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Dalla strategia del governo per il Piano Mattei alle preoccupazioni sulle concessioni idroelettriche: cosa dicono i giornali

Al vertice Italia-Africa la premier Giorgia Meloni ha svelato l’ossatura del Piano Mattei per l’Africa. Sono cinque i pilastri fondativi: istruzione, salute, agricoltura, acqua e energia. Sul fronte delle concessioni idroelettriche, la completa liberalizzazione preoccupa il governo. Ecco cosa dicono i quotidiani

Il Piano Mattei avrà una dotazione iniziale di 5,5 miliardi di euro e cinque pilastri fondativi: istruzione, salute, agricoltura, acqua e energia. Tra gli obiettivi principali : trasformare l’Italia in un «hub» per l’approvvigionamento energetico fra Africa e Ue.

Tra le questioni energetiche prioritarie nell’agenda del governo, inoltre, c’è indubbiamente quella delle concessioni idroelettriche e, la prospettiva di una completa liberalizzazione delle concessioni idroelettriche  preoccupa sia il governo che diverse giunte regionali. Ecco perché

PIANO MATTEI: 5,5 MILIARDI PER L’AFRICA

Al vertice Italia-Africa a Palazzo Madama, di fronte ai rappresentanti delle principali istituzioni mondiali (dall’Onu al Fmi), dei vertici europei e di 46 Stati africani, la premier Giorgia Meloni, nel corso della conferenza, ha spiegato la logica alla base del piano Mattei per l’Africa. A riprendere la questione, oggi, è il Corriere della Sera che riporta: “Gli «interventi strategici di medio e lungo periodo», così li chiama Meloni, saranno focalizzati su 5 settori: istruzione e formazione, sanità, agricoltura, acqua ed energia. E dovranno essere finalizzati ad «aiutare il continente a crescere e prosperare partendo dalle sue immense risorse», ha esordito la premier. Un Piano «non calato dall’alto», piuttosto incentrato su una «piattaforma programmatica condivisa», fuori da «un’impostazione predatoria o caritatevole». E che dovrà vedere l’impegno dell’Italia con «tutto il sistema-Paese, a partire dalla cooperazione allo sviluppo e dal settore privato». Anche per questo, in Senato, ieri sedevano anche i rappresentanti di 12 partecipate italiane, fra cui Enel, Eni, Terna, Cdp, Snam, Leonardo, Fincantieri”.

Per quanto riguarda le risorse finanziari disponibili, il Piano Mattei può contare su una dotazione iniziale di oltre 5,5 miliardi di euro.  L’intenzione del governo è di coinvolgere «le istituzioni finanziarie internazionali, le banche multilaterali di sviluppo, l’Unione europea e altri stati donatori», e creare «entro l’anno un nuovo strumento finanziario per agevolare insieme a Cdp gli investimenti del settore privato».

Uno strumento – spiega Il Corriere della Sera –  “è già stato individuato in un Fondo internazionale multilaterale da istituire presso la Banca di Sviluppo africana, i cui soci fondatori saranno Italia ed Emirati arabi uniti (entrambi con 100 mioni di euro), cui potranno associarsi altri Stati e donatori, fra cui (ha già proposto 200 milioni) l’Arabia Saudita, forse la stessa Unione europea, che ieri vedeva Ursula von der Leyen e Charles Michell avere i loro incontri bilaterali con tanti leader africani fra gli scranni del Senato italiano. E sicuramente la Francia, che ha veicolato alla nostra diplomazia un interesse a partecipare al progetto. I primi progetti riguardano alcune nazioni africane nel quadrante sub-sahariano e in quello nordafricano con l’obiettivo di «estendere progressivamente» l’iniziativa seguendo una logica incrementale, ci ha tenuto a rimarcare ancora il capo del governo”.

L’ENERGIA AL CENTRO DEI PROGETTI

L’energia è tra i cinque pilastri fondativi del Piano Mattei e – secondo la premier Giorgia Meloni – è la “chiave di sviluppo per tutti”. Non solo, ma – come scrive il quotidiano oggi Il Sole 24 Ore – è anche “il piatto forte della rafforzata collaborazione tra l’Europa e l’Africa. Non a caso ieri, in Senato, c’erano i vertici delle partecipate pubbliche, a partire dall’ad di Eni, Claudio Descalzi, che con il suo gruppo – attivo al di là del Mediterraneo dagli anni ’50 e in prima linea in 13 Paesi diversi (dal Marocco alla Costa d’Avorio) -, si configura come l’architrave del piano Mattei”

Il piano – scrive il quotidiano “servirà altresì ad assicurare nuove rotte di fornitura al Vecchio Continente e a garantire all’Africa l’energia sufficiente alle proprie esigenze. Coperte anche dall’Eni, come ha ribadito anche Descalzi ospite in serata di Bruno Vespa: «Eni lascia al mercato domestico il 90% del gas che produce in Africa e nel mondo – ha detto l’ad -. Investendo in Africa, dove siamo tra i primi investitori, ci prendiamo un rischio ma partecipiamo alla crescita del Paese» (…)”.

