Trump nomina un negazionista del clima a capo dell’Epa e la Cop29 vacilla. Audizioni con polemiche per Fitto, ma qualcosa si muove nelle segrete stanze di Bruxelles. Mazzoncini (A2A): “Servono infrastrutture Ue, utili oltre 800 milioni nel 2024”. La rassegna Energia
Trump sceglie un negazionista sul clima quale neo responsabile dell’Epa, l’Environmental Protection Agency (EPA). Una scelta che fa tremare ancora di più i fautori del contrasto al climate change e mina le fondamenta della Cop29. L’obiettivo di un nuovo finanziamento climatico si allontana sempre più. Fitto è al centro di un polverone per la sua appartenenza a FdI, i legami con Meloni, i suoi voti al Parlamento Ue su Green Deal e Next Generation Ue. La partita per il nuovo commissario Ue è ancora aperta e l’audizione di ieri non è servita a placare gli animi. Intanto, nella Commissione si verificano giravolte politiche e patti segreti per superare lo stallo generale. Il ceo di A2A, Renato Mazzoncini, lancia un messaggi: affinché l’Europa resti competitiva ed autonoma servono infrastrutture europee per la transizione green. Il gruppo, da parte sua, con il nuovo piano appena presentato conferma target finanziari e investimenti per 22 miliardi e la crescita minima annua del dividendo dal 3% al 4%.
COP29, TRUMP SCEGLIE NEGAZIONISTA CLIMA
“Sulla Cop29 si allunga l’ombra della nuova amministrazione americana di Donald Trump in arrivo. La nuova conferenza dell’Onu sul clima si è aperta a Baku orfana di molti influenti leader internazionali, dagli Stati Uniti alla Cina e all’India, tra obiettivi mancati nel frenare l’effetto serra. Ma soprattutto ha debuttato gravata dalle incognite sul futuro ruolo della Casa Bianca: Trump aveva già rilanciato assalti al climate change come “truffa” e l’obiettivo di uscire ancora una volta dal trattato Onu di Parigi per ridurre le emissioni. Ora ha dato il via a nomine per il suo governo che promettono corse alla deregulation ambientale e accresciuti primati dell’energia fossile, a colpi di ordini esecutivi pronti a scattare da gennaio. (…) Mosse aggressive quali un’uscita di Washington dall’accordo di Parigi – Trump l’aveva già strappato durante il primo mandato, scelta successivamente revocata da Joe Biden – destano in realtà preoccupazione anche nella Corporate America vicina a Trump: il Ceo del colosso petrolifero ExxonMobil, Darren Woods, in un’intervista al Wall Street Journal gli ha chiesto di restare nel patto climatico, lamentando altrimenti “incertezza e inefficienze” per le imprese. (…) Guterres non ha abbandonato le speranze: «La rivoluzione dell’energia pulita è qui. Nessun gruppo, business o governo può fermarla». Funzionari del Palazzo di Vetro ricordano che nel 2016, durante la prima amministrazione Trump, il mondo contava su 180 gigawatt di energia pulita e 700.000 veicoli elettrici, adesso i numeri sono 600 e 14 milioni. Anche l’inviato sul clima di Biden, John Podesta, ha cercato di rassicurare, affermando che Washington continuerà comunque a compiere progressi sul clima”, si legge su Il Sole 24 Ore.
“Ma Trump, nello scegliere fin da subito il deputato di New York, negazionista sul clima, Lee Zeldin quale neo-responsabile dell’Epa, ha alzato il tiro: «Garantirà rapide decisioni di deregolamentazione per liberare il potere del business americano pur mantenendo alti standard ambientali». Zeldin ha invocato il «dominio Usa nell’energia». Non basta: Trump vuole nominare uno zar dell’energia, forse il governatore del North Dakota Doug Burgum o l’ex Segretario all’energia Dan Bruillette, per meglio coordinare provvedimenti che vanno, appunto, dal no a Parigi all’espansione di trivellazioni e flessibilità nell’inquinamento. Tra le vittime illustri dovrebbe esserci l’ultima azione dell’Epa sotto Biden, svelata a Baku: una penale ai grandi produttori di greggio e gas per emissioni di metano, tra i gas più dannosi, che da 900 dollari a tonnellata sale a 1.500 dollari nel 2026”, continua il giornale.
