Mettere un freno ai siti che producono meno dell’1% del petrolio e del gas a livello mondiale permetterebbe di abbattere 100 milioni di tonnellate di emissioni di metano in appena 1 anno.
Negli ultimi due anni, le emissioni di metano del settore energetico hanno assunto un ruolo di primo piano nell’agenda di governi, operatori e altre parti interessate, come gli investitori. I recenti sviluppi nelle tecnologie di misurazione, come le immagini satellitari, rivelano che le emissioni di metano sono probabilmente molto più elevate di quanto previsto in precedenza. Oltre a rappresentare una minaccia per il clima, lo sfiato e le perdite di metano sono anche uno spreco di risorse preziose che nella maggior parte dei casi può essere evitato. Di conseguenza, le misure per limitare le emissioni di metano stanno guadagnando sempre più attenzione in tutto il settore.
La soluzione? Mettere un freno ai siti che producono meno dell’1% del petrolio e del gas a livello mondiale permetterebbe di abbattere 100 milioni di tonnellate di emissioni di metano in appena 1 anno. Lo ha calcolato un rapporto di Rystad Energy che si basa sia su rilevazioni satellitari sia su monitoraggi dei livelli emissivi on site.
METANO: COME RIDURRE 100 MILIONI DI TONNELLATE DI EMISSIONI
Le emissioni globali di metano potrebbero essere ridotte di decine di milioni di tonnellate in un solo anno, se i produttori di petrolio e gas prendessero di mira i giacimenti di petrolio e gas con le maggiori emissioni di metano a livello mondiale. Un recente studio condotto da Rystad Energy, che si avvale del rilevamento satellitare e dell’analisi dei dati a livello di campo sulle emissioni di metano (CH4) del settore petrolifero e del gas, ha rivelato che più di 100 singoli giacimenti di petrolio e gas, situati principalmente in Medio Oriente, Africa e Asia, contribuiscono a meno dell’1% della produzione globale, pur emettendo quantità significative di metano – quasi 100 milioni di tonnellate di CO2 equivalente nel 2022.
“Più della metà delle emissioni globali di metano di petrolio e gas upstream derivano da grandi eventi di venting e perdite, mentre la parte rimanente è attribuita a fonti di flaring, emissioni fuggitive dalle apparecchiature e piccoli eventi di venting”, dettaglia il rapporto; sottolinea il rapporto.
In particolare, a livello geografico, Medio Oriente e il Nord America insieme rappresentano quasi la metà delle emissioni mondiali di metano derivanti dalle attività upstream di petrolio e gas, seguiti da Asia, Russia e Africa. Al contrario, il Sud America e l’Europa hanno emissioni relativamente moderate rispetto alle altre principali regioni produttrici nel contesto dell’upstream di petrolio e gas.
LA SITUAZIONE IN EUROPA
Sebbene le emissioni dirette di metano dell’Europa nell’upstream siano basse, la significativa dipendenza della regione dalle importazioni di petrolio e gas – che costituiscono circa l’80% del suo consumo – comporta una notevole impronta di metano. Questo è il contesto in cui si inserisce la normativa UE annunciata, che rappresenta un importante passo avanti per affrontare le emissioni nella catena di valore globale del petrolio e del gas. A partire dal gennaio 2027, i nuovi contratti per l’importazione di petrolio, gas e carbone potranno essere stipulati solo se gli esportatori rispetteranno gli stessi obblighi di monitoraggio, rendicontazione e verifica dei produttori dell’UE. Questi regolamenti stabiliranno anche delle soglie di metano per regolare l’accettabilità delle importazioni di idrocarburi nell’UE.
COSA DICONO GLI ESPERTI
“La riduzione delle emissioni di metano è generalmente un obiettivo più a portata di mano rispetto alla riduzione delle emissioni di anidride carbonica, e quindi presenta il potenziale più promettente per il settore energetico nel breve e medio termine, a condizione che le emissioni vengano rilevate”, afferma in una nota Magnus Kjemphol Lohne di Rystad Energy. “La tendenza negli ultimi due anni è stata positiva poiché sempre più operatori implementano apparecchiature di monitoraggio del metano in loco e utilizzano altre tecnologie di misurazione come l’aviazione e i satelliti – ma anche così, la maggior parte dei dati riportati si basa ancora su semplici fattori di emissione per strutture e attrezzature situato sul posto”.