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Merkel sotto accusa: i Verdi vogliono una Commissione d’inchiesta sulle scelte energetiche dell’ex cancelliera

Le critiche contro la Merkel si basano su documenti inediti citati dal quotidiano bavarese Süddeutsche Zeitung  che rivelerebbero come la cancelleria federale fosse a conoscenza dei pericoli legati alla vendita di infrastrutture strategiche a Gazprom già nel 2015, poco dopo l’annessione russa della Crimea.I Verdi tedeschi hanno rilanciato con forza la richiesta di una commissione parlamentare d’inchiesta per far luce sulle scelte energetiche dei governi guidati dall’ex cancelliera Angela Merkel, accusati di aver aggravato la dipendenza della Germania dal gas russo. Michael Kellner, già segretario di Stato parlamentare (l’equivalente italiano di un sottosegretario) al ministero dell’Economia nel governo di Olaf Scholz, ha dichiarato alla Süddeutsche Zeitung che Merkel avrebbe “consapevolmente ignorato i rischi”, violando così il suo dovere di proteggere gli interessi nazionali. Felix Banaszak, presidente del partito, ha sottolineato che solo un’indagine approfondita potrebbe chiarire le responsabilità politiche ancora irrisolte.

MERKEL SAPEVA DEI RISCHI DI DIPENDENZA DA MOSCA

Le critiche si basano su documenti inediti citati dal quotidiano bavarese che rivelerebbero come la cancelleria federale fosse a conoscenza dei pericoli legati alla vendita di infrastrutture strategiche a Gazprom già nel 2015, poco dopo l’annessione russa della Crimea.

Ad esempio, la cancelleria aveva segnalato internamente che la vendita dei serbatoi di gas comportava dei rischi: “Il controllo di importanti serbatoi di gas (riempimento, funzionalità) rende Gazprom direttamente responsabile della sicurezza dell’approvvigionamento dei clienti”, cita il quotidiano. Il quale ha richiesto documenti finora non pubblici alla cancelleria federale e ai ministeri competenti relativi proprio alla vendita di impianti di stoccaggio del gas tedeschi al gruppo russo Gazprom, avvenuta nel 2015. Secondo quanto riportato dalla stessa Süddeutsche, l’ufficio della Merkel ha semplicemente comunicato che “la competenza spetta all’attuale cancelleria federale, poiché è lì che sono conservati i relativi documenti”.

Nonostante gli avvertimenti interni sui rischi per la sicurezza energetica, l’esecutivo avrebbe poi approvato la cessione di impianti di stoccaggio alla compagnia russa, mentre il ministero dell’Economia guidato allora da Sigmar Gabriel (Spd) avrebbe sostenuto l’impossibilità di bloccare l’operazione.
La posizione tedesca sul gasdotto Nord Stream 2, altro capitolo controverso, sarebbe stata altrettanto passiva.

L’ACCORDO SALVA-NORD STREAM 2 APPROVATO IN SVIZZERA

Intanto, dalla Svizzera è arrivata la settimana scorsa una svolta giudiziaria per Nord Stream 2 AG, la società controllata da Gazprom che gestisce l’omonimo gasdotto. Il tribunale cantonale di Zug ha convalidato l’accordo transattivo tra la compagnia e i suoi principali creditori, scongiurando il fallimento secondo le norme elvetiche. L’intesa, raggiunta il 30 aprile dopo due anni e mezzo di negoziati, prevede consistenti sconti per i finanziatori occidentali – tra cui ENGIE, OMV, Shell, Uniper e Wintershall – che avevano investito miliardi nel progetto da 10 miliardi di euro.

Mentre i creditori minori, soprattutto imprese edili tedesche, saranno rimborsati integralmente (alcuni hanno già ricevuto i pagamenti), i grandi gruppi energetici dovranno accettare perdite significative. Il tribunale ha precisato che l’approvazione non preclude eventuali ricorsi, ma l’accordo evita per ora una liquidazione fallimentare.

Nord Stream 2 AG, con sede legale a Zug, era finita in crisi dopo le sanzioni occidentali e il sabotaggio delle condutture nel 2022.

IL SILENZIO DI BERLINO E IL NODO UNIPER

Il governo tedesco mantiene una posizione defilata sulla vicenda, come emerso dalla risposta della segretaria di Stato parlamentare Gitta Connemann a un’interrogazione del verde Michael Kellner. Connemann ha ribadito che l’esecutivo “non è coinvolto nella procedura”, lasciando ai creditori la responsabilità delle decisioni. Uniper, colosso energetico ora statalizzato al 99,12%, è tra i finanziatori più esposti, ma Berlino non ha voluto rivelare l’entità della rinuncia ai crediti subita dalla società.

La questione resta delicata, anche per le implicazioni geopolitiche. Nord Stream 2, mai entrato in funzione, è al centro di speculazioni su un possibile cambio di proprietà, con l’imprenditore americano Stephen Lynch che avrebbe espresso interesse all’acquisto.

In un’intervista al Wall Street Journal, Lynch ha definito l’infrastruttura un’opportunità per riportare il controllo energetico in mani occidentali, ipotizzando il trasporto di gas russo sotto gestione Usa-Ue. Fonti dell’Handelsblatt parlano di contatti con autorità tedesche, ma non ci sono conferme ufficiali.

LA RIORGANIZZAZIONE ENERGETICA TEDESCA

Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, la Germania ha radicalmente ripensato il suo approvvigionamento, abbandonando il gas russo a costo di rincari e interventi statali per proteggere consumatori e industrie. Le critiche dei Verdi riaprono ora il dibattito sulle scelte passate, con accuse di miopia politica. I documenti citati dalla Süddeutsche Zeitung suggeriscono che, nonostante i moniti, l’esecutivo Merkel abbia privilegiato logiche di mercato e rapporti con Mosca, lasciando il Paese esposto al ricatto energetico.