ENERGIA, GIRAVOLTE E PATTI SEGRETI SU FITTO E RIBERA
“Nemmeno Fratelli d’Italia, che si prepara alla giravolta da luglio per sostenere l’esecutivo di Ursula von der Leyen. All’inizio dell’audizione ieri Fitto ha cercato di sgombrare il campo dalle polemiche sulla sua appartenenza a Fratelli d’Italia, i legami con Giorgia Meloni, i suoi voti in passato al Parlamento europeo sullo stato di diritto, il Green deal o NextGenerationEU. “Voglio essere chiaro. Non sono qui per rappresentare un partito politico, non sono qui per rappresentare uno stato membro. Sono qui oggi per affermare il mio impegno per l’Europa”, ha detto Fitto. Non è bastato per placare socialisti, liberali, Verdi ed estrema sinistra. La sua linea di difesa costante è stata: “Il dibattito su un tema in Parlamento per un parlamentare europeo è una cosa, un ruolo istituzionale è un altro”. (…) Sulla sua astensione su NextGenerationEU, dopo aver messo in atto il Pnrr dell’Italia come ministro, “se dovessi votare domani mattina, sarebbe un voto favorevole”. All’ennesima domanda di un deputato sul presunto fascismo del governo italiano o di Fratelli d’Italia, Fitto è sbottato: “Se le do l’idea di un fascista, non lo so, ma faccia lei, decidete voi. A me sembra che siano temi e argomenti lontanissimi da ogni ipotesi reale”. (…) Fitto ha suggerito di chiedere ai deputati del Pd italiano che, come lui, sono stati amministratori locali, quanto ha lavorato bene. Anche se con discrezione, i deputati del Pd hanno sostenuto il candidato italiano. (…) Ursula von der Leyen ha già usato la coesione come cassa per affrontare altre emergenze (con ReactEU durante il Covid, con RepowerEU durante la crisi energetica, con la flessibilità per le alluvioni e le siccità). Eurodeputati, regioni e stati membri sono preoccupati che la cassa si svuoti. “Mi limito a non commentare una notizia che non ha fondamento”, ha risposto Fitto imbarazzato, sottolineando che “l’acquisto di armi con i fondi di coesione non è possibile”. Nel suo primo mandato von der Leyen ha spesso preso iniziative alle spalle dei suoi commissari senza consultarli.(…) Fitto “ha dimostrato più volte, attraverso la sua affiliazione politica di estrema destra, di non sostenere i valori e di non avere a cuore il miglior interesse dell’Unione europea e dei suoi cittadini”, ha detto il loro presidente Bas Eickhout. Socialisti e liberali, anche se non entusiasticamente, sono pronti a dire “sì”, si legge su Il Foglio.
“Per evitare brutte sorprese von der Leyen ieri ha incontrato i leader dei gruppi socialista e liberale. Dopo la conclusione delle audizioni di tutti i vicepresidenti – oltre a Fitto e Ribera, la liberale estone Kaja Kallas (Alto rappresentante), la popolare finlandese Henna Virkkunen (Digitale), il liberale francese Stéphane Séjourné (Competitività) e la socialista rumena Roxana Mînzatu (Sociale) – c’è stata un’altra riunione tra i capigruppo del Ppe, dei socialisti e dei liberali. La valutazione dei sei vicepresidenti si dovrebbe tenere oggi. Non è escluso che a Fitto siano sottoposte domande aggiuntive. Ma quasi tutti scommettono su un via libera al pacchetto in giornata o entro la settimana. (…) I deputati di Fratelli d’Italia e di almeno una parte del gruppo sovranista dell’Ecr non saranno decisivi, perché basta la maggioranza semplice, ma potrebbero sostituirsi ai Verdi. Nelle audizioni “l’Ecr è stato molto disciplinato, quasi timoroso”, spiega una seconda fonte”, continua il giornale.
