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Clima Energia

Piano energia-clima, perchè la scelta sinergica gas-rinnovabili funzionerà (secondo Eni)

Il gas è strumento della decarbonizzazione ed è un fattore abilitante delle rinnovabili perché è grazie ad esso che possiamo pensare di investire nel breve-medio termine in rinnovabili, avendo la garanzia di una sistema elettrico sicuro.

“Eni condivide il ruolo di leadership che l’Europa ricopre a livello globale su decarbonizzazione e cambiamenti climatici e gli obiettivi anche italiani al 2030. E riconosce come essenziali alcune scelte che il Pniec compie nelle breve e medio termine in quanto facilmente implementabili. In particolare Eni condivide l’affermazione del ruolo del gas naturale come indispensabile per il sistema energetico nazionale. È apprezzabile che il Pniec adotti un sistema sinergico e di cooperazione tra le fonti nelle soluzioni tecnologiche già disponibili puntando su un mix di gas naturale e rinnovabili. Più a lungo termine l’adozione di un criterio di neutralità tecnologica può garantire il raggiuntamento di un assetto che rappresenti l’equilibrio migliore in termini di sostenibilità ambientale ed economica, competitività e sicurezza del sistema. La scelta delle migliori soluzioni viene così lasciata al mercato”. Lo ha detto Luca Cosentino, direttore energy solution di Eni, in audizione di fronte alla commissione Attività produttive della Camera nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e adeguamento della strategia energetica nazionale al piano nazionale energia e clima per il 2030.

fotovoltaicoBENE IL SOLARE MA NON OCCUPARE SUOLO PUBBLICO: MEGLIO SITI INDUSTRIALI BONIFICATI

“Vogliamo puntare l’attenzione su alcuni elementi che potrebbero essere critici nell’implementazione di questo piano in particolare, sul solare e l’occupazione di spazio. Auspichiamo un utilizzo razionale del suolo in particolare un utilizzo di terreni industriali, bonificati e non sottratti al pubblico uso – ha affermato Cosentino -. Il secondo punto è l’intermittenza e la non programmabilità di queste forme di energia e lo stoccaggio. Eni su questi temi è molto impegnata. Il terzo punto sono i costi di integrazione e gli investimenti. Nel solare raggiungere i 50GW nel 2030 implica investimenti di circa 30 miliardi di euro addizionali e per sbloccare questi investimenti sarà fondamentale avere dei percorsi normativi autorizzativi chiari e semplici, che possano aiutare gli investitori a fare delle scelte in modo oculato e sicuro. Poi c’è il misfit geografico in quanto non sempre le rinnovabili producono energia là dove è richiesto. Per quanto riguarda Eni, l’azienda ha lanciato due anni fa il progetto Italia per realizzare una serie di impianti rinnovabili nei siti industriali di Eni in particolare si tratta di 25 siti per un capacità al 2021 di 220 Mw e di 270 al 2022 e investimenti di 260 milioni. Già realizzati Gela, Ferrara Erbognone e Assemini e in via di completamento quello di Porto Torres. Tutti progetti in grid parity o in autoconsumo e che non consumano suolo pubblico”.

