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Rischi climatici, Transizione 5.0 e Comunità energetiche: cosa c’è sui giornali di oggi

Le compagnie si uniscono per assicurare contro i rischi climatici, gli investimenti previsti dal Piano Transizione 5.0 e i fattori che ostacolano lo sviluppo delle Comunità energetiche in Italia

RISCHI CLIMATICI, LE ASSICURAZIONI SI ALLEANO: BUSINESS DA 5 MILIARDI

Un pool di compagnie assicurative per mutualizzare i rischi connessi alle catastrofi naturali, ossia terremoti e inondazioni. È quanto si legge su Il Sole 24 Ore di oggi. È l’idea attorno alla quale si sta concentrando il tavolo di lavoro aperto dall’Ania e al quale sono seduti i principali operatori del settore, da Generali ad Allianz, ma pure la stessa Unipol, oltre ovviamente alle piccole compagnie, certamente il soggetto più interessato a fare massa critica per gestire il fenomeno. L’obiettivo infatti è, tenuto conto del peso crescente che gli eventi avversi hanno sui conti del settore, affrontare l’obbligo per le imprese, che sulla carta dovrebbe scattare a fine anno, di sottoscrivere una polizza contro le “catnat” e dunque il vincolo per le compagnie di offrire soluzioni adeguate in termini di prezzo e di copertura del rischio.

Lo scorso luglio la presidente dell’Associazione, Maria Bianca Farina, ne aveva fatto cenno nella sua relazione annuale: «Il settore assicurativo sta definendo gli aspetti contrattuali e tecnici per assicurare alle imprese italiane la migliore copertura di questi rischi. In tale ambito è anche prevista la creazione di un pool di compagnie, ad adesione volontaria, che, sfruttando il principio cardine della mutualizzazione, sarà in grado di ridurre il costo delle coperture per le imprese e quello del capitale per le compagnie. Il successo di questa iniziativa potrebbe innescare un meccanismo virtuoso in cui tutti i protagonisti – le imprese, le compagnie, le banche, gli investitori, lo Stato – avranno un beneficio economico tangibile rispetto alla situazione attuale».

Il progetto non è marginale e per diverse la ragioni. La prima chiama in causa la scarsa penetrazione che le polizze di questo tipo hanno tra le aziende. Secondo le stime Ania appena il 4% delle piccole imprese (la quasi totalità della grandi è coperta) è assicurato contro terremoto e alluvione. Questo fa capire che il giro d’affari potrebbe subire una veloce accelerazione, e a tal proposito si parla di premi potenziali fino a 5 miliardi, ma al contempo si potrebbe innescare anche un balzo dei rischi.

Trovare il corretto equilibrio tra quotazione del rischio e prezzo della polizza è un esercizio complicato da affrontare tanto più se il quadro normativo non è ancora chiaro (manca il decreto attuativo) e se si sommano le incertezze, almeno per quel che riguarda le alluvioni, legate al tema del cambiamento climatico. Se a ciò si aggiunge il fatto che questo particolare segmento di business è distante dall’essere redditizio, si comprende perché il progetto di un pool sia guardato con interesse dalle compagnie, conclude il quotidiano.

TRANSIZIONE GREEN E DIGITALE, OLTRE 6 MILIARDI PER I NUOVI CREDITI D’IMPOSTA

Immerse da sette anni a questa parte nelle regole del piano Industria 4.0, le imprese devono ora rapidamente entrare in una nuova filosofia di investimento. I crediti d’imposta del nuovo piano del ministero delle Imprese e del made in Italy (Mimit), ribattezzato Transizione 5.0, premiano i progetti di innovazione in cui al rinnovo dei macchinari in chiave di digitalizzazione deve essere collegato un risparmio energetico certificato. Un cambiamento sostanziale delle dinamiche di spesa collegate ai beni strumentali. È quanto si legge su Il Sole 24 Ore di oggi.

La crasi tra le due transizioni – digitale e green – ha prodotto uno schema di incentivazione da 6,23 miliardi finanziato con i fondi Pnrr e diventato operativo con un certo ritardo solo il 7 agosto. Così oggi, davanti alle imprese intenzionate a prenotarsi per il credito d’imposta, si presenta una finestra utile per gli investimenti che è decisamente stretta. Le lentezze dell’iter attuativo hanno fatto sì che resti meno di un anno e mezzo per completare gli investimenti.

Il decreto emanato dal Mimit, di concerto con l’Economia e sentito l’Ambiente, mette nero su bianco il periodo 1° gennaio 2024-31 dicembre 2025 come arco di tempo da sfruttare, un margine esiguo vista la complessità degli oneri documentali da produrre e della messa a terra dei progetti. La possibilità di concedere alle aziende almeno un po’ di respiro in più – con una deroga, per il primo anno, fino al 30 aprile 2025 a fonte di un acconto del 50% – è infatti saltata nel passaggio dalle bozze iniziali al testo finale.

