Il panorama energetico globale è in piena trasformazione, segnando un’era di profonde contraddizioni. Mentre un surplus di petrolio preannuncia la fine di un’epoca, la Cina si afferma come leader indiscusso del nucleare. In questo scenario, persino un pioniere dell’elettrico come Tesla rivela le difficoltà economiche della transizione, con profitti in calo nonostante vendite record. I fatti della settimana di Marco Orioles
Il mondo dell’energia sta attraversando una fase di cambiamento radicale e conflittuale, definita da tre dinamiche chiave. Da un lato, il mercato dei combustibili fossili è sommerso da un surplus di petrolio che ne deprime i prezzi, segnalando una potenziale fine della sua egemonia. Dall’altro, la transizione verso nuove fonti rivela una doppia faccia: la leadership tecnologica occidentale, incarnata da Tesla, affronta una dura realtà economica, con vendite record che non si traducono in profitti a causa della guerra dei prezzi e degli alti costi di investimento in AI. Contemporaneamente, emerge un nuovo modello di leadership, quello statale e centralizzato della Cina, che sta dominando la filiera del nucleare costruendo reattori a tempo di record e a costi imbattibili, pronta a superare gli USA. Questi tre trend delineano un futuro energetico instabile, dove il declino del petrolio, la sfida economica della mobilità elettrica e l’ascesa geopolitica della Cina nel nucleare si intrecciano in una competizione globale per la supremazia.
TESLA, LUCI E OMBRE NELLA TRIMESTRALE DEL TERZO TRIMESTRE 2025
Tesla ha pubblicato i risultati del terzo trimestre 2025, mostrando un mix di successi e sfide che riflettono la transizione dell’azienda da produttore di auto elettriche a piattaforma tecnologica. Come riporta Quartz, Tesla ha registrato un fatturato record di 28,1 miliardi di dollari, in crescita del 12% rispetto all’anno precedente, superando le attese degli analisti (26,37 miliardi secondo Reuters). Le consegne di veicoli hanno raggiunto il massimo storico di 497.099 unità, trainate da un aumento del 33% in Cina e del 28% in Nord America, anche grazie alla corsa per sfruttare il credito d’imposta statunitense da 7.500 dollari, scaduto a settembre, come sottolinea Bloomberg. Tuttavia, il profitto netto è sceso del 37% a 1,4 miliardi di dollari, con un EPS adjusted di 0,50 dollari, sotto le aspettative di 0,55 dollari. Le pressioni sui margini restano evidenti. Il margine lordo è sceso al 18%, rispetto al 19,8% di un anno fa, mentre il margine lordo automobilistico, escluse le entrate da crediti regolamentari, si è attestato al 15,4%, leggermente sotto le attese. Come scrive Quartz, la riduzione dei margini riflette incentivi sui prezzi per stimolare la domanda e costi crescenti, tra cui 400 milioni di dollari in tariffe doganali. Le spese operative sono aumentate del 50% a 3,4 miliardi, spinte da investimenti in AI, robotica e sviluppo di nuovi modelli. Inoltre, i ricavi da crediti regolamentari sono crollati del 44% a 417 milioni di dollari, un cuscinetto sempre meno rilevante. Nonostante le difficoltà, Tesla continua a puntare su AI e robotica. Come osserva Reuters, Elon Musk ha definito il trimestre un “punto di svolta critico” per l’autonomia, annunciando progressi sul robotaxi Cybercab, con un rollout limitato ad Austin e piani per espandersi in 8-10 aree metropolitane entro fine anno. Come riporta Quartz, Musk ha confermato accordi con Samsung e TSMC per chip AI avanzati e ha descritto il robot umanoide Optimus come un potenziale “prodotto più grande di sempre”, con produzione prevista per fine 2026. Tuttavia, gli investitori chiedono dettagli concreti su tempistiche e redditività. Come nota Bloomberg, “il mercato vede Tesla come una piattaforma AI, ma i numeri la fanno sembrare un produttore di auto”. Il business dell’energia è un punto luminoso. Le entrate da generazione e stoccaggio di energia sono cresciute del 44% a 3,42 miliardi di dollari, con un margine lordo record di 1,1 miliardi. Le installazioni di stoccaggio sono aumentate dell’81%, spinte dalla domanda di Megapack per data center e infrastrutture. Questo segmento potrebbe diventare un motore di crescita alternativo, mentre l’auto affronta competizione e margini compressi.
