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Urso: “Servono risorse significative Ue per imprese e acquisto auto green”. Fornitori in crisi, servono 4 miliardi. Aumento produzione petrolio Opec+ rimandata. Che c’è sui giornali

Urso: “Servono risorse significative Ue per le imprese dell’automotive e per l’acquisto di auto green”. Fornitori automotive in crisi, servono 4 miliardi. Rimandato al 5 dicembre vertice Opec+ per decidere su risalita della produzione di petrolio. La rassegna Energia

Il piano italiano per la transizione dell’automotive raccoglie sempre più consensi in Ue ma ci sono contrari illustri: Germania e Spagna. “Servono risorse significative a sostegno delle imprese, come fanno gli Stati Uniti; politiche commerciale di tutela dalla concorrenza sleale, come fanno altri continenti; e un sostegno importante (…) anche alle famiglie europee che oggi non si possono permettere di comprare un’auto elettrica o ecologicamente sostenibile”, ha commentato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. La crisi globale dell’auto sta mettendo in ginocchio i fornitori dell’industria automotive. I 2,5 miliardi di costi straordinari di ristrutturazione si sommano alle spese per ricerca e sviluppo e al calo della produzione (-3,5%) e della domanda. Le stime di Moody’s parlano di un leggero miglioramento della redditività nel 2025, con i margini Ebita dei fornitori europei che potrebbero passare dal 5,5% del 2024 al 6,4%, ma la crisi continuerà a pesare sul comparto. Secondo le stime servirebbe una manovra da 4 miliardi. «L’11 dicembre ci fermiamo per un mese, per poi riprendere nel 2025: al momento lavoriamo al 55-60% della capacità» ha detto il numero 1 di Zanardi Fonderie, Fabio Zanardi. Tutto rimandato per la risalita della produzione di petrolio dell’Opec+. Infatti, il vertice importante per l’immediato futuro dell’energia, poiché si dovrebbero aggiornare i piani per la riapertura dei rubinetti, è stato rinviato da domenica a giovedì 5 dicembre. Una scelta che secondo alcuni osservatori sarebbe stata almeno in parte motivata dalla necessità di prolungare le trattative riguardo decisioni non semplici. La rassegna Energia.

AUTO, URSO (MIMIT): “CAMBIARE POLITICA UE, RISORSE PER IMPRESE”

“La crisi del settore automobilistico sta diventando una priorità per un numero crescente di paesi europei. In una riunione ministeriale ieri qui a Bruxelles, la questione è stata al centro delle discussioni dei ministri dell’Industria. C’è una crescente consapevolezza sia tra i paesi membri che nel Parlamento europeo di dover affrontare insieme la grave situazione industriale, ma vi sono ancora divergenze sulle misure da prendere. «La discussione ha mostrato chiaramente che le politiche ambientali devono essere in sintonia con le politiche industriali», ha spiegato alla fine della riunione ministeriale il presidente di turno, l’ungherese Márton Nagy. «Tutti per ora ribadiscono l’obiettivo del 2035», data entro la quale mettere al bando il motore a benzina o diesel. «Differenze ci sono sulla possibilità di anticipare al 2025 la clausola di eventuale revisione di questo testo legislativo». (…) «Siamo particolarmente soddisfatti della larga convergenza delle posizioni espresse dai Paesi sul nostro documento negoziale dedicato all’automobile che abbiamo presentato insieme alla Repubblica Ceca» e ad altri sei Paesi, ha detto ieri il ministro delle imprese Adolfo Urso”, si legge su Il Sole 24 Ore.

“Nel loro documento i sette governi chiedono una revisione anticipata del regolamento che mette al bando il motore ad emissioni dal 2035 in poi, e soluzioni per evitare le multe legate al non rispetto dei tetti alle emissioni nel 2025. Dietro a un consenso di massima possono nascondersi differenze sulle misure da adottare. Ciò detto, per parte italiana, il ministro Urso ha spiegato che servono «risorse significative a sostegno delle imprese, come fanno gli Stati Uniti; politiche commerciale di tutela dalla concorrenza sleale, come fanno altri continenti; e un sostegno importante (…) anche alle famiglie europee che oggi non si possono permettere di comprare un’auto elettrica o ecologicamente sostenibile». Parlando a Strasburgo questa settimana, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha spiegato di voler affrontare personalmente la deriva dell’industria automobilistica, convocando una riunione delle case produttrici (si veda Il Sole 24 Ore di ieri). (…) il capogruppo del partito popolare al Parlamento europeo Manfred Weber ha ribadito che la data del 2035 è appropriata, ma ha spiegato che egli è a favore di «evitare le multe» contro le società che nel 2025 non avranno rispettato i tetti di emissioni nocive a livello di flotta. Si è anche detto aperto ad affrontare questioni tecnologiche, quali l’uso dei carburanti biologici o sintetici, nell’ambito della messa al bando dei motori a benzina o diesel”, continua il giornale.

