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L’Italia ha le competenze adatte per ripartire sul nucleare ma servono quadro normativo e incentivi. L’analisi CdP

Il nuovo brief della Direzione Strategie Settoriali e Impatto di CDP, “Il dibattito sul nucleare in Italia: stato dell’arte e prospettive”, evidenzia il ruolo dell’atomo, fondamentale per “rafforzare l’autonomia strategica e la sicurezza energetica del Paese” ma anche per accompagnare la transizione sostenibile.

Cresce a livello globale la generazione di energia nucleare. Nei prossimi anni è atteso un ulteriore passo in avanti anche se si manterrà stabile il contributo al fabbisogno futuro di energia elettrica. L’Italia, dal canto suo, “possiede competenze rilevanti sia nella supply chain del nucleare sia nella ricerca: la sua ripartenza è connessa allo sviluppo di tecnologie di generazione più recenti, come gli Small Modular Reactor, e alla disponibilità di investimenti”. Ma per l’adozione su larga scala del nucleare “è necessario un quadro normativo e di incentivi che renda praticabile l’investimento: è importante inoltre rafforzare programmi e strumenti di cooperazione europea”. È quanto sottolinea un nuovo brief della Direzione Strategie Settoriali e Impatto di CDP, “Il dibattito sul nucleare in Italia: stato dell’arte e prospettive”, secondo cui il nucleare è fondamentale per “rafforzare l’autonomia strategica e la sicurezza energetica del Paese” ma anche per accompagnare la transizione sostenibile.

“È in quest’ottica che in Italia si torna a parlare di energia nucleare in chiave propositiva, a circa 40 anni da quando il Paese intraprese una via apparentemente senza ritorno – il referendum – che ne prevedeva l’abbandono sulla scia dell’incidente drammatico della centrale di Chernobyl”, si legge nella ricerca di Cassa Depositi e prestiti.

AL MOMENTO 410 REATTORI NUCLEARI IN ESERCIZIO NEL MONDO, 62 IN COSTRUZIONE per 64 GW DI CAPACITA’

“Lo scenario mondiale è fortemente mutato in conseguenza del progresso tecnologico. Se nel 2023 a livello globale erano in esercizio 410 reattori, per una capacità complessiva di 371 GW e una produzione elettrica di 2.600 TWh in grado di coprire circa il 9% del fabbisogno (nel 1996 era il 17,5), secondo gli scenari dell’International Energy Agency la generazione di energia nucleare crescerà fino a raggiungere quasi 4.000 TWh nel 2030 e circa i 5.500 TWh nel 2050, con il contributo determinante della Cina. Nonostante questo aumento atteso, il contributo del nucleare al fabbisogno futuro è stimato stabile nei prossimi tre decenni fino a ridursi al 7,7% nel 2050, in conseguenza della crescita della domanda elettrica prevista per i prossimi anni”.

Attualmente a livello globale i progetti di nuovi reattori in fase di costruzione sono 62 (28 dei quali in Cina) per una capacità produttiva di circa 64 GW.

IN ITALIA CI SONO 70 AZIENDE SPECIALIZZATE NELLA SUPPLY CHAIN NUCLEARE

Con riferimento al nostro Paese, “nell’attuale fase di rafforzamento delle volontà politiche e dell’interesse degli operatori del settore, è opportuno domandarsi quali fattori di incertezza finanziari, tecnologici e industriali tengano ancora aperto il dibattito sul nucleare – sottolinea il Bref di Cdp -. L’Italia può fare affidamento su rilevanti competenze lungo quasi tutta la supply chain – circa 70 le aziende italiane specializzate nel settore dell’energia nucleare, confermando una forte proiezione internazionale di questo comparto – e su un una ricerca all’avanguardia”.

LA SFIDA DEGLI SMR

Il ritorno al nucleare in Italia “è strettamente connesso alla effettiva disponibilità delle tecnologie più recenti, in particolare quelle di terza generazione avanzata come gli Small Modular Reactor (SMR), impianti di dimensioni ridotte che potrebbero essere già operativi dall’inizio del prossimo decennio. Questa nuova tecnologia, oltre ai benefici in termini di riduzione delle emissioni climalteranti, permetterebbe di ottenere vantaggi sia dal punto di vista dei minori tempi di costruzione con una conseguente migliore finanziabilità del singolo impianto, sia, soprattutto, da una maggiore sicurezza e dalla possibilità di abbinarla a molteplici usi, quali la cogenerazione per uso industriale o la produzione di idrogeno verde. Peraltro, i costi di investimento complessivo nelle nuove centrali, al momento ancora in fase di sviluppo, presentano ancora una notevole variabilità: oltre a quelli tipici ed elevati della generazione nucleare, fra cui quelli per il decommissioning al termine della vita utile, si aggiungono le incertezze da risolvere su aspetti tecnologici e regolatori, nonché la necessaria accettazione pubblica”, ha evidenziato Cdp.

COSA SERVE ALL’ITALIA PER RIPARTIRE

Ma cosa serve all’Italia per poter ripartire con il nucleare e dare così un contributo effettivo al mix elettrico italiano in tempi brevi? “Lo sviluppo di nuove centrali richiede misure pubbliche di incentivo in grado di tutelare gli operatori dalla volatilità dei prezzi dell’elettricità, assicurando un rendimento prevedibile per un ampio arco temporale, e di garantire la bancabilità dei progetti di investimento”, evidenzia CdP.

In questo quadro di luci e ombre, per favorire un contributo effettivo del nucleare al mix elettrico italiano in tempi relativamente brevi è però anche necessario “definire quanto prima un quadro normativo e regolatorio che tenga conto delle peculiarità del contesto italiano, creando le condizioni funzionali ad attrarre investimenti utili al decollo del settore; valorizzare le capabilities industriali e della ricerca nazionale, gli asset e le competenze produttive impiegabili e/o convertibili alla filiera del nucleare; mappare e attivare tutte le possibili fonti di finanziamento, ricorrendo anche alle possibilità offerte dalla nuova disciplina UE sugli aiuti di Stato; infine rafforzare la cooperazione europea, in particolare con i grandi player che già hanno sviluppato e gestiscono potenza nucleare”.

 

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