La principale sfida, della quale sono ben consapevoli il ministero delle Imprese e del made in Italy e il ministero dell’Economia, è dunque assorbire completamente il plafond di oltre 6 miliardi senza sforamenti che inficino gli impegni assunti con la Commissione europea nell’ambito del Pnrr. La griglia dei crediti d’imposta, che arriva fino al 45% con un tetto dei costi ammissibili pari a 50 milioni annui, ha potenzialmente un’enorme capacità di attrazione e questo ispira comunque ottimismo tra i tecnici di governo. Semmai un’ulteriore riflessione si può fare sul livello trasmissivo della spinta innovativa a beneficio di tutto il tessuto produttivo. La risposta da parte delle imprese potrebbe del resto non essere omogenea. Già nei primi giorni di attivazione del portale per prenotare i crediti d’imposta – sul sito del GSE – si è registrata una maggiore prudenza da parte delle piccole imprese rispetto a quelle di maggiori dimensioni. Il mix delle certificazioni e degli altri attestati da caricare, tra l’altro in un periodo complicato come quello di agosto, nonché la complessità stessa dei progetti da mettere in campo, con relativi impegni sul fronte dell’efficientamento energetico e dell’uso delle fonti rinnovabili, potrebbe rivelarsi un elemento divaricatore. In altre parole, il piano, più di quanto accaduto con Industria 4.0, potrebbe vedere in prima linea un numero di grandi imprese visibilmente prevalente rispetto alle Pmi.

Analoga considerazione si può fare nell’equilibrio degli investimenti per aree geografiche. L’esperienza di Industria 4.0 dice che due terzi degli investimenti sono stati effettuati in tre sole regioni: Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Il Mezzogiorno ha mostrato una capacità di assorbimento di questo tipo di incentivi che non va oltre il 20 per cento. Le previsioni sull’andamento delle agevolazioni 5.0 non si discostano molto e nelle intenzioni dell’esecutivo dovrebbe essere principalmente il credito d’imposta della Zona economica speciale unica del Sud a compensare, almeno in parte, lo squilibrio, conclude il quotidiano.

COMUNITÀ ENERGETICHE RINNOVABILI SOFFOCATE DALLA BUROCRAZIA

In Italia, il numero di comunità energetiche rinnovabili (Cer) fatica a crescere. Se ne contano meno di un centinaio eppure i benefici, sotto molteplici profili, che esse offrono sono ormai noti: tra i vari, l’efficienza energetica nell’ottica di una transizione verso un sistema energetico sostenibile, la riduzione dei costi energetici o l’evidente impatto sociale. È quanto si legge su Il Sole 24 Ore di oggi. (…)

Qual è il motivo di tale lenta crescita? Una delle ragioni principali risiede nella complessità burocratica, riflesso dell’intrico dei profili implicati. La creazione di una Cer, infatti, richiede l’ottenimento di diversi atti, per la sua costituzione ma anche per lo svolgimento dell’attività, con riferimento a profili differenti: si pensi all’ambito della produzione dell’energia e dunque all’autorizzazione unica o al permesso di costruire per l’installazione degli impianti ; alla tutela dell’ambiente e alla conseguente valutazione di impatto ambientale; oppure alla necessità di richiedere al gestore della rete di distribuzione una connessione alla rete elettrica e di stipulare un relativo contratto. O, ancora, all’ottenimento di specifiche licenze di esercizio presso l’Autorità nazionale dell’energia competente. Così come ulteriori procedure vanno attivate per ottenere incentivi pubblici o certificazioni sul rispetto della normativa di sicurezza o della gestione dei rifiuti. (…)

Appare, dunque, evidente la necessità di snellire le procedure amministrative, con interventi volti a ridurre gli oneri burocratici, ad accelerare i tempi di autorizzazione e a facilitare l’accesso alle risorse necessarie per la formazione delle Cer. Alcune possibili strade che gli enti locali potrebbero percorrere: creare portali web in cui presentare e monitorare digitalmente i procedimenti autorizzatori e istituire sportelli unici per l’energia, come intermediari dei vari enti competenti, in grado di coordinare le diverse fasi decisionali; differenziare le procedure, prevedendone alcune accelerate per gli impianti di piccola e media dimensione e altre “di urgenza” per progetti con specifiche caratteristiche; formare gli amministratori locali, così che possano fornire supporto tecnico alle Cer durante tutte le fasi del progetto, dalla pianificazione alla realizzazione; promuovere la collaborazione tra enti, attraverso accordi interistituzionali e tavoli di lavoro.

La piattaforma Respira, istituita da Coopfond, Legacoop, Banca Etica ed Ecomill, rappresenta un esempio virtuoso di supporto a gruppi di cittadini organizzati, cooperative ed enti pubblici nella costruzione e avvio di Cer in forma cooperativa, per adeguare l’offerta alla comunità, al territorio e alle esigenze di riferimento, mettendo a disposizione una filiera di partner tecnici e finanziari. La collaborazione consente non solo di coordinare le procedure ma anche di ridurre la duplicazione degli sforzi. Anche il Comune di Roma sembra muoversi, per certi versi, in tal senso: sta, infatti, predisponendo un regolamento per la messa a disposizione di tetti pubblici per realizzare impianti solari a servizio di Cer, gestite da organizzazioni del Terzo Settore con obiettivi sociali, in modo da chiarire e semplificare la procedura da seguire. Ma, per ora, si tratta solo di un punto di partenza. Così su Il Sole 24 Ore di oggi Silvia De Nitto, ricercatrice di Diritto Amministrativo all’Università Luiss Guido Carli.

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