Le parole del ministro Urso sui fondi del PNRR per Stellantis, il ruolo del GSE nel piano Transizione 5.0 e le strategie di Pechino per aumentare la quota di energia atomica
URSO: “NIENTE AIUTI A STELLANTIS SENZA LA GIGAFACTORY A TERMOLI”
«Tocca alla Fiat assumersi la responsabilità sociale, tocca oggi a Stellantis rilanciare l’auto in Italia e noi aspettiamo una risposta da tempo. Il governo ha fatto la sua parte, Stellantis no». È la sferzata lanciata dal ministro delle Imprese Adolfo Urso al meeting di Rimini nel panel “Made in Italy e filiere produttive” organizzato in collaborazione con la Compagnia delle Opere, che ha visto la partecipazione, tra gli altri, del segretario generale della Cisl Luigi Sbarra. È quanto si legge su Il Sole 24 Ore di oggi.
«Nel nostro primo incontro – ha raccontato Urso – il ceo Tavares mi chiese due cose per raggiungere l’obiettivo di un milione di veicoli da realizzare in Italia. La prima, di rimuovere l’ostacolo dell’Euro 7. E ci siamo riusciti. La seconda, un piano incentivi commisurato alla produzione in Italia. E abbiamo fatto il più grande piano incentivi sull’auto, con un miliardo di euro, che ci ha consentito la rottamazione di veicoli altamente inquinanti e l’accesso all’auto elettrica anche dei ceti più deboli. Abbiamo raggiunto questi obiettivi, ma non il sostegno della produzione italiana, perché questo compito spettava a Stellantis». Il tono si fa più concitato: «Sugli investimenti Stellantis deve dare una risposta e la deve dare anche a breve» è il monito. Con un avviso netto: «Se in queste ore non ci risponde positivamente sul progetto della gigafactory a Termoli le risorse del Pnrr saranno destinate ad altri. Non possiamo perdere le risorse del Pnrr perché Stellantis non rispetta gli impegni». E ancora: «Arrivano segnali negativi» dall’azienda, ma «tocca a Stellantis rilanciare l’auto in Italia». Deve dirci «come vuole raggiungere l’obiettivo del milione di veicoli, in quali stabilimenti, se davvero faranno la quinta auto a Melfi, se davvero investono su Pomigliano, se davvero intendono realizzare a Cassino, se intendono fare la 500 ibrida a Mirafiori”.
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Urso ricorda inoltre che il governo ha «sottoscritto 4 memorandum con 4 importanti case automobilistiche cinesi che vorrebbero investire in Europa e prendono in considerazioni l’ipotesi di investire in Italia». E ribadisce che «un’unica casa automobilistica non può fornire a un Paese come l’Italia tanti modelli da soddisfare tutte le esigenze dei consumatori». Per sostenere la filiera «si deve raggiungere un livello produttivo di almeno un milione e mezzo di veicoli nel nostro Paese». E per questo «serve almeno un altro produttore», conclude il quotidiano.
TRANSIZIONE 5.0, IL GSE VIGILERÀ SULLA CONGRUENZA DEL RISPARMIO ENERGETICO
L’organismo preposto ai controlli per la 5.0 è il Gse. I controlli possono iniziare dal momento in cui l’impresa ha inviato la comunicazione preventiva. È quanto si legge su Il Sole 24 Ore di oggi. Già in questa fase, infatti, l’impresa ha reso noto il proprio progetto di innovazione e la perizia del tecnico conferma che il progetto genera un risparmio. Nella perizia è anche indicato l’algoritmo che attesta il risparmio energetico. In azienda rimane la relazione tecnica che conferma i contenuti riportati nella perizia. Le attività di controllo del Gse sono svolte sulla base di piani definiti nell’ambito delle convenzioni stipulate con il ministero delle Imprese e del Made in Italy e l’agenzia delle Entrate.
Il Gse verifica la sussistenza dei requisiti tecnici e dei presupposti previsti dal decreto per beneficiare dell’agevolazione, inclusa la conformità degli interventi realizzati rispetto alle dichiarazioni, informazioni e dati forniti nelle diverse comunicazioni e perizie, nonché il rispetto delle disposizioni normative di riferimento. Deve inoltre verificare la congruenza tra i risparmi energetici certificati con le relazioni tecniche ex ante e i risparmi energetici effettivamente conseguiti attraverso l’intervento realizzato. Nell’ambito dello svolgimento delle operazioni di sopralluogo può richiedere e acquisire atti, documenti, schemi tecnici, registri e ogni altra informazione ritenuta utile. Può effettuare rilievi fotografici su elementi strettamente connessi alle esigenze della vigilanza e del controllo.
