Buone notizie dalla gestione dei rifiuti, che aiuta l’Italia a mantenere il primo posto in Ue per circolarità. Non mancano però i tasti dolenti. Tutti i numeri del “Sesto Rapporto sull’Economia Circolare” di Circular Economy Network e ENEA
L’Italia conserva a fatica il primo posto tra le cinque maggiori economie europee per circolarità delle risorse grazie alla gestione dei rifiuti. I campioni della circolarità sono le piccole e medie imprese, la maggior parte delle quali realizza pratiche di economia circolare. È quanto emerge dal “Sesto Rapporto sull’Economia Circolare”, realizzato dal Circular Economy Network ed ENEA, presentato oggi a Roma. Tutti i numeri.
ECONOMIA CIRCOLARE, LA CLASSIFICA UE
La gestione dei rifiuti proietta l’Italia al primo posto in Ue per circolarità. Il Sesto Rapporto sull’Economia Circolare, che assegna al nostro Paese 45 punti nella classifica stilata sulla base degli indicatori della Commissione europea: produzione e consumo, gestione dei rifiuti, materie prime seconde, competitività e innovazione, sostenibilità ecologica e resilienza.
La classifica della circolarità vede al secondo posto la Germania (38), seguita da Francia (30) Polonia e Spagna (26). Il risultato positivo dell’Italia deriva soprattutto dalla gestione dei rifiuti.
LE PMI ACCELERANO
Le nostre risorse hanno una produttività quasi doppia rispetto alla media europea (2,5 € per chilo): 3,7 euro di prodotto interno lordo per ogni chilo utilizzato (+2,7% sul 2018). Un successo che si deve in gran parte a piccole e medie imprese. Il numero di aziende che mette in atto pratiche di economia circolare è raddoppiato rispetto al 2021, salendo al 65% di quelle intervistate nell’ambito del “Sesto Rapporto sull’Economia Circolare”.
Tuttavia, 12,4 miliardi di euro di investimenti (0,7% del PIL) non bastano ad aggiudicarsi il primo posto tra le cinque maggiori economie europee. Infatti, il nostro Paese si posiziona al terzo posto per spesa circolare dietro Germania e Francia. Complessivamente, nel 2021 nel Continente sono stati investiti 121,6 miliardi di euro (0,8% del PIL).
Una performance positiva che ha effetti positivi anche sul lavoro. Gli occupati nel settore sono aumentati del 4% rispetto al 2017 (613.000), il 2,4% dell’Ue, posizionandoci al secondo posto dopo la Germania. Inoltre, nel 2021 in Italia il valore aggiunto relativo ad alcune attività di economia circolare è ammontato a 43,6 miliardi di euro, il 2,5% del totale dell’Unione Europea (299,5 miliardi di euro).
ECONOMIA CIRCOLARE, DOVE ECCELLIAMO
L’Italia eccelle in Ue per tasso di riciclo dei rifiuti in generale e di RAEE, in particolare. Nel 2021 il nostro Paese ha raggiunto un tasso di riciclo di rifiuti di imballaggio del 71,8, +8% rispetto alla media europea. Il riciclo di rifiuti urbani è salito del 3,4% tra il 2017 e il 2022, mentre è calata anche la quantità di rifiuti pro capite urbani prodotti, che si attesta sui 494 kg per abitante del 2022.
Arrivano buone notizie anche sul fronte del ricilo dei rifiuti di apparecchiature elettroniche (RAEE). Infatti, nel 2021 l’Italia ha viaggiato su una media dell’87,1%, -2% rispetto 2017, contro una media europea dell’81,3%.
I TASTI DOLENTI
Non è però tutto rose e fiori. Infatti, dal rapporto emerge che il consumo di materiali in Italia nel 2022 è aumentato dell’8,5% rispetto alle 12,8 tonnellate per abitante. Il dato forse più preoccupante riguarda le importazioni di materiali, più del doppio rispetto alla media europea (46,8%).
“Puntare sulla circolarità deve essere la via maestra per accelerare la transizione ecologica e climatica e aumentare la competitività delle nostre imprese”, ha dichiarato Edo Ronchi, presidente del Circular Economy Network.
Il riciclo delle materie prime critiche, in particolare, sarà uno dei temi centrali dei prossimi anni. Parliamo infatti di materiali necessari per attività economiche che rappresentano l’11,4% del fatturato dell’intero settore manifatturiero italiano. Già oggi dipendiamo principalmente dalla Cina per l’approvvigionamento di terre rare necessarie per la transizione green. Infatti, il Paese asiatico detiene la maggior parte delle riserve mondiali di questi minerali ed è il principale fornitore al mondo di terre rare raffinate. Ma la situazione rischia di peggiorare in futuro perché si stima che le richieste di terre rare dovrebbero decuplicare al 2050. Recuperare queste materie prime dal riciclo di materiali a fine vita è una pratica meno inquinante dell’estrazione e consente di accedere a fonti con concentrazioni maggiori di terre rare, secondo il rapporto.
“Ancora di più per un Paese povero di materie prime e soprattutto, nel contesto attuale, caratterizzato da una bassa crescita e dai vincoli stringenti del rientro del debito pubblico. L’Italia può e deve fare di più per promuovere e migliorare la circolarità della nostra economia, con misure a monte dell’uso dei prodotti per contrastare sprechi, consumismo e aumentare efficienza e risparmio di risorse nelle produzioni; nell’uso dei prodotti, promuovendo l’uso prolungato, il riutilizzo, la riparazione, l’uso condiviso; e a fine uso, potenziando e migliorando la qualità del riciclo e l’utilizzo delle materie prime seconde”, ha aggiunto Ronchi.