CINA: LEADER GLOBALE NEL NUCLEARE, SFIDA GLI USA
Come scrive il New York Times in un recente approfondimento, la Cina sta emergendo come leader globale nell’energia nucleare, con un numero di reattori in costruzione pari a quello del resto del mondo. Entro il 2030, sottolinea la testata, la sua capacità nucleare supererà quella degli Stati Uniti, primo paese a sfruttare l’atomo per produrre elettricità. Sebbene molti reattori cinesi derivino da design americani e francesi, la Cina ha superato i ritardi e i costi elevati che affliggono i progetti occidentali, costruendo reattori in 5-6 anni, contro i 10-11 anni degli Usa, a costi significativamente inferiori. Secondo il Nyt il successo cinese si basa su un forte sostegno governativo, con prestiti a basso costo e tariffe favorevoli per l’energia nucleare, e sulla standardizzazione dei design, che consente di ottimizzare il processo costruttivo. La Cina produce componenti in serie, come i recipienti a pressione, in complessi dedicati, e dispone di una forza lavoro specializzata che si sposta tra i cantieri. Al contrario, gli Stati Uniti hanno sofferto di regolamentazioni mutevoli, aumento dei costi e una mancanza di continuità nei progetti, come dimostrato dai ritardi del reattore AP1000 in Georgia. La Cina, invece, ha perfezionato lo stesso modello (CAP1000), riducendo tempi e costi. La Cina, sottolinea ancora il quotidiano, punta anche sull’innovazione, sviluppando tecnologie di quarta generazione, come reattori raffreddati a gas e a base di torio, e investendo nella fusione nucleare. L’obiettivo secondo il Nyt è diventare un esportatore globale di tecnologia nucleare, competendo con Stati Uniti, Russia, Francia e Corea del Sud. Questo si inserisce in una competizione geopolitica più ampia, dove l’energia è un campo di battaglia. Gli Usa, sotto l’amministrazione Trump, mirano a quadruplicare la capacità nucleare entro il 2050, ma si affidano all’innovazione privata, con start-up che sviluppano reattori più piccoli per data center. Tuttavia, la mancanza di infrastrutture e capacità produttive, come la forgiatura di componenti pesanti, potrebbe ostacolare il recupero. La Cina affronta sfide, come la gestione dei rifiuti nucleari e il rischio di incidenti, ma il suo programma avanza rapidamente. Gli USA, conclude il quotidiano, nonostante il supporto bipartisan per il nucleare, rischiano di rimanere indietro se non adottano un approccio più coordinato, simile a quello cinese, per scalare la produzione e competere nel mercato globale.
IL MERCATO PETROLIFERO VIRA VERSO L’ECCESSO: SURPLUS GLOBALE IN VISTA
Come osserva Bloomberg in un nuovo articolo, il mercato petrolifero globale sta attraversando una svolta significativa, con oltre un miliardo di barili accumulati sulle navi cisterna, il livello più alto dal 2020, secondo Vortexa Ltd. Secondo la testata questo fenomeno riflette l’attesa di un surplus di offerta, previsto da tempo a causa della crescente produzione. La Cina ha assorbito l’eccesso per mesi, riempiendo le sue riserve strategiche con barili a basso costo, ma il mercato sembra aver raggiunto un punto di saturazione. I carichi di greggio dal Medio Oriente faticano a trovare acquirenti, e i prezzi del petrolio internazionale sono scesi a circa 60 dollari al barile, il minimo in cinque mesi, con previsioni di ulteriori cali. L’International Energy Agency (IEA) aveva previsto un’ondata di forniture da Stati Uniti, Brasile, Canada e Guyana, che superano la domanda in rallentamento, soprattutto a causa dell’adozione di veicoli elettrici in Cina. L’OPEC+ ha accelerato il ripristino della produzione, con l’Arabia Saudita intenzionata a recuperare quote di mercato. Gli inventari globali crescono a un ritmo di 1,9 milioni di barili al giorno, e il 2026 potrebbe vedere un accumulo ancora maggiore. Tuttavia, rileva Bloomberg, i prezzi hanno mostrato resilienza fino a settembre, grazie allo stoccaggio cinese e a rischi geopolitici come l’attacco di Trump alle strutture nucleari iraniane. Ora, il mercato mostra segnali di abbondanza: la curva dei prezzi indica un’offerta abbondante. Negli Stati Uniti, le scorte di greggio sono al massimo stagionale dal 2023. Sebbene l’IEA preveda un surplus record di quasi 4 milioni di barili al giorno nel 2026, alcuni analisti, come Morgan Stanley, suggeriscono che l’OPEC+ potrebbe ridurre la produzione se i prezzi crollassero. I grandi trader prevedono un calo a breve termine, ma un recupero entro un anno. Nonostante le incertezze, conclude Bloomberg, il mercato sembra dirigersi verso una fase di sovrapproduzione.


