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I piani del governo sul Pnrr, le mosse dell’Ue nel settore agricolo e l’impatto della crisi nel Mar Rosso sul diesel. Cosa dicono i giornali

Sul Pnrr Palazzo Chigi assicura che la bozza non è stata ancora esaminata fino ad oggi nelle sedi deputate. Nel frattempo, sul fronte dell’agricoltura, la Commissione europea ha rinnovato per un altro anno le misure che facilitano le importazioni ucraine in Europa e la deroga all’obbligo di maggese. Infine, la crisi nel Mar Rosso minaccia di lasciare l’Europa a corto di diesel nelle prossime settimane. Ecco cosa dicono i quotidiani

Continua il lavoro del governo sul disegno di legge di attuazione delle modifiche approvate del Pnrr e sono diverse le novità in arrivo, tra cui nuovi commissari straordinari per vigilare sul raggiungimento degli obiettivi.

Nel mentre, anche la Commissione europea e al lavoro sul fronte dell’agricoltura. Infatti, sono stati annunciati ieri due attesi provvedimenti che rinnovano le deroghe sulla politica agricola.

Infine, la crisi nel Mar Rosso preoccupa sempre di più l’Europa, con il rally dei prezzi del gasolio rischia di proseguire con possibili ripercussioni non solo sull’inflazione ma anche sulla stabilità sociale nel continente.

PNRR: IPOTESI ANTICIPI DEL 30% PER I LAVORI (E NON SOLO)

Il governo è ancora al lavoro sul disegno di legge di attuazione delle modifiche approvate del Pnrr, ma ci vorranno ancora almeno due settimane per avere il testo definitivo da portare in Consiglio dei ministri. Secondo quanto riporta oggi il quotidiano il Corriere della Sera, il ministro per gli Affari europei, per le politiche di coesione e per il Pnnr Raffaele Fitto ha dichiarato: «L’esigenza è di fare bene e non in fretta». E «non c’è alcuno scontro all’interno del governo», smentendo le voci che volevano dissensi tra ministri sul ddl entrato e subito uscito dalla riunione di governo di ieri mattina. «Non ci sono scadenze — ribadisce Fitto —, è un lavoro lungo», e ricorda che «è necessario avere la capacità di immaginare, sul fronte della spesa, una scelta che sia di qualità e che accompagni una crescita indispensabile per poter rientrare dal debito».

Anche Palazzo Chigi – scrive il quotidiano – assicura che «nessuna bozza è circolata o è stata esaminata fino ad oggi nelle sedi deputate», pertanto, «ogni notizia in merito alle eventuali norme in essa contenute è da considerare destituita di fondamento». Nonostante ciò qualche anticipazione del testo, seppur superata in alcune parti, già circola sui tavoli del Parlamento, con risorse a disposizione fissate intorno ai 20 miliardi di euro. E norme ad hoc per Comuni ed enti locali. Tra queste, ad esempio, la possibilità di avere anticipi del 30% per i lavori. Ma ai Comuni che non rispetteranno i tempi, «il contributo per investimenti destinati ad opere pubbliche in materia di efficientamento energetico e sviluppo territoriale sostenibile» potrà essere revocato, «in tutto o in parte».

Tra le altre novità, anche l’arrivo di nuovi commissari straordinari per vigilare sul raggiungimento degli obiettivi.

AGRICOLTURA: L’UE RINNOVA LE DEROGHE

Sul fronte dell’agricoltura, “la Commissione europea – secondo quanto evidenzia oggi il Sole 24 Ore – ha annunciato ieri due attesi provvedimenti. Il primo rinnova per un altro anno le misure che facilitano le importazioni ucraine in Europa, ma introducendo nuove clausole di salvaguardia. Il secondo conferma la deroga alla regola che impone agli agricoltori di lasciare incolto almeno il 4% delle terre. In entrambi i casi, c’è il tentativo di aiutare gli agricoltori ad affrontare la concorrenza dei prodotti ucraini. Sul primo fronte, l’esecutivo propone di rinnovare per un altro anno le misure unilaterali che nei fatti aboliscono i dazi per le importazioni agricole provenienti dall’Ucraina. La scelta fu fatta fin dal 2022, quando scoppiò la guerra con la Russia, con lo scopo di aiutare il paese ad esportare la propria produzione agricola, essenziale sia in Europa che nel Medio Oriente”. 

