Un nuovo report del WWF analizza oltre 2.590 studi sull’inquinamento da plastica negli oceani. Nazioni Unite: una vera e propria crisi planetaria.
Secondo il report del WWF è probabile che la crescita prevista dell’inquinamento da plastica comporterà in molte aree rischi ecologici significativi. Questi indeboliranno gli attuali sforzi per proteggere e aumentare la biodiversità, se non si interverrà ora per ridurre la produzione e l’uso della plastica a livello globale. Basti pensare che la massa (in peso) di tutta la plastica presente sul Pianeta è il doppio della biomassa totale degli animali terrestri e marini messi insieme.
EFFETTO PLASTICA SULLA BIODIVERSITÀ
L’inquinamento da plastica causa danni alla vita marina attraverso diversi meccanismi: intrappolamento, ingestione, soffocamento e rilascio di sostanze chimiche tossiche. Sono 2.150 specie marine che sono venute in contatto con la plastica. Fino al 90% di tutti gli uccelli marini e il 52% di tutte le tartarughe marine ingeriscono plastica.
La plastica è entrata non solo nella catena alimentare marina, ma sta impattando significativamente la produttività degli ecosistemi marini più importanti al mondo, come le barriere coralline e le foreste di mangrovie
Nella regione asiatica dell’Oceano Pacifico si stima che 11,1 miliardi di oggetti di plastica (soprattutto attrezzi da pesca) siano intrappolati nella barriera corallina ed è previsto che questa quantità possa aumentare del 40% entro il 2025.
La plastica che ricopre le barriere coralline non solo può soffocare e rompere le strutture dei coralli, ma le microplastiche possono essere ingerite dai polipi dei coralli alterando le funzioni vitali loro e delle alghe simbionti, distruggendo interi sistemi coralligeni. Particolarmente preoccupante anche il fatto che i coralli intrappolati nella plastica hanno una probabilità fino al 90% più alta di contrarre malattie. Incrementa così il fenomeno del loro sbiancamento (bleaching).
LA SITUAZIONE NEL MEDITERRANEO
Secondo una recente analisi ogni anno finiscono nel Mediterraneo 229mila tonnellate di plastiche: è come se ogni giorno 500 container scaricassero in acqua il proprio contenuto. Più della metà di questa plastica proviene da soli 3 Paesi: il 32% dall’Egitto, il 15% dall’Italia e 10% alla Turchia. La situazione appare ancora più drammatica se si guarda al dettaglio delle città più inquinanti del bacino del Mediterraneo: tra le prime 10, ben 5 sono italiane (Roma- che detiene il primato assoluto-Milano, Torino, Palermo e Genova).
Fonte principale di immissione della plastica in mare sono le attività costiere e una gestione inefficiente dei rifiuti, che peggiora ulteriormente nel periodo estivo a causa dell’aumento dei flussi turistici e delle relative attività ricreative. Seguono (con il 22%) le attività in mare che, con pesca, acquacoltura e navigazione, disperdono nasse, reti e cassette per il trasporto del pesce.
Il Mar Mediterraneo raggiunge così un triste primato: nelle sue acque si trova la più alta concentrazione di microplastiche mai misurata nelle profondità di un ambiente marino: 1,9 milioni di frammenti per metro quadrato.
Da uno studio recente emerge che almeno 116 specie animali che vivono nel Mediterraneo hanno ingerito plastica. Il 59% sono pesci ossei, tra cui molte si mangiano comunemente: come sardine, triglie, orate, merluzzi, acciughe, tonni. Il restante 41% è costituito da altri animali marini come mammiferi, crostacei, molluschi, meduse, tartarughe e uccelli.
SCENARI DI UNA CRISI GLOBALE
Realizzato in collaborazione con l’Istituto Alfred Wegener per le ricerche polari e marine (AWI), il report rileva una situazione grave e in peggioramento che richiede un’azione concreta e immediata a livello internazionale.
“Tutti i dati suggeriscono che la contaminazione da plastica dell’oceano sia irreversibile. Una volta dispersi nell’oceano, i rifiuti di plastica sono quasi impossibili da recuperare. Si frammentano costantemente e quindi la concentrazione di micro e nanoplastiche continuerà ad aumentare per decenni. Agire a monte dell’inquinamento da plastica è molto più efficace che ripulire in seguito. Se i governi, il mondo produttivo e la società agiscono all’unisono ora possono limitare la crisi planetaria della plastica”, ha dichiarato in una notaEva Alessi, responsabile sostenibilità di WWF Italia.