L’ex premier italiano Enrico Letta ha presentato oggi il rapporto ufficiale sulla competitività europea. La road map energetica
“Much more than a market. Speed, security, solidarity. Empowering the Single Market to deliver a sustainable future and prosperity for all EU Citizens”. Un titolo lungo degno di un dossier altrettanto corposo, quello presentato oggi al Consiglio europeo straordinario da Enrico Letta. Il suo, insieme a quello di Mario Draghi, è l’altro rapporto atteso in questa fase per l’Unione europea, con le elezioni di giugno alle porte che daranno il via a una nuova legislatura ricca di sfide e di incognite.
Vediamo cosa contiene il paper in materia energetica.
LA ROAD MAP AL 2029
Partendo dalla fine, cioè dalle scadenze punto per punto, nel capitolo intitolato “A Single Market to foster efficient energy-climate policies”, gli anni cardine della road map sono il 2025, il 2027 e il 2029.
Entro il 2025:
● Implementare una metodologia transfrontaliera di allocazione costi-benefici per i progetti eolici offshore e sviluppare schemi congiunti per garantire flessibilità e aste di energia rinnovabile a livello transfrontaliero.
● Rafforzare la collaborazione regionale e dare ai gruppi regionali di alto livello un orientamento più politico.
● Introdurre rigorosi standard di sicurezza informatica come criterio vincolante nell’acquisizione di nuove infrastrutture energetiche.
● Condurre una revisione sistematica del quadro normativo sulla sicurezza dell’approvvigionamento di gas.
● Preparare l’entrata in funzione della CBAM nel 2026 e rivederne la portata.
Entro il 2027:
● Rafforzare il bilancio CEF (Connettive Europe Facility)-Energy, semplificarne le procedure e promuovere una maggiore pianificazione integrata.
● Istituire un’Agenzia per la fornitura di energia pulita per centralizzare la fornitura di supporto tecnico, gestire i programmi di finanziamento e fungere da sportello unico per le parti interessate.
● Incentivare la domanda di tecnologie pulite attraverso strumenti finanziari e un Fondo per la distribuzione dell’energia pulita per facilitare gli investimenti in tecnologie per l’azzeramento delle emissioni nette.
Entro il 2029:
● Sviluppare nuovi strumenti finanziari come i Green Bond per attrarre capitali privati per progetti infrastrutturali.
Per tutta la prossima legislatura:
● Consolidare i dialoghi energetici con partner affidabili nel vicinato e in Africa, anche attraverso progetti infrastrutturali di reciproco interesse.
PERCHE’ LA BASE DI LETTA E’ IL RAPPORTO MONTI
La base del report di Enrico Letta è la relazione di un altro ex premier italiano, Mario Monti. Già nel 2011, infatti, veniva evidenziata la necessità di accedere a un mercato unico più consolidato per il settore energetico. Non che i passi in avanti in questo senso siano mancati, anzi. “L’offerta si è diversificata rispetto alla Russia e l’Ue fa ora più affidamento sui mercati del gas naturale liquefatto (GNL), che sono ampiamente influenzati dagli Stati Uniti in termini di offerta e dalla Cina in termini di domanda”, si legge. La transizione energetica e il ricorso a tecnologie pulite aumenta, in più “alcuni Stati membri hanno pensato di introdurre, o lo hanno effettivamente fatto introdurre restrizioni temporanee all’esportazione di gas, per preservare la sicurezza dell’approvvigionamento domestico. I governi si sono affrettati a volare verso i paesi esportatori di gas per assicurarsi le forniture di gas critiche da fonti affidabili, in competizione tra loro con offerte più elevate”.
Efficacia ed unità sono le parole utilizzate per descrivere la resilienza europea nel periodo post-invasione della Russia ai danni dell’Ucraina del febbraio di due anni fa. Ma “nonostante una risposta così unitaria, oggi esiste il rischio reale di perdere slancio per l’integrazione del mercato, con una possibile recessione all’orizzonte. Gli effetti della crisi persistono, riflettendosi in diverse misure nazionali che rischiano di mettere a repentaglio la coesione del mercato unico. Inoltre, il settore industriale teme sempre più che l’eredità della crisi, la complessità e la frammentazione normativa possano portare alla deindustrializzazione. È vero – scrive Letta – i costi energetici in Europa rimangono più alti di quelli dei suoi principali concorrenti. Durante la crisi energetica, l’Ue, come altre regioni che dipendono dall’importazione di gas fossile (Regno Unito, Giappone, Corea del Sud), ha assistito a una tendenza all’aumento dei differenziali di prezzo con altre parti del mondo”.
TUTTI I RISCHI PER LA TRANSIZIONE ENERGETICA EUROPEA
Ecco perché serve un mercato unico. D’altronde, “nessun singolo Stato membro può competere con gli Stati Uniti sui prezzi del gas o del petrolio, poiché sono il più grande produttore mondiale di fossili. E nemmeno l’Europa possono replicare alcuni vantaggi che l’economia cinese controllata dallo Stato può sfruttare. Ma l’Ue ha un mercato energetico su scala continentale unito da un quadro normativo moderno e sofisticato senza eguali in tutto il mondo”.
