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Spagna

Rinnovabili, La riforma attuata nel 2013 costa caro alla Spagna. ICSID conferma il lodo da 30 milioni

In Spagna nuova battuta d’arresto per i tagli alle rinnovabili. Il tribunale arbitrale di Ciadi conferma il risarcimento concesso ai fondi OperaFund Eco-Invest e Schwab Holding

Nuova battuta d’arresto per lo Stato spagnolo nell’arbitrato sulle energie rinnovabili; riporta Cinco Días. A più di tre anni dall’avvio del processo di annullamento, il comitato ad hoc dell’ICSID, costituito per risolvere quest’ultima fase, non ha accettato le accuse dello Stato spagnolo e ha confermato il diritto dei fondi investitori, difesi dallo studio legale Cuatrecasas, a essere risarciti per le conseguenze della riforma attuata dieci anni fa, oltre a obbligarli a pagare le spese del procedimento.

RINNOVABILI IN SPAGNA: IL LODO DA 30 MILIONI

Il Centro Internazionale per la Risoluzione delle Controversie sugli Investimenti (ICSID), che dipende dalla Banca Mondiale, ha confermato il lodo con cui condannava la Spagna a risarcire il fondo svizzero Schwab Holding e il fondo maltese OperaFund Eco-Invest con 27 milioni di euro (circa 30 milioni in totale con gli interessi) per il taglio dei premi per le energie rinnovabili. La decisione, emessa il 2 marzo e consultata da CincoDías, conferma una delle 21 cause, su un totale di 51, che si sono risolte a favore degli investitori in “energia verde” che hanno visto danneggiati i loro rendimenti con la riforma dell’elettricità del 2013.

Nel febbraio 2020 – Cinco Días – riporta l’Avvocatura dello Stato ha chiesto l’annullamento del lodo, sostenendo che la Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) ha limitato, nel settembre 2021, la validità dell’arbitrato sugli investimenti quando le due parti coinvolte risiedono in un’area dell’UE. I servizi legali dello Stato hanno messo sul tavolo questa lettera in tutti i casi di arbitrato ancora in corso, sia in attesa di esecuzione che di risoluzione.

I CASI OPERAFUND E SCHWAB

Nel caso specifico di OperaFund e Schwab, che hanno investito nello sviluppo di impianti fotovoltaici in Estremadura e hanno chiesto 43 milioni di euro per i danni causati dalla riduzione delle entrate, lo Stato ha sostenuto che, almeno secondo la sentenza del tribunale lussemburghese, Operafund non ha la capacità di rivendicare attraverso l’arbitrato, essendo costituita a Malta, uno Stato membro dell’Unione Europea.

Lo Stato spagnolo – continua Cinco Días – si è basato anche sull’opinione dissenziente di uno dei tre arbitri che hanno analizzato il conflitto, il quale ha sottolineato che “non ci sono prove” che dimostrino che le due società abbiano investito in Spagna perché hanno svolto “un esercizio di due diligence per affrontare un futuro cambiamento normativo, o che abbiano mai ricevuto informazioni che non c’era rischio di cambiamento normativo”. Il giudice ha aggiunto che i ricorrenti “non sono stati privati dei loro investimenti, anche se il reddito da loro generato è stato ridotto”, il che rientra “nell’intervallo di variazione accettabile”.

NESSUN LODO ESEGUITO

Finora la Spagna non ha dato esecuzione a nessuno dei lodi confermati, alcuni dei quali sono stati impugnati in tribunali al di fuori dell’Unione Europea per il riconoscimento e l’esecuzione del risarcimento. Oltre alla sentenza della CGUE – continua Cinco Días – lo Stato sostiene di non poter procedere ad alcun pagamento senza l’autorizzazione di Bruxelles, per evitare che il versamento dei fondi sia considerato un aiuto di Stato illegale.

La Commissione europea, che finora non ha dato il via libera alla compensazione, sostiene la posizione della Spagna secondo cui gli arbitrati sono invalidi. Infatti, nel procedimento di annullamento del lodo a favore di Operafund e Schwab, ha chiesto di poter intervenire per difendere gli interessi dello Stato spagnolo. Il comitato ad hoc ha permesso all’istituzione europea di partecipare al processo, ma in modo molto limitato, in quanto le ha concesso solo il diritto di presentare una memoria di allegazioni come parte non contenziosa, secondo il documento ICSID consultato da questo giornale.

Dopo oltre 10 anni di contenzioso – si legge nell’articolo – lo Stato è riuscito a ridurre il conto di circa l’88% rispetto all’importo richiesto. Il governo ha stimato il costo delle 51 cause intentate finora in circa 10 miliardi di euro, anche se l’importo non è ancora definitivo, in quanto alcune non sono ancora state quantificate, cioè non è ancora stata formalizzata una richiesta di risarcimento danni. Il governo prevede che la cifra finale sarà di 2.000 milioni, una volta risolte tutte le richieste e i ricorsi di annullamento.

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