IDRICO, MAZZONCINI (A2A): “UTILI 2024 OLTRE 800 MILIONI”
Il ceo di A2A, Renato Mazzoncini, lancia un messaggi: affinché l’Europa resti competitiva ed autonoma servono infrastrutture europee per la transizione green. Il gruppo, da parte sua, con il nuovo piano appena presentato conferma target finanziari e investimenti per 22 miliardi e la crescita minima annua del dividendo dal 3% al 4%.
“Il nuovo piano al 2035? «Lancia un messaggio chiaro: l’Europa deve realizzare infrastrutture per la transizione green per essere competitiva e autonoma». Le gare sulle concessioni idroelettriche? «Chi ci paragona ai balneari sbaglia: servono grossi investimenti e non si possono regalare asset strategici agli stranieri». Grandi acquisizioni e nucleare? «Oggi non sono a piano», in futuro chissà, «l’atomo lo stiamo studiando con attenzione». A2A ha presentato ieri l’aggiornamento del piano al 2035, che conferma target finanziari e investimenti per 22 miliardi – aumentando la crescita minima annua del dividendo dal 3% al 4% – e il Ceo Renato Mazzoncini sottolinea subito un dato chiave: «Tra il 2021 e il 2024 abbiamo realizzato 8 miliardi di investimenti e il 70% di tutti i Capex al 2030 sono già o autorizzati o in cantiere». (…) Se l’Europa vuole essere competitiva su energia e materie prime critiche deve realizzare infrastrutture. A2A lo sta facendo, creando valore per tutti, cittadini compresi. Aumentiamo i dividendi, anche se vogliamo essere percepiti come un’azienda growth, e lanciamo un piano triennale di azionariato per tutti i dipendenti. Per il nuovo piano stimiamo un total shareholder return atteso del 12%, che dal 2021 si attesta al 14%. (…) La abbiamo stimata in linea con la crescita della marginalità, ma è evidente che oggi viaggiamo a un multiplo EV/Ebitda di 5,5 volte, quando almeno 7 sarebbe ragionevole. Un multiplo basso è comprensibile per aziende valutate in base al dividendo, ma A2A sta confermando nei fatti una storia di crescita molto forte”, si legge sul quotidiano.
“Quest’anno chiudiamo a oltre 5 TWh di produzione recuperando la redditività persa nel 2022 quando ci eravamo fermati a 2,7 TWh. Il mol è stabile e diversificato: i risultati vanno analizzati nel loro insieme e in ottica pluriennale. (…) gli asset balneari sono di proprietà del demanio, i nostri no, né rientriamo nella Bolkestein. Poi c’è il valore delle opere asciutte, che nei bandi di gara appena usciti è sottostimato di oltre 10 volte, aprendo quindi un’autostrada all’ingresso di player stranieri. Questo è uno dei temi dei nostri ricorsi, ne discuteremo uno a gennaio. Inoltre, manca reciprocità con il resto dell’Europa, dove non si fanno gare. Crediamo che la proposta normativa della “quarta via”, investimenti in cambio del rinnovo delle concessioni, sia da perseguire, anche perché ci sono oltre 15 miliardi di euro di interventi da realizzare in Italia. (…) Certo: le reti gas devono entrare in una nuova fase di transizione, dove servono economie di scala. Non vedo più crescita nel settore, piuttosto un consolidamento verso pochi grandi player nazionali per affrontare il phase-out nel lungo periodo. (…) In ogni caso nel 2024 investiremo complessivamente 2,8 miliardi, un record per il gruppo. (…) L’energia in Europa è a mercato, lo Stato deve fare naturalmente il regolatore. Per il nucleare c’è bisogno di forti Capex e il costo di produzione è piuttosto alto, in linea con i livelli attuali. Per poter investire serviranno contratti per differenza per ridurre il rischio prezzo: lì lo Stato dovrà fare la sua parte, ma saranno le imprese a dover realizzare le centrali. Ad oggi il nucleare non è nei piani di A2A, anche se lo stiamo studiando con attenzione. (…) Il punto fermo sarà un 60% di rinnovabili, la cui crescita non va rallentata, il restante 40% se lo giocheranno termoelettrico con cattura di CO2 e nucleare”, continua il giornale.