Ma la transizione energetica è a rischio. “Anche nei settori in cui l’Europa ha tradizionalmente un vantaggio, come l’eolico offshore, i produttori europei si trovano ora ad affrontare forti pressioni competitive in una corsa globale per la supremazia tecnologica. La dipendenza emergente dai combustibili nucleari e dai materiali critici pone ulteriori minacce alla fattibilità della transizione pulita, lasciando l’Europa economia vulnerabile alla leva esterna”.
Se si vuole puntare a far rimanere le aziende del settore energetico nel Vecchio Continente, allora occorre una integrazione totale delle economie dei singoli Stati membri. A maggior ragione se la direzione intrapresa e su cui accelerare è quella della decarbonizzazione: come ricorda il report, “l’Europa punta ad un sistema energetico composto al 70% rinnovabili variabili entro il 2030”.
PERCHE’ E’ IMPORTANTE LA VICINANZA DEI FORNITORI
Sempre nell’ottica della transizione e del ricorso a più soluzioni energetiche, “l’Europa dovrà riprogettare la propria infrastruttura fisica per garantire una connettività senza soluzione di continuità tra i diversi segmenti del mercato unico, per i settori dell’elettricità, dell’idrogeno, della cattura e dello stoccaggio del carbonio”, scrive Enrico Letta nel suo rapporto. In termini economici, le stime ricordate sono quelle della Commissione europea: fino 584 miliardi di euro entro il 2030.
Connessione e vicinanza tra i partner dell’Ue significa anche interconnettività. “La legislazione dell’Ue impone agli operatori di rete di garantire che almeno il 70% della loro capacità di interconnessione sia disponibile per lo scambio di elettricità con i vicini entro la fine del 2025 – un obiettivo che molti Stati membri si stanno adoperando al momento non sono sulla buona strada per incontrarci”. Ecco perché occorre fare di più “per rafforzare la sicurezza dell’approvvigionamento, aumentare la flessibilità e mitigare la volatilità dei prezzi”.
Anche a livello fiscale il passo necessario è chiaro: “è necessario un rapido accordo sulla direttiva sulla tassazione dell’energia per fornire il giusto incentivo alle energie rinnovabili in tutto il mercato unico”, si legge nel rapporto. “Per promuovere un mercato unico che sostenga una transizione verso l’energia pulita, è fondamentale che le aziende abbiano la libertà di accedere all’energia quando e dove necessario, a prezzi accessibili e prevedibili”.
DAL RRF AI GREEN BONDS: QUALI INVESTIMENTI FARE
In termini finanziari, tutto questo si traduce così: ” Il Recovery and Resilience Facility (RRF) ha principalmente agevolato gli investimenti nazionali. Un apposito fondo per le infrastrutture transfrontaliere aiuterebbe ad attivare gli investimenti pubblici anche negli Stati membri che non dispongono di un adeguato margine di bilancio autonomo e nei casi in cui lo dispongano i fondi di mercato non possono da soli finanziare i progetti per la loro portata o rischio. Per il prossimo quadro finanziario pluriennale (QFP), il bilancio del CEF deve essere significativamente aumentato e le sue procedure snellite. Per garantire che l’infrastruttura sia dimensionata in modo ottimale ed economicamente vantaggioso, è necessaria una migliore pianificazione integrata tra i settori dell’idrogeno, dell’elettricità e dell’anidride carbonica. Questo approccio è essenziale per prevenire investimenti inefficienti e lo spreco di risorse”.
In sintesi, occorrono “nuovi strumenti finanziari in grado di sfruttare i mercati dei capitali”, ad esempio i Green Bond. “Secondo i dati della Climate Bonds Initiative, l’Europa ha emesso più di mille miliardi di green bond, circa la metà del totale globale. La stragrande maggioranza degli Stati membri dell’Ue ha emesso obbligazioni verdi. Oggi, circa un’obbligazione su dieci emessa nell’Ue è verde”. Palazzo Berlaymont ha stanziato, da agosto scorso, 44,2 miliardi di euro: “una quota significativa di NextGenerationEU sarà finanziata mediante l’emissione di Next Generation EU Green Bond, rendendo la Commissione il più grande emittente di green bond al mondo”. Ma “la quota di obbligazioni energetiche verdi dell’UE destinate a finanziare i fondi dell’UE legati all’energia e al clima potrebbe essere aumentata”, si sottolinea.
Un altro strumento citato nel documento è quello dell’ Agenzia per la fornitura di energia pulita. ” Questa Agenzia potrebbe avere quattro responsabilità principali: fungere da agenzia esecutiva per la Banca europea dell’idrogeno e supervisionare i progetti pilota di sviluppo del mercato nei settori emergenti delle tecnologie pulite, a partire dall’idrogeno, e delle materie prime; assistere nella realizzazione di infrastrutture transfrontaliere integrate attraverso finanziamenti a fondo perduto e contribuire alla pianificazione e alla programmazione a livello UE; supervisionare i sistemi di incentivi per la diffusione su larga scala delle tecnologie pulite, in particolare nel settore industriale; fungere da sportello unico per le imprese e le parti interessate, offrendo accesso ai sistemi di certificazione, consulenza personalizzata sulle fonti di finanziamento e supporto nelle procedure di autorizzazione. L’Agenzia per la fornitura di energia pulita sarebbe il primo interlocutore per l’industria, i promotori di progetti e i governi nazionali e locali alla ricerca di soluzioni per sostenere i loro progetti”.