ENERGIA: FORNITORI AUTO IN CRISI, SERVE MANOVRA DA 4 MILIARDI CONTRO CRISI GLOBALE

La crisi globale dell’auto sta mettendo in ginocchio i fornitori dell’industria automotive. I 2,5 miliardi di costi straordinari di ristrutturazione si sommano alle spese per ricerca e sviluppo e al calo della produzione (-3,5%) e della domanda. Le stime di Moody’s parlano di un leggero miglioramento della redditività nel 2025, con i margini Ebita dei fornitori europei che potrebbero passare dal 5,5% del 2024 al 6,4%, ma la crisi continuerà a pesare sul comparto. Secondo le stime servirebbe una manovra da 4 miliardi. «L’11 dicembre ci fermiamo per un mese, per poi riprendere nel 2025: al momento lavoriamo al 55-60% della capacità» ha detto il numero 1 di Fonderie, Fabio Zanardi.

“I fornitori europei di componenti per l’industria automobilistica stanno vivendo una fase complicata. Tra costi straordinari di ristrutturazione per 2,5 miliardi di euro e tagli dei costi programmati per i prossimi anni stimati in 1,8 miliardi, il comparto si sta riorganizzando per fronteggiare le difficoltà crescenti del mercato. Un report di Moody’s (nel quale non è preso in considerazione il gigante tedesco Bosch) evidenzia la portata di questa trasformazione imposta dal processo di elettrificazione. Il 2024 si è rivelato un anno particolarmente critico per il settore automobilistico europeo, con un calo del 3,5% nella produzione. (…) In aggiunta, i fornitori europei si trovano a dover sostenere costi crescenti per la ricerca e lo sviluppo, necessari per mantenere il passo in ambiti come l’automazione e la guida autonoma. (…) Si calcolano tra 27 mila e 30mila posti di lavoro in meno entro il 2028 tra i player presi in esame da Moody’s nel report di Goetz Grossmann, Matthias Heck e Christian Hendker. Bosch una settimana fa ha annunciato ulteriori 5.500 tagli”, si legge su Il Sole 24 Ore.

“Il mercato cinese, il più grande al mondo per vendite di auto, rappresenta un ostacolo significativo. I produttori locali, sostenuti da un ecosistema industriale sempre più robusto, erodono le quote di mercato delle aziende europee. I fornitori europei, spesso poco rappresentati presso le case automobilistiche cinesi, forniscono un numero di componenti per veicolo inferiore rispetto ai concorrenti asiatici. Secondo Moody’s, nel terzo trimestre, aziende come Valeo, Forvia, Schaeffler e Continental hanno registrato in Cina un calo dei ricavi compreso tra il 6% e il 13,5%, molto superiore al calo del 2,6% della produzione locale di automobili. (…) Le previsioni per il 2025 offrono spiragli di ripresa, ma restano caute. Moody’s stima un leggero miglioramento della redditività, con i margini Ebita dei fornitori europei che potrebbero passare dal 5,5% del 2024 al 6,4%”, continua il giornale.

“«L’11 dicembre ci fermiamo per un mese, per poi riprendere nel 2025: al momento lavoriamo al 55-60% della capacità». L’ultimo inatteso stop prolungato, per le Fonderie di Fabio Zanardi, 215 addetti, era accaduto nel 2009, nel pieno della crisi Lehman Brothers. Solo allora era stato necessario un blocco extra della fabbrica per adeguarsi al calo della domanda. Situazione che per l’azienda e per altre realtà del comparto si verifica ora nuovamente, con un rallentamento a valle di molti settori di sbocco e più richieste di Cassa Integrazione da parte delle imprese. Esito di un quadro 2024 negativo, che vede nel terzo trimestre un netto peggioramento per il settore, che in termini di output, nelle rilevazioni dell’associazione di categoria Assofond, presieduta dallo stesso Zanardi, segna un -13,7%. Analogamente anche i ricavi flettono a doppia cifra: giù di 12 punti su base annua, di quasi 18 nel confronto con il periodo precedente”, si legge su Il Sole 24 Ore.

