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Pitesai

Dal Pitesai all’ex Ilva: le reazioni al provvedimento del Tar del Lazio e le mosse del governo sull’amministrazione straordinaria

Davide Usberti, amministratore delegato del gruppo Gas Plus e l’avvocato Fabio Cintioli, dello Studio Cintioli & Associati, commentano al Sole 24 Ore il provvedimento del Tar del Lazio riguardo al Pitesai. Sul fronte ex Ilva il Governo Meloni sta provando a muoversi per “coordinare le leve necessarie all’attivazione dell’amministrazione straordinaria. Le notizie di oggi

«Sul Pitesai noi siamo tuttora per un dialogo con il ministero per avere regole certe e ragionevoli, adatte al mutato contesto. Certo, gli operatori hanno tematiche di tutela dell’azionariato da salvaguardare e se vedono norme potenzialmente lesive devono intervenire». Queste le parole di Davide Usberti, amministratore delegato del gruppo Gas Plus, quotato in Borsa a Milano, a cui appartengono Gas Plus e Società Padana Energia, al quotidiano il Sole 24 Ore.

Anche l’avvocato Fabio Cintioli, dello Studio Cintioli & Associati, interviene sula questione e dichiara: «Il provvedimento del Tar del Lazio è immediatamente esecutivo: il Pitesai è annullato. Il governo ora è di fronte a una scelta: se fare appello al Consiglio di Stato oppure riprendere il procedimento dall’inizio, tenendo conto delle istanze degli operatori e dell’interesse nazionale all’approvvigionamento energetico».

Nel frattempo, sul fronte ex Ilva, il governo sta cercando di comporre una terna di commissari che deve essere già pronta, in caso di attivazione dell’amministrazione straordinaria.

PITESAI, USBERTI (GAS PLUS): LA SENTENZA NON PORTA AD UN VUOTO NORMATIVO

«Stiamo ancora valutando la sentenza», dichiara al Sole 24 Ore Davide Usberti, amministratore delegato del gruppo Gas Plus, quotato in Borsa a Milano, a cui appartengono Gas Plus e Società Padana Energia, le due aziende che hanno presentato ricorso contro il Pitesai, il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee, e le cui istanze il Tar del Lazio ha accolto il 13 febbraio. «Tuttavia – sottolinea Usberti, che è anche vicepresidente del settore risorse energetiche del sottosuolo di Assorisorse – le soluzioni non si trovano con le sentenze. Sul Pitesai noi siamo tuttora per un dialogo con il ministero per avere regole certe e ragionevoli, adatte al mutato contesto. Certo, gli operatori hanno tematiche di tutela dell’azionariato da salvaguardare e se vedono norme potenzialmente lesive devono intervenire».

Una cosa è certa, aggiunge Usberti: «Questa sentenza che annulla il Pitesai non porta a un vuoto normativo: il Piano approvato nel dicembre 2021 si è infatti sovrapposto a un quadro normativo già ampio riguardante le nostre attività, con regole e vincoli già molto stringenti che tutelano tutti i soggetti coinvolti. Ricordiamo inoltre che l’Italia produce gas dagli anni 50 e ha strutture di controllo storiche e molto competenti».

Il Pitesai – spiega il Sole 24 Ore – è uno strumento di pianificazione adottato con decreto del ministro della Transizione Ecologica – allora Roberto Cingolani – nel dicembre 2021, «finalizzato a individuare un quadro di riferimento delle aree, a terra e a mare, ove è consentito lo svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi». L’ad di Gas Plus osserva come le tempistiche di approvazione siano precedenti allo scoppio della guerra in Ucraina e alla crisi energetica del 2022: «Una norma varata apparentemente per regolare, in realtà per accompagnare a fine vita, la produzione di idrocarburi italiana, si è trovata messa in atto in un momento in cui il contesto di mercato è totalmente cambiato. Oggi l’Italia ha bisogno ancora per decenni di gas, che rimane una ricchezza del nostro Paese». Il gruppo guidato da Usberti ha una produzione di gas onshore concentrata nella pianura padana e ha avviato un’attività upstream in Romania nel 2022: «Continueremo a investire in Italia», conferma lui, «nonostante le incertezze e le tempistiche degli iter autorizzativi. Un testo unico come un Pitesai bis, se armonizza i processi, può essere utile a guadagnare tempo».