“La proposta della Commissione europea – scrive il quotidiano – prevede due particolari clausole di salvaguardia. La prima stabilisce che l’Unione europea potrà introdurre «rapidi rimedi» nel caso di «gravi perturbazioni del mercato europeo o dei mercati di uno o più Stati membri». La seconda clausola di salvaguardia messa a punto da Bruxelles prevede che per quanto riguarda le uova, il pollame e lo zucchero le importazioni ucraine superiori ai livelli del 2022-2023 sarebbero soggette a dazi doganali. Entrambe le misure dovranno ora essere discusse dal Consiglio e dal Parlamento. Nel contempo, sempre ieri la Commissione europea ha proposto di estendere di un altro anno, fino al luglio del 2025, la sospensione dei dazi per le importazioni provenienti dalla Moldavia. L’obiettivo di Bruxelles è doppio: da un lato vuole aiutare l’Ucraina, in guerra contro la Russia; dall’altro vuole evitare danni al settore agricolo europeo, in un momento in cui le proteste degli agricoltori si moltiplicano sul continente (oggi sono previsti blocchi stradali in Belgio, mentre in Francia continuano le manifestazioni, talvolta violente). Tra gennaio e settembre 2023, le importazioni agricole dall’Ucraina sono aumentate in valore dell’11% annuo. Sempre ieri la Commissione europea ha anche proposto ai paesi membri di rinnovare per un altro anno una deroga all’obbligo di mantenere incolto almeno il 4% delle terre. (…) Gli agricoltori – spiegava ieri la Commissione – potranno continuare a ricevere gli aiuti della PAC anche se non hanno il 4% di maggese, purché coltivino il 7% di colture intermedie o azotofissatrici (lenticchie, piselli e così via) senza utilizzare prodotti fitosanitari”.

CRISI NEL MAR ROSSO: LE PREOCCUPAZIONI DELL’EUROPA SUL DIESEL

La crisi nel Mar Rosso minaccia di lasciare l’Europa a corto di diesel nelle prossime settimane, quando si prevede che le importazioni crollino di due terzi rispetto ai livelli attuali e molte raffinerie inizieranno le manutenzioni stagionali. A riprendere la questione oggi è il quotidiano Il Sole 24 Ore che spiega: “la situazione sta precipitando in fretta e i prezzi sono saliti ai massimi da tre mesi sui mercati all’ingrosso: un rally che rischia di proseguire, con possibili ripercussioni non solo sull’inflazione ma anche sulla stabilità sociale nel continente. I rincari di questo carburante, usato nei trasporti pesanti, in agricoltura e nell’industria, sono particolarmente insidiosi, perché si trasferiscono con facilità a valle, sul prezzo finale di merci e prodotti di ogni genere. Proprio il costo elevato del gasolio è tra le principali cause scatenanti delle proteste degli agricoltori, che si stanno diffondendo in molti Paesi europei. Gli attacchi alle navi nel Mar Rosso sono iniziati a novembre, ma fino a un paio di settimane fa non c’era stato un impatto rilevante sui combustibili. La situazione ora è cambiata. In tempi rapidissimi. Dopo le portacointainer, hanno cominciato ad abbandonare la zona anche le altre navi: le metaniere (con ricadute sulle forniture di Gnl dal Qatar) e – sempre più numerose – anche le navi cisterna, con un impatto grave in Europa soprattutto per il diesel, carburante per cui non siamo autosufficienti e che dall’estero riceviamo per oltre il 40% attraverso il canale di Suez. Almeno così è stato nell’ultimo anno, quando l’embargo Ue contro la Russia ci ha spinti a rivoluzionare le rotte di rifornimento, importando soprattutto da Medio Oriente, Stati Uniti, India e in parte anche dalla Cina” 

Almeno cento navi cisterna hanno cambiato rotta per evitare il Mar Rosso, il 45% in più rispetto alla settimana scorsa, stima Oil Brokerage. A bordo ci sono 56 milioni di barili tra greggio e prodotti raffinati, quasi certamente con un’alta percentuale di diesel. Per questo carburante i volumi in transito da Bab el-Mandeb, davanti allo Yemen, la settimana scorsa si erano già ridotti di quasi due terzi rispetto alla norma, a 625mila bg. L’allarme tra agli armatori in seguito è salito, soprattutto dopo l’attacco di venerdì scorso contro la Marlin Luanda: la nave, colpita da un missile nel Golfo di Aden, trasportava nafta russa. Adesso persino Mosca – a lungo ritenuta immune dagli attacchi Houthi – inizia ad allontanarsi dall’area secondo Reuters: fenomeno rilevante in una prospettiva globale, che rischia di esacerbare le tensioni sui prezzi energetici. Per il diesel (grazie anche alla domanda debole) nessuno prevede vere e proprie carenze. Ed è ben possibile che nel giro di qualche settimana la situazione si assesti, con un nuovo rimescolamento delle rotte di fornitura, dopo quello imposto dalla guerra in Ucraina. L’Europa comunque sia non ha molte alternative: dovrà giocoforza affidarsi ancora di più agli Stati Uniti, che già da mesi conquistano quote di mercato crescenti nel continente. A gennaio sono arrivati da Oltreoceano 9,3 milioni di barili di diesel, circa 300mila al giorno, stima Kpler: il 36% delle importazioni totali, contro il 15-20% di gran parte del 2023. I volumi dagli Usa sono triplicati da ottobre, anche se il boom non dipende solo dalle tensioni in Medio Oriente. D’altra parte i flussi di gasolio dall’India – che passano da Suez – sono già ai minimi da due anni: le stime li collocano tra 33.400 e 58.000 bg a gennaio, a seconda della fonte, un crollo dell’80% dai volumi record di dicembre. Più in generale le forniture dall’Asia sono quasi dimezzate: 12,9 mb nel mese (416mila al giorno), contro i 22,9 mb di dicembre per Kpler”, riporta il quotidiano il Sole 24 Ore.

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