“«Chi lavora per l’automotive – sottolinea Zanardi – aveva potuto beneficiare di una domanda tutto sommato accettabile, mentre le fonderie che realizzano prodotti per meccanica, macchine agricole, movimento terra ed edilizia hanno visto acuirsi una crisi già evidente nei mesi precedenti, con cali vicini o superiori al 30%. (…) a partire dall’ultimo trimestre anche il settore automotive è entrato in una fase di forte crisi e sta impattando sui volumi. Finora il 2024 vede per il settore una flessione media del 10% ma il dato di fine anno sarà decisamente peggiore». (…) Dall’analisi effettuata tra le aziende risulta come il 91% del campione abbia registrato un calo di produzione rispetto al periodo aprile-giugno, con spiegazioni che tengono conto del minor numero di giornate lavorate (52%) ma anche della riduzione della domanda (48%)”, continua il giornale.

“Negativa anche la rilevazione qualitativa sulla fiducia del settore, che si pone ancora una volta (41) ampiamente al di sotto della soglia di neutralità di 50, così come in sofferenza è l’indice che guarda alle attese per il semestre successivo, che raggiunge il valore più basso degli ultimi sei mesi. Nel complesso, guardando ai dati Istat, prendendo come base la media del 2021, l’indice generale delle fonderie si pone 22 punti al di sotto di questa soglia, performance peggiore di 16 punti rispetto alla media generale dell’industria. «Lo scenario globale resta incerto – commenta ancora Zanardi – e l’Europa in questo momento gioca la parte del proverbiale vaso di coccio: il gap di produttività che paghiamo nei confronti delle grandi potenze economiche mondiali è fortissimo ed è il risultato di anni di mancati investimenti. (…) L’unica via per salvare la nostra industria è quella indicata dal rapporto Draghi: incrementare la competitività e la produttività europea attraverso grandi investimenti. Viceversa, non potremo che assistere alla progressiva desertificazione industriale dell’Ue»”, continua il giornale.

ENERGIA: PETROLIO, DUBBI AUMENTI PRODUTTIVI OPEC+

Tutto rimandato per la risalita della produzione di petrolio dell’Opec+. Infatti, il vertice, in cui si dovrebbero aggiornare i piani per la riapertura dei rubinetti è stato rinviato da domenica a giovedì 5 dicembre. Una scelta che secondo alcuni osservatori sarebbe stata almeno in parte motivata dalla necessità di prolungare le trattative riguardo decisioni non semplici.

“La risalita della produzione di petrolio dell’Opec+ sembra allontanarsi ulteriormente nel tempo. Il prossimo vertice, in cui la coalizione dovrebbe aggiornare i piani per la riapertura dei rubinetti, è stato rinviato di quattro giorni, da questa domenica a giovedì 5 dicembre. E il sospetto tra gli osservatori è che la scelta sia stata almeno in parte dettata dalla necessità di prolungare le trattative, in vista di decisioni che non si annunciano facili. Il gruppo, che per statuto è obbligato al consenso unanime sulle politiche produttive, ha già fatto slittare due volte il piano per la graduale restituzione al mercato di 2,2 milioni di barili al giorno di greggio, parte dei maxi-tagli che ha introdotto a più riprese dal 2022: l’avvio, in origine previsto a ottobre, era stato spostato prima a dicembre e poi a gennaio 2025”, si legge su Il Sole 24 Ore.

“Riad sopporta in modo sproporzionato il peso dei tagli di produzione, mentre altri – in particolare Russia, Iraq e Kazakhstan – non solo non hanno effettuato le strette promesse, ma non rispettano appieno neppure l’impegno a recuperare gli arretrati. (…) ieri è stato annunciato il rinvio dal 1° al 5 dicembre del vertice Opec+, decisione che era nell’aria e che la brevissima nota del segretariato Opec ha giustificato con la sovrapposizione di un altro evento: domenica c’è il Consiglio supremo del GCC (Gulf Cooperation Council), che riunisce sei Paesi del Golfo Persico, tra cui Arabia Saudita, Emirati arabi uniti, Kuwait, Oman e Bahrain (il sesto è il Qatar, uscito dall’Opec nel 2019)”, continua il giornale.

“La spiegazione non ha convinto, anche perché il vertice Opec+, proprio per agevolare la partecipazione di tutti, era già stato riprogrammato come incontro a distanza anziché in presenza. Fonti Reuters nel frattempo insistono che nel gruppo si discute di ulteriori rinvii dell’aumento di produzione. È probabile che un nodo in sospeso sia anche la nuova quota produttiva concessa agli Emirati, che da gennaio li autorizza ad estrarre 300mila barili al giorno in più: un “privilegio” che a questo punto senza dubbio solleva nervosismo”, continua il giornale.

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