Le due sentenze del Tar del Lazio del 13 febbraio sono giunte in merito ai rilievi mossi da Gas Plus e da Società Padana Energia, tuttavia tutti i maggiori operatori italiani del settore degli idrocarburi – tra cui Eni, Energean – hanno impugnato il provvedimento e sono in attesa dell’esito dei procedimenti legali. Queste prime risposte del Tar lasciano trapelare fiducia verso una ripresa della ricerca con quei permessi che nell’ultimo biennio erano stati revocati.

Ad aprile 2022, come effetto del Pitesai, Assorisorse aveva registrato, dal punto di vista esplorativo, «la revoca di 42 titoli su 45 (tra istanze e permessi di ricerca) e di fatto l’azzeramento delle attività future, sia a terra che a mare». Scriveva inoltre l’associazione in un report sul tema: «Relativamente alle 123 concessioni minerarie, di cui 108 relative al gas, oltre il 70% ricade in aree definite come “non idonee”, limitando fortemente le prospettive di produzione per effetto delle incertezze sulla possibilità di effettuare nuovi investimenti».

PITESAI, IL COMMENTO DELL’AVVOCATO CINTIOLI

«Il provvedimento del Tar del Lazio è immediatamente esecutivo: il Pitesai è annullato. Il governo ora è di fronte a una scelta: se fare appello al Consiglio di Stato oppure riprendere il procedimento dall’inizio, tenendo conto delle istanze degli operatori e dell’interesse nazionale all’approvvigionamento energetico». Così, al Sole 24 Ore, spiega le conseguenze della sentenza del Tar del Lazio l’avvocato Fabio Cintioli, dello Studio Cintioli & Associati, che ha seguito il ricorso depositato all’inizio del 2022, dopo l’approvazione del Pitesai, da Gas Plus e da Società Padana Energia, azienda che lo stesso gruppo Gas Plus ha acquisito nel 2010 da Eni e che controlla asset di estrazione, trattamento e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi nella Pianura padana.

«Poiché sono stati ravvisati vizi emendabili, l’effetto naturale della sentenza potrebbe essere un nuovo Piano, che l’amministrazione dovrebbe riscrivere seguendo criteri di salvaguardia del territorio e soprattutto finalmente ascoltando anche gli operatori, le associazione ambientali e tutti i portatori di interessi. Se invece la scelta è quella dell’appello, andremo a discutere convinti delle nostre ragioni davanti al Consiglio di Stato. Con un esito che possiamo prevedere potrebbe arrivare entro circa un anno», continua l’avvocato.

Cintioli, al Sole 24 Ore, prova a sintetizzare alcune delle motivazioni con cui il tribunale amministrativo ha accolto le istanze delle due aziende ricorrenti: «La legge in base alla quale il Piano è stato adottato prevedeva un’identificazione e la realizzazione di una mappatura puntuale delle aree idonee o meno all’estrazione di idrocarburi sul territorio e sui mari nazionali. Questo non è stato fatto nel Pitesai: il Piano infatti al posto di produrre una cartografia dettagliata, accumula una serie di vincoli preliminari diversi, spesso molto astratti, che incrociati tra loro rendono la maggioranza del territorio italiano di fatto “non idonea”. Inoltre lascia le scelte finali alle amministrazioni territoriali, sulla base di una ambigua analisi costi-benefici, così creando una rete di criteri ostativi che nei fatti paralizza le attività. Anche quelle di concessioni storiche e presenti sul territorio da decenni e che producono per lo Stato ricchezza tributaria e per l’intero Paese preziosa energia in un momento storico in cui di energia l’Italia ha un gran bisogno».