IL GAS COME STRUMENTO DI DECARBONIZZAZIONE E FATTORE ABILITANTE DELLE RINNOVABILI

Eleonora Rocchio, che si occupa della regolazione analisi e supporto alla strategia del settore gas di Eni, ha invece evidenziato tre questioni durante il suo intervento: il ruolo del gas nella transizione energetica, il livello di sviluppo del mercato gas italiano e i miglioramenti che si possono introdurre. “Il gas è strumento anch’esso di decarbonizzazione ed è un fattore abilitante delle rinnovabili perché è grazie ad esso che possiamo pensare di investire nel breve-medio termine in rinnovabili, avendo la garanzia di una sistema elettrico sicuro. Che il gas possa contribuire al processo di decarbonizzazione che vogliamo promuovere è evidente anche a livello internazionale: basti vedere paesi come Pakistan e Cina che stanno basando sul gas la loro strategia di decarbonizzazione. Ma senza volerci allontanare dall’Europa, in Italia una evidenza emblematica è data dal livello emissivo che è significativamente minore a quello tedesco grazie al gas e alle scelte fatte qualche decennio fa. L’Italia ha già oggi un mix più pulito mentre la Germania ha molto carbone. Nel secondo caso – ha aggiunto Rocchio – le centrali a gas ci consentono di avere importanti livelli di penetrazione delle rinnovabili e di poterle incrementare senza dover preventivamente fare massicci investimenti in tecnologie ancora in una fase non pienamente matura. In Italia abbiamo un’importante dotazione infrastrutturale e rotte di importazione diversificate: importiamo da Libia, Algeria, Russia dai mercati liquidi del Nord Europa e grazie al Gnl siamo aperti a tutto il mondo: stanno arrivando carichi da Qatar, Nigeria, Usa. Un sistema diversificato che inoltre anche importanti infrastrutture di stoccaggio. Infine, abbiamo un impianto regolatorio che consente un utilizzo efficiente delle infrastrutture per lo stoccaggio e la rigassificazione. E un livello di liquidità dell’hub del gas analogo a quello di altri hub regionali europei. Insomma, in Italia ci sono stati importanti miglioramenti anche se ci sono punti su cui occorre lavorare: uno lo spread tra il mercato italiano e gli altri su cui è necessario intervenire sulla regolazione delle tariffe di trasporto perché lo spread è condizionato proprio dai costi di trasporto dal nord Europa. Già da subito però si può avviare un monitoraggio affinché le altre autorità definiscano le tariffe in modo corretto per evitare trasferimenti dei costi da un paese all’altro. Un secondo tema è l’allocazione degli oneri gas: ad esempio quelli per finanziare gli investimenti che sono applicati non solo ai consumi ma anche alle centrali, elemento che produce due paradossi: per recuperare in tre anni 1,5 miliardi di oneri da gas utilizzato per la produzione rischiamo di farne pagare 3 al consumatore beneficiando le importazioni elettriche da paesi esteri. Senza dimenticare che così andiamo a minare la competitività del gas rispetto al carbone dando un segnale opposto a quelli degli obiettivi di decarbonizzazione”, ha concluso Rocchio.

IL GAS E L’ELETTRICITÀ PIÙ CARA D’EUROPA È ITALIANA? È SOLO UN MITO

“Voglio sfatare subito un mito che si legge spesso e cioè che abbiamo il gas e l’elettricità al consumatore più cara d’Europa. È vero se includiamo le tasse per quanto riguarda il gas non è vero se le escludiamo; e nel caso dell’energia elettrica non è vero in entrambi i casi. Il prezzo è quindi sostanzialmente allineato alla media europea a meno che non ci confrontiamo con la Francia o la Gran Bretagna – ha evidenziato l’ad di Eni gas e luce Alberto Chiarini -. Sul piano della liberalizzazione possiamo dire che gli operatori del gas ed elettrici sono tantissimi. È una situazione che ha un solo paragone che è la Germania dove esiste un sistema di municipalizzate simile a quello italiano. Ma il messaggio che voglio dare qui è che liberalizzazione non vuol dire frammentazione ma al contrario una riduzione degli operatori per insostenibilità del sistema . A vantaggio del consumatore”. Secondo Chiarini, introdurre dei “criteri di ammissibilità per l’elenco venditori” incentiverebbe “un po’ la riduzione di questa frammentazione. Per quanto riguarda il mercato del gas è molto diverso da quello elettrico in primis per motivi di dimensioni. Nel primo caso la liberalizzazione sarebbe solo quella di eliminare la tariffa di maggior tutela ma la situazione di mercato è di fatto già liberalizzato. Diverso il caso dell’elettricità dove i primi tre player hanno l’81% del mercato”, ha concluso.

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