Eph, Bkw e Macquarie si interessano alle centrali idroelettriche della Lombardia. Chiedere una proroga del Pnrr oltre il 2026 libererebbe 10 miliardi secondo De Novellis (Ref Ricerche). Tavares: “I dazi alle cinesi sono una trappola”. La rassegna Energia
Le centrali idroelettriche nazionali fanno gola ai gruppi stranieri. Mancano 4 giorni alla chiusura delle domande di partecipazione al bando per le prime due centrali che producono energia idroelettrica pubblicato dalla Regione Lombardia e tre grandi gruppi hanno chiesto informazioni aggiuntive: Eph, Bkw e Macquarie, che ha partecipazioni in Autostrade e Open Fiber. Intanto, gli operatori sono sempre più preoccupati. “Chiedere una proroga del Pnrr, oltre il 2026, non è lesa maestà. Consentirebbe una spesa più serena delle risorse. E anche di liberarne una parte, ad esempio 10 miliardi, per alleggerire il taglio inevitabile sulla spesa”. Fedele De Novellis, economista di Ref Ricerche, commenta così l’opzione di posticipare la scadenza del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. I dazi europei sulle importazioni di automobili cinesi rappresentano una trappola, secondo l’ad di Stellantis, Carlos Tavares, che ha sottolineato che è possibile aggirare facilmente le restrizioni aprendo siti sul territorio europeo, approfittando anche dei sovvenzionamenti pubblici. La rassegna Energia.
ENERGIA, PARTONO GARE E GRUPPI STRANIERI INTERESSATI A CENTRALI IDROELETTRICHE
“I timori che erano stati espressi da più parti si stanno rivelando reali. Alle gare per le concessioni idroelettriche scadute sono interessati gruppi stranieri di varia natura, sia industriali che finanziari. Lo si vedrà con chiarezza il 18 ottobre, ultimo termine per l’invio delle domande di partecipazione al bando per le prime due centrali che la Regione Lombardia ha deciso di mettere a gara, nonostante i ricorsi pendenti: quella di Codera Ratti-Dongo, da 19 MW in gestione a Edison e quella di Resio da 4 MW in capo a A2a. Per queste due piccole centrali idroelettriche si vocifera che siano interessati il gruppo ceco Eph del miliardario Daniel Kretinsky, la svizzera Bkw, e forse anche il fondo australiano Macquarie, già presente in Italia in Autostrade e Open Fiber. Ma la certezza si avrà solo il 18 ottobre quando si apriranno le buste, dal momento che per ora questi tre gruppi hanno chiesto informazioni aggiuntive sul bando e quindi si presume che siano interessate a fare un’offerta. Tutto ciò potrebbe essere solo l’inizio. In Lombardia si produce il 25% dell’energia idroelettrica italiana e 20 concessioni sono già scadute. Le più grandi sono quelle dell’Enel che però andranno avanti fino al 2029. Ma in assenza di indicazioni normative diverse la Regione Lombardia intende andare avanti con le gare, gli uffici preposti stanno preparando altri bandi anche se non si sa ancora per quali centrali tra quelle scadute”, si legge su La Repubblica Affari & Finanza.
“(…) tre modalità con cui si può privatizzare la gestione degli impianti alla scadenza della concessione, con la proprietà di detti impianti (i beni bagnati) che invece che allo Stato passa gratuitamente alle Regioni. Le tre modalità sono 1) gara pura, 2) partnenariato pubblico- privato e 3) società miste. Anche in virtù di tale legge italiana nel 2021 la Ue ha deciso di archiviare la procedura di infrazione per tutti i paesi su cui gravava, ma per quanto riguarda l’Italia è intervenuto il governo Draghi che nell’ambito dell’accordo sul Pnrr ha introdotto tra le riforme da fare previste nel decreto concorrenza anche la messa a gara delle concessioni idroelettriche. (…) Ne è venuta fuori una cosiddetta “quarta via” che non è in contrasto con le norme Ue ma richiede una negoziazione a livello di Pnrr. La quarta modalità per riassegnare le concessioni implica una trattativa diretta tra Regione e concessionario uscente che in base a un piano di investimenti permetta di arrivare a un prezzo di mercato che la Regione è libera di accettare o meno”, continua il giornale.