Un altro dei punti rilevati è il mancato coinvolgimento degli operatori della filiera e dei portatori di interesse: «Un intero comparto è stato mortificato. Non solo il Piano non è stato redatto in concerto con l’allora Ministero dello Sviluppo economico, ma non è stata nemmeno ascoltata la categoria imprenditoriale interessata, a cui non è stata data la possibilità di intervenire, con vincoli inseriti in fase di approvazione senza averli prima discussi. In realtà erano state sollecitate le osservazioni del settore, e Assorisorse ha prodotto un documento di 80 pagine sul tema. Tuttavia la decisione ministeriale è arrivata 24 ore dopo, quindi è sorto il dubbio che non siano state adeguatamente valutate prima dell’approvazione, come osservato dal Tar».

EX ILVA, IL GOVERNO A CACCIA DEI COMMISSARI PER L’AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA

Novità sul fonte ex Ilva. Secondo quanto evidenziato oggi dal quotidiano Il SOle 24 Ore, il Governo Meloni sta provando a muoversi per “coordinare le leve necessarie all’attivazione dell’amministrazione straordinaria. Ieri non si è svolta alcuna riunione fra soci. Né a Invitalia né al suo dante causa politico e societario, cioè l’Esecutivo italiano e le strutture ministeriali, è stata recapitata dall’azionista privato alcuna risposta formale in merito alle due condizioni poste per costruire, in rapidità, una soluzione pacifica per una uscita dal capitale di Acciaierie d’Italia di Arcelor Mittal. Prima condizione: un accesso alla data room con un nuovo management. Seconda condizione: il no alla manleva globale-totale richiesta dagli indiani per il suo vecchio management locale. In attesa di una riapertura del dialogo in zona Cesarini, intanto, il Governo inizia a capire la complessità di una amministrazione straordinaria che, se possibile, avrà ancora più criticità di tante altre già drammatiche crisi industriali e finanziarie”.

“In vista dell’incontro con i sindacati di lunedì prossimo – scrive il quotidiano – diventa essenziale iniziale a prefigurare alcune scelte politiche e di alta amministrazione. Primo tema: entro lunedì prossimo o si verifica la sorpresa di un cambiamento di passo per il mantenimento di una quota minoritaria di Arcelor Mittal, peraltro di migliore funzionalità all’ingresso di un nuovo azionista privato, oppure occorre procedere all’iter burocratico per la attivazione della amministrazione straordinaria. Amministrazione straordinaria che può essere richiesta in primo luogo da Invitalia, attraverso una prima lettera al ministero delle Imprese e del Made in Italy che è già pronta negli uffici della agenzia pubblica. O che, peraltro, potrebbe essere richiesta – almeno a livello teorico – da un altro soggetto, come la stessa controllante Acciaierie d’Italia Holding, nei confronti della stessa controllata Acciaierie d’Italia Spa, la società operativa che ha in pancia i debiti e che è segnata da una drammatica crisi di illiquidità. Comunque sia, la data di lunedì è una sorta di data capestro per l’intera vicenda”.

Il Governo sta cercando, dunque, di “comporre una terna di commissari che deve essere già pronta, in caso di attivazione appunto dell’amministrazione straordinaria. Il punto non è soltanto che i tre commissari andranno a occupare tre dei posti più complicati, sfidanti e per molti versi pericolosi dell’economia e dell’industria italiane. Il punto è anche che, fra loro, non potrà non esserci almeno un manager siderurgico. Anzi, possibilmente un dirigente di acciaieria che già conosca bene l’impianto di Taranto e le sedi di Cornigliano e di Novi Ligure. Serve un commissario che sia anche un capoazienda de facto. Il cerchio si sta chiudendo. Da qui a lunedì ogni minuto è valido per sapere che cosa accadrà e chi si troverà fra le mani il tizzone ardente dell’ex Ilva”, spiega il Sole 24 Ore.

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