regolamentazione –, ma la aggraverebbe.
La Commissione Ue ha ammesso il problema ed esteso il meccanismo a prodotti finiti come lavatrici, radiatori industriali e utensili da giardino. Tuttavia, gli importatori dovranno valutare il contenuto di carbonio diretto e indiretto di ogni componente.
I PRODUTTORI EUROPEI POTREBBERO PERDERE QUOTE DI MERCATO ALL’ESTERO
C’è di più. Anche se la legge riuscisse a livellare il campo di gioco in Europa, molte aziende europee dipendono fortemente dalle esportazioni. Nei primi tre trimestri del 2025 l’Unione europea ha registrato un surplus commerciale di merci pari a 104,3 miliardi di euro, con esportazioni extra-Ue pari a 1.986,7 miliardi di euro.
In base al CBAM, questi esportatori dovranno affrontare costi di input interni più elevati per i prodotti, e il fondo annunciato, probabilmente incompatibile con le norme commerciali dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, è troppo esiguo per apportare benefici significativi. Il fondo da 600 milioni di euro dovrebbe compensare un costo stimato in circa 1,4 miliardi di euro.
Di conseguenza, i produttori europei potrebbero perdere quote di mercato all’estero a favore di concorrenti in giurisdizioni a più alta intensità di carbonio. Le emissioni globali aumenteranno, danneggiando sia l’economia europea che il pianeta.
L’economista James Bushnell ha osservato all’inizio del dibattito sul CBAM che “esiste almeno uno strumento che evita tutti questi problemi. Stranamente, questo strumento è l’allocazione basata sull’output” (quote gratuite per le industrie ad alta intensità di carbonio ed esposte al commercio), “lo stesso strumento che l’Ue sta gradualmente eliminando a favore del CBAM”.
IL CBAM STA PROVOCANDO DELLE TENSIONI INTERNAZIONALI
Il regime europeo del carbonio sta alimentando anche delle tensioni internazionali, come si è visto alla COP30 di fine novembre. Anziché guidare i negoziati, l’Unione europea è stata criticata per aver intrecciato politica climatica e commerciale in modi che minano il commercio, danneggiano l’economia europea e potrebbero aumentare le emissioni globali.
Il commissario Ue per il clima, Wopke Hoekstra, ha ammesso che il CBAM “è troppo ampio e troppo macchinoso”. Renderlo ancora più ampio e macchinoso non servirà a nulla.
La fissazione del prezzo del carbonio è lo strumento più efficiente per ridurre le emissioni. I suoi effetti negativi possono essere alleviati da soluzioni pragmatiche, come il riciclo dei proventi per ridurre altre imposte o la distribuzione di quote gratuite alle industrie esposte alla concorrenza estera.
“Lo storico dell’economia Carlo Maria Cipolla – conclude Stagnaro – ha definito la stupidità come causare perdite ad altri senza ottenere alcun guadagno. È ora che le politiche climatiche europee diventino più intelligenti”.