“(…) L’assessore all’Energia della giunta Fontana, Mssimo Sertori, che ha aperto le gare per le prime due centrali finora gestite da A2a ed Edison. «Noi stiamo semplicemente applicando le norme in vigore — dice Sertori — avevamo contribuito attivamente a mettere a punto la variante della trattativa diretta ma al momento non è una modalità prevista dalla legge». In pratica i gestori italiani ora sperano che con Fitto commissario europeo e con la delega al Pnrr si possa negoziare con la Ue l’introduzione delle norme sulla trattativa diretta e allontanare lo spettro di una calata degli stranieri in Italia alla conquista delle concessioni idroelettriche, un settore altamente strategico per il paese. Il settore garantisce infatti circa il 20% della produzione totale di energia elettrica e rappresenta oltre il 40% della generazione rinnovabile, contribuendo alla sicurezza del sistema elettrico nazionale, all’autonomia nel settore energetico e al raggiungimento degli obiettivi su clima ed energia. Inoltre con la riassegnazione al gestore uscente si potrebbero sbloccare investimenti per circa 15 miliardi di cui il settore ha enormemente bisogno. «La messa a gara crea un’ingiustificata asimmetria di mercato a discapito della competitività delle imprese italiane e della sicurezza di asset strategici per il Paese — sostiene di Marco Stangalino, direttore Power Asset Edison — inoltre le gare contengono un errore estremamente pregiudizievole: la stima, definita in modo arbitrario dalla Regione, del valore dei beni di proprietà degli operatori ha una valutazione di 20 volte inferiore rispetto al reale valore, come anche indicato nei bilanci societari»”, continua il giornale.
ENERGIA, DE NOVELLIS (REF RICERCHE): “PROROGANDO IL PNRR SI LIBERANO 10 MILIARDI
“«Chiedere una proroga del Pnrr, oltre il 2026, non è lesa maestà. Consentirebbe una spesa più serena delle risorse. E anche di liberarne una parte, ad esempio 10 miliardi, per alleggerire il taglio inevitabile sulla spesa». Fedele De Novellis, economista e partner di Ref Ricerche, istituto di analisi economica, non trova corretto parlare di austerity nel Psb. Il nuovo Piano di bilancio contiene la crescita della spesa nominale all’1,5% medio annuo. Ma considerando l’inflazione, la spesa reale calerà del 2% in cinque anni. (…) «Abbiamo un eredità pesante, veniamo da un deficit del 7,4% e dobbiamo portarlo sotto al 3%. Per farlo è inevitabile contenere la spesa. E la traiettoria disegnata dal governo nel Psb è coerente con quell’aggiustamento del saldo. Pesante, certo. Come la nostra eredità, d’altro canto». (…) «Il vecchio Patto di stabilità ci chiedeva il pareggio di bilancio nel medio-termine. Con il nuovo dobbiamo tendere all’1,5%. L’Europa non ci impone di tagliare la spesa. Ma di mantenere un profilo coerente con il rispetto del vincolo sui saldi. Se tutto l’aggiustamento è sulla spesa, questa dovrà crescere meno del Pil. Dopodiché se il governo vuole fare più spesa può farlo, non è proibito. Ma deve finanziarla con maggiori tasse»”, si legge su La Repubblica.
“(…) qui intervengono le scelte politiche. E questo governo ne ha fatte due ben precise». Quali sono? «Confermare e rendere strutturale il taglio di cuneo e Irpef. E mantenere un livello molto elevato di investimenti pubblici, il doppio delpre-pandemia quando il ritmo era sui 40 miliardi all’anno. Una scelta in parte condivisibile e del resto obbligata per via del Pnrr. Ma questa enorme spesa spiazza le altre, tra l’altro ingolfando una macchina amministrativa non certo abituata a smaltire una mole di risorse così»”, continua il giornale.