L’impresa è tenuta a conservare e a rendere disponibili, per le attività di vigilanza e controllo, tutta la documentazione necessaria all’accertamento della correttezza e veridicità delle dichiarazioni, delle informazioni e dei dati forniti attraverso la piattaforma informatica. Deve inoltre conservare tutti i documenti idonei all’effettuazione dei controlli rispetto agli elementi tecnici e di costo del progetto di innovazione.
Per la parte tecnica, l’impresa deve avere a disposizione copie delle certificazioni e delle perizie. Le perizie, attualmente, sono tre. Inizialmente, un tecnico, con una perizia asseverata, attesta il risparmio dei consumi e l’algoritmo utilizzato per il calcolo. Un’altra perizia asseverata attesta l’interconnessione dei beni al sistema di gestione. Infine, una terza perizia accompagna la comunicazione di ultimazione e attesta la realizzazione del progetto in linea con quanto dichiarato nella perizia iniziale, o evidenzia eventuali differenze, nel qual caso prevede un nuovo calcolo dei consumi. Per la parte amministrativa l’impresa deve conservare le fatture, i documenti di trasporto e gli altri documenti relativi all’acquisizione dei beni agevolati. Questi devono contenere il riferimento all’articolo 38 del Dl 19 del 2024, qualora successivi alla comunicazione di prenotazione del credito d’imposta, conclude il quotidiano.
SUL NUCLEARE LA CINA COMUNISTA È MENO IDEOLOGICA DELLA SINISTRA UE
Quanto all’energia nucleare, in questo momento sono operativi 56 reattori, con potenza complessiva di 54,2 GW (milioni di kW). Di questi, cinque sono entrati in servizio nel 2023 e uno nel 2024. Sono inoltre in costruzione altri 27 reattori (20,5 GW in tutto). È quanto si legge su Il Foglio di oggi. Quelli in esercizio nel 2023 hanno prodotto 435 TWh, il 4,6 per cento della domanda, con un incremento di 17 TWh rispetto al 2022. In altre parole, nel 2023 l’incremento della produzione elettrica a carbone è stato il 50 per cento superiore a quello delle rinnovabili e 20 volte superiore a quello del nucleare. Con conseguente crescita delle emissioni di gas serra.
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Degli 11 reattori approvati, 10 sono ad acqua pressurizzata, di terza generazione, sviluppati in Cina sulla scorta delle esperienze maturate nella costruzione di reattori di terza generazione di progettazione francese e americana. La potenza elettrica netta è compresa tra 1.000 e 1.100 MW (migliaia di kW), a seconda del tipo. L’undicesimo è un reattore di quarta generazione, raffreddato a gas, in grado di produrre calore a elevata temperatura per usi industriali o per generazione elettrica. L’investimento complessivo ammonta a 28 miliardi di euro, cioè 2.400 euro per kW installato; i tempi di costruzione sono di 56-60 mesi e la vita utile di 60 anni. Con questi “numeri”, quei reattori genereranno energia elettrica continua, pulitissima e sicura al costo di 40 per MWh.
Saremo mai in grado di tornare anche in Europa a simili performance? Tutto dipende da noi, dalla nostra capacità di riguadagnare il know-how tecnologico e l’approccio regolatorio proattivo, perduti per la scelta irrazionale di sostenere nell’Unione europea, negli ultimi 20 anni, solo lo sviluppo delle rinnovabili, solare ed eolico in particolare, iniettando una quantità enorme di incentivi, esentando solo le rinnovabili dall’applicazione della disciplina degli aiuti di stato e attraendo su di esse la quasi totalità degli investimenti. Nell’illusoria speranza che solare ed eolico siano, da soli, in grado di generare tutto il fabbisogno elettrico a basse emissioni. Commettendo in definitiva il tragico errore di trascurare il nucleare, che ancora oggi è la prima fonte di generazione elettrica dell’Unione europea (24,5%) ed è anche la più efficace, efficiente e sostenibile nella lotta alle emissioni di gas serra, deprimendo al contempo quella filiera industriale. Tanto che dei 105 reattori entrati in servizio nel mondo dal 2000 a oggi, solo due sono in Europa, con tempi e costi di costruzione ben superiori alla media mondiale.
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In Europa, in Cina e nel resto del mondo la decarbonizzazione richiede il gisto mix di rinnovabile e nucleare. Da definire con attente analisi di scenario e senza pregiudizi. Per fortuna loro i cinesi di pregiudizi, almeno in questo campo, non ne hanno. E sono pure comunisti. Il che ci torna utile a smontare il giochino, popolare in Italia, secondo il quale le rinnovabili sono gloriosamente di sinistra mentre il nucleare brutalmente di destra, conclude il quotidiano.