Tra le big dell’energia, anche l’Enel – ieri rappresentata dall’ad Flavio Cattaneo -, “ha ribadito il suo impegno con 2,4 miliardi di euro di investimenti dal 2016 oggi, concentrati su solare ed eolico. Mentre Snam, che ieri ha preso parte al summit con il ceo Stefano Venier, sarà strategica per ultimare il progetto del SouthH2 Corridor: il corridoio dedicato all’idrogeno e lungo 3.300 chilometri, che connetterà il Nord Africa, l’Italia, l’Austria e la Germania. Perché è chiaro – l’ha detto più volte anche la premier -, che lo scambio tra le due sponde funzionerà solo se ci saranno infrastrutture di connessione. E qui entra in gioco anche Terna – presente ieri con la ceo Giuseppina Di Foggia -, il cui ruolo sarà centrale per la realizzazione del nuovo elettrodotto italo-tunisino Elmed, il primo collegamento elettrico in corrente continua tra Europa e Africa“, scrive il Sole 24 Ore.

ACQUA: UN ALTRO TASSELLO DEL PIANO MATTEI

Anche l’idrico rappresenta un altro tassello fondamentale del Piano Mattei e su questo – scrive oggi Il Sole 24 Ore – “tornerà utile l’expertise di Acea, primo operatore nazionale nel comparto e il cui numero uno Fabrizio Palermo era tra manager invitati ieri a Palazzo Madama. Come l’ad di Cdp, Dario Scannapieco, chiamato a studiare un nuovo strumento finanziario per agevolare gli investimenti privati nei progetti del piano Mattei. Mentre Sace, come ha detto la sua ad Alessandra Ricci, proseguirà nel supporto di contratti e progetti di imprese italiane anche grazie agli uffici sul campo. E un’ulteriore spinta arriverà da Simest che, l’ha ricordato la ceo Regina Corradini D’Arienzo, aprirà a breve la prima sede in Africa, al Cairo, e sta predisponendo, con la Farnesina, un plafond dedicato”.

IDROELETTRICO: LE PREOCCUPAZIONI SULLA LIBERALIZZAZIONE DELLE CONCESSIONI

“La prospettiva di una completa liberalizzazione delle concessioni idroelettriche  – scrive oggi La Repubblica – preoccupa sia il governo che diverse giunte regionali. Da una parte l’esecutivo teme che grandi gruppi energetici esteri, come quelli tedeschi per esempio, ma non solo, si stiano già preparando a scendere in Italia mettendo le mani su una fonte energetica pulita di importanza strategica nel mix energetico nazionale. Dall’altra le regioni sono chiamate a fare le gare su una normativa, come quella del 2018, che ha sanato la procedura di infrazione europea aperta nel 2011, ma che non consente agli attuali concessionari sufficienti garanzie di continuità. Il tutto in un quadro europeo dove l‘Italia, secondo una relazione del Copasir del gennaio 2022, «è l’unico Paese ad aver avviato un processo di riassegnazione delle concessioni attraverso procedure competitive aperte in assenza di reciprocità con gli altri Stati» (…)”.

La Lombardia è una delle regioni più interessate da questo processo avendo sul suo territorio bacini idrici molto importanti in Valtellina, Valchiavenna, Val Camonica, e 21 concessioni già scadute su 73 complessive. Nel rispetto della legge a fine 2023 ha cominciato ad avviare le gare per due grandi derivazioni, una nel Comune di Resio in Val Camonica, da 4 MW e gestita da A2a, e una da 19MW, la Codera-Ratti-Dongo in concessione a Edison. Sono così scattati 120 giorni di tempo per pubblicare i bandi ma intanto i concessionari stanno già pensando a dei ricorsi amministrativi per tutelare i valori di indennizzo per le opere bagnate (dighe, condotte forzate, canali di scarico) e le opere asciutte (turbine, macchinari e altri beni materiali legati all’impianto). Tuttavia una strada alternativa ci sarebbe ed è quella messa a punto dal ministero dell’Ambiente con un forte contributo della stessa Lombardia e che prevede di far approvare in sede europea un’integrazione alla legge del 2018 che inserisce una “quarta opzione” rispetto alle tre modalità già previste per le gare. E cioè quella di consentire alle regioni di aprire una trattativa diretta con il concessionario uscente per definire un rinnovo in base a investimenti da fare e benefici al territorio arrivando a un prezzo di mercato. Sanando anche tutti i contenziosi aperti”, si legge nell’articolo.

Dunque, la partita è in mano a Fitto, ma se entro qualche mese non riuscirà a ottenere il via libera alla “quarta opzione” le regioni saranno costrette a procedere con le gare. Il rischio è che fiocchino i ricorsi da parte dei concessionari e che per questa via si blocchi tutto per anni. Il timore di nuovi contenziosi rischia, infatti, di portare lungaggini giudiziarie alle riassegnazioni, fermando gli investimenti.

I DATI SULLE CONCESSIONI IDROELETTRICHE

Come riporta Energia Oltre in un approfondimento sulla questione, “in Italia, su circa 21 GW di generazione idroelettrica, circa un quinto riguarda impianti con concessioni scadute. Alcune di queste concessioni sono terminate dal 2010, altre nel 2022, nel 2023… Una quota rilevante – che include le concessioni degli impianti della Valle d’Aosta e le concessioni di Enel – scadranno nel 2029. Gli asset delle concessioni scadute, come dighe, gallerie, canali (le cosiddette “opere bagnate”) sono passati alle regioni. La normativa prevede che le concessioni scadute restino provvisoriamente all’operatore precedente, che dovrà garantirne manutenzione e finanziamento. Inevitabile, quindi, che questa situazione abbia bloccato da tempo tutti gli investimenti che non riguardano solo la manutenzione o la sicurezza”.

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