“Si può provare a chiedere una proroga a Bruxelles per allungare la scadenza del Pnrr, ad esempio di un anno, per diluire la spesa e creare uno spazio fiscale da 10 miliardi da usare per rafforzare la spesa, ad esempio la sanità». (…) «Ci sono due fattori da considerare.
Quello interno, con la spinta del Superbonus esaurita e una contrazione nelle costruzioni. E uno esterno, la frenata della Germania, specie nel settore auto. Questi due canali possono portare giù il nostro Pil, attorno al +0,8% sia quest’anno che il prossimo. Ma intendiamoci, visto il sentiero di aggiustamento dei conti, ci metterei la firma»”, continua il giornale.
AUTO, TAVARES (STELLANTIS): “DAZI ALLE CINESI SONO UNA TRAPPOLA”
“È stato annunciato come una “festa” il Salone mondiale dell’automobile che comincia oggi al Parco delle esposizioni di Porte de Versailles, a sud-ovest di Parigi, dove rimarrà aperto fino alla prossima domenica. Uno degli ultimi grandi appuntamenti internazionali dedicati all’automotive organizzato in Europa, dove la kermesse di Ginevra ha chiuso definitivamente i battenti e quella di Francoforte ha traslocato a Monaco. L’edizione parigina invece resiste, anzi si fa ancora più grande raddoppiando la superficie dell’esposizione rispetto al precedente salone del 2022, quasi a voler dimostrare che questo tipo di eventi ha ancora un senso per il settore, sempre più scosso da incertezze, soprattutto nel Vecchio Continente. Un appello al quale i principali gruppi hanno risposto presente, così come il presidente Emmanuel Macron che proprio oggi farà visita al salone. In tutto sono una cinquantina i marchi presenti, tra cui molti pronti a svelare le loro ultime novità. Ma la congiuntura non è delle più rosee”, si legge su La Stampa.
“(…) Un momento “darwiniano” nel quale bisogna «adattarsi o sparire», secondo Carlos Tavares, che in un’intervista rilasciata a Les Echos ha ricordato l’importanza di abbassare i costi di produzione per far calare di conseguenza i prezzi, mentre Maurizio Landini, si inseriva nelle recenti tensioni tra l’azienda franco-italiana e il governo: «Salvini dice che Tavares deve vergognarsi? Dov’era il ministro in questi anni, accorgersi adesso che siamo in questa situazione è un po’ tardi, il governo apra una trattativa», ha chiesto ieri sera il segretario della Cgil intervenendo a’In altre parole’su La7. «La politica non sia ipocrita, ci sono miliardi di euro dati a pioggia, non voglio certo difendere Tavares», ha specificato il sindacalista, secondo il quale non c’è «alcun progetto industriale da parte di Stellantis». (…) Secondo le stime di AlixPartner, nel 2030 le vetture cinesi avranno raddoppiato la loro presenza nel mercato europeo, ottenendo una fetta del 12%. Uno scenario da incubo per i costruttori”, continua il giornale.
“«Chiudere le frontiere ai prodotti cinesi è una trappola», secondo Tavares, che ha ricordato la possibilità di aggirare le restrizioni aprendo siti sul territorio europeo, addirittura approfittando dei sovvenzionamenti pubblici. «Se i cinesi prendono il 10% della parte di mercato in Europa al termine della loro offensiva, vuol dire che avranno un peso da 2, 5 milioni di vetture – ha continuato Tavares – Questo rappresenta sette fabbriche di assemblaggio. I costruttori europei dovranno allora chiudere o trasferire ai cinesi». Una mossa che potrebbe portare Stellantis ad abbassare la serranda di alcuni suoi impianti, come riconosciuto dall’ad del gruppo: «Non bisogna escludere niente». (…) Per questo i traguardi decisi da Bruxelles suscitano malumori tra i 27, con l’Italia in prima fila a spingere per una revisione del piano. «Oggi il sostegno o l’opposizione al veicolo elettrico è un divario di natura politica», ha spiegato il ceo di Stellantis, riconoscendo il «problema di coerenza tra l’Unione e alcuni dei Paesi membri»”, continua il giornale.