Ciciliano (Protezione Civile): “Tutta Italia è a rischio idrogeologico”. L’Italia deve raddoppiare gli sforzi per tagliare la CO2 per raggiungere target Ue. Aie: “Siamo nell’era dell’elettricità”. La rassegna Energia
Tutta Italia è a rischio idrogeologico. È l’allarme lanciato da Fabio Ciciliano, nuovo capo dipartimento della Protezione Civile. “L’Italia è un po’ tutta come l’Emilia-Romagna, le amministrazioni locali, ognuno per la propria parte, Comuni, Regioni e anche le prefetture, devono pensare all’ordinario, alle attività di prevenzione sul territorio. Strutturali e non»”, ha detto in un’intervista a Il Corriere della Sera, sottolineando che il volontariato non basta più per far fronte agli effetti degli eventi climatici estremi. Di questo passo, l’Unione Europea e l’Italia non riusciranno a raggiungere i target Ue di riduzione delle emissioni di CO2. L’obiettivo è un taglio del 55% entro il 2030. Infatti, il nostro Paese nei prossimi anni dovrebbe raddoppiare la quantità di anidride carbonica evitata, fino ad arrivare a 21 MtCO2eq/anno, secondo uno studio della School of Management del Politecnico di Milano. Il mondo è entrato nell’era dell’elettricità, secondo Laura Cozzi, responsabile dell’Outlook dell’International Energy Agency. L’esperta ha anticipato anche che avremo energia sempre più economica grazie alla forte crescita di tutte le fonti, rinnovabili in primis. In particolare, la domanda di elettricità crescerà di tre volte rispetto all’ultima decade. La rassegna Energia.
AMBIENTE, CICILIANO (PROTEZIONE CIVILE): “TUTTA ITALIA A RISCHIO IDROGEOLOGICO
“«Il 95 per cento del territorio nazionale è a rischio idrogeologico. Non c’è una regione dove è peggiore, o un territorio più al riparo di altri. Per questo serve un’attività diffusa di mitigazione degli scenari. In questo ambito bisogna tenere presente che l’autunno è appena iniziato. L’augurio è che quanto accaduto fino a oggi non si ripeta, purtroppo sospetto che non sarà così». È la diagnosi amara di Fabio Ciciliano, medico e poliziotto, il nuovo capo dipartimento della Protezione civile. (…) «La parola è sempre quella: prevenzione. Noi siamo come il medico del pronto soccorso che affronta l’emergenza, ma è il medico di base che deve fare in modo di evitare il più possibile le urgenze. L’Italia è un po’ tutta come l’Emilia-Romagna, le amministrazioni locali, ognuno per la propria parte, Comuni, Regioni e anche le prefetture, devono pensare all’ordinario, alle attività di prevenzione sul territorio. Strutturali e non». (…) «È un fatto culturale, in modo da avere giovani che fra 15-20 anni avranno un bagaglio di conoscenze nella difesa del territorio che è un patrimonio di ritorno. Inoltre, costa molto meno che affrontare tutta una serie di emergenze». (…) Ma formare una generazione di italiani sensibili a questi temi richiede tempo».(…) Dobbiamo anticipare quello che accadrà per forza di cose. Siamo consapevoli che i fenomeni atmosferici si stanno modificando ma questo non accade con i nostri comportamenti»”, si legge su Il Corriere della Sera.
“«Secondo me, oltre al volontariato, alle associazioni che non smetterò mai di ringraziare per il loro impegno sul campo, anche in questi giorni, ai giovani che continuano ad avvicinarsi alle nostre organizzazioni sul territorio, c’è ulteriore bisogno del valore aggiunto di figure tecniche, di persone in grado di valutare e agire rapidamente in situazioni di emergenza. Se riuscissimo a unire questo fattore alla prevenzione ordinaria potremmo contare su un binomio eccezionale». (…) «A noi interessa solo che il governo del territorio segua le direttive in materia di protezione civile. La governance è un aspetto tecnico e chi la gestisce in questo senso non deve guardare in faccia nessuno»”, continua il giornale.
ENERGIA, TARGET RIDUZIONE CO2 IMPOSSIBILI PER UE
“Il taglio delle emissioni di gas serra del -36% tra il 2005 e il 2023 “batte” quello europeo del -26%, ma rispetto al 1990 si ferma al -26% (contro il -29% della Ue) e presumibilmente non permetterà all’Italia di raggiungere i target imposti dal piano che fissa, a livello comunitario, un taglio della Co2 del 55% entro il 2030. Un obiettivo ambizioso che – evidenzia il report Zero Carbon Policy Agenda 2024, realizzato da Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano – risulta essere difficilmente sostenibile su scala europea. «Per come stanno le cose oggi non saremo in grado di raggiungere questi target ambiziosi – spiega Vittorio Chiesa, direttore di Energy&Strategy – e avere a che fare con obiettivi più realistici ci aiuterebbe a uscire dalla contrapposizione politica su alcuni temi e arrivare al 2030 avendo fatto progressi». Secondo il report, che Il Sole 24 Ore anticipa in esclusiva e che sarà presentato domani a Milano, negli ultimi 28 anni il nostro Paese ha tagliato circa 12 megatonnellate di anidride carbonica equivalente (MtCO2eq: l’unità di misura dei gas serra, ndr) all’anno, grazie a una riduzione dei consumi energetici, alla delocalizzazione, alla crescita delle energie rinnovabili e a una maggiore efficienza energetica. (…) Per raggiungere il target europeo del 2030, però, il taglio dei gas serra dovrebbe viaggiare a una velocità quasi doppia, arrivando a 21 MtCO2eq/anno, grazie a un focus su alcuni settori che hanno ancora un impatto troppo elevato: i trasporti (28%), la produzione di energia e calore (20%), che però nel periodo 2005-2023, ha quasi dimezzato le emissioni, e i consumi residenziali e commerciali (16%). «In tutta Europa i trasporti sono arrivati tardi sulla strada della decarbonizzazione, ma la situazione italiana è più critica – commenta Davide Chiaroni, vicedirettore di Energy&Strategy e reponsabile dello studio-“, si legge su Il Sole 24 Ore.
“Il taglio delle emissioni per arrivare alla neutralità climatica entro il 2050 – toccando prima il «traguardo per il 2040» al -90% presentato dalla Commissione a febbraio – si inserisce nel più ampio percorso della transizione green che ha richiesto sforzi importanti dal punto di vista economico. Nel 2023 l’Italia ha investito nella decarbonizzazione oltre 127 miliardi di euro tra fondi pubblici e privati, oltre un quarto del totale degli investimenti realizzati nel Paese: 90 miliardi nell’efficienza energetica (con il traino del Superbonus), quasi 20 miliardi nella spinta verso un’economia più circolare, circa 10 miliardi sono andati nelle rinnovabili, poco meno di 5 miliardi sono stati impiegati nella mobilità sostenibile. Parte di questi fondi sono arrivati dagli stanziamenti europei nell’ambito di Next Generation Eu – con l’Italia primo Paese per assegnazioni, oltre 194 miliardi – e di Repower Eu”, continua il giornale.
ENERGIA, COZZI (AIE): “SIAMO ENTRATI NELL’ERA DELL’ELETTRICITA’, GIU’ I PREZZI”
“Dopo l’era del carbone e l’era del petrolio, il mondo è entrato nell’era dell’elettricità. Per Laura Cozzi, responsabile dell’Outlook dell’International Energy Agency, questa è la prima notizia che emerge dal World Energy Outlook 2024, la cui ultima edizione è stata pubblicata la scorsa settimana. La seconda notizia è che avremo energia sempre più a buon mercato, perché nei prossimi anni assisteremo a una forte crescita di tutte le fonti, soprattutto fra le rinnovabili. «Nell’ultima decade l’elettricità è cresciuta a una velocità doppia rispetto alla domanda totale di energia. Ma da qui al 2035 è destinata a crescere a una velocità ancora superiore: il rapporto passerà da 2 a uno a 6 a uno», prevede Cozzi. Il futuro, dunque, sarà sempre più elettrico e sempre meno fossile. Da cosa dipende questa crescita? «La domanda di elettricità galoppa trainata soprattutto dal boom dell’auto elettrica, ma anche dalla domanda crescente di pompe di calore, digitalizzazione e intelligenza artificiale».”, si legge su L’Economia de Il Corriere della Sera.
“«È una storia globale, con la Cina in testa, per ragioni puramente economiche. Pechino ha l’economia più elettrificata del mondo, perché l’import dei combustibili fossili costa troppo. A oggi, l’import di fossili pesa 500 miliardi di dollari all’anno sulla loro bilancia dei pagamenti. Per questo, Pechino vede l’elettrificazione come una delle misure chiave per mantenere bassi i costi dell’energia». (…) «Nelle economie avanzate, dopo dodici anni di domanda piatta, negli ultimi due anni abbiamo cominciato a vedere una notevole crescita dei consumi elettrici. Per tre ragioni: i veicoli elettrici che stanno prendendo piede anche qui, malgrado la narrazione ostile; la domanda di digitalizzazione e di intelligenza artificiale; l’elettrificazione dei riscaldamenti. (…) cresce al posto del petrolio nell’auto elettrica e al posto del gas negli impianti di riscaldamento. Al contempo, cresce la transizione alle fonti rinnovabili nella generazione, infatti in questo Outlook confermiamo che i consumi globali di fonti fossili stanno per raggiungere il loro picco e poi cominceranno a calare. Di conseguenza caleranno anche le missioni»”, continua il giornale.
“«Siamo ancora lontani dagli obiettivi dell’Accordo di Parigi: se andiamo avanti così non riusciremo a limitare il riscaldamento climatico a 2°C o addirittura a 1,5°C sul lungo periodo. In base ai nostri calcoli, di questo passo arriveremo a 2,4°C, un livello di riscaldamento catastrofico per l’umanità». (…) «Non siamo al passo né sulla triplicazione delle rinnovabili, né sul raddoppio dell’efficienza energetica al 2030, come indicato dalla Cop28, che ha tracciato il primo bilancio dei progressi. Per l’efficienza serve uno sforzo in più: ora cresce attorno a un punto e mezzo all’anno, invece serve una crescita del 4%». (…) «Sulle rinnovabili siamo messi meglio, di questo passo arriveremo a una crescita della capacità installata di 2,7 volte al 2030, quindi siamo vicini alla triplicazione. (…) Invece le reti e gli accumuli non stanno dietro a tutte le nuove installazioni e quindi una parte dell’energia pulita che potrebbe essere prodotta viene bloccata per non sovraccaricare le reti». (…) «Di due tipi: il primo è un danno economico, perché le fonti pulite sono anche le più convenienti e abbassano il prezzo dell’elettricità, il secondo è un danno ambientale, perché non si possono spegnere le centrali a fonti fossili e quindi le emissioni restano elevate. Ecco perché stiamo spingendo tanto per far capire ai Paesi che di pari passo con la capacità rinnovabile devono crescere anche le reti e gli stoccaggi, altrimenti i conti non tornano»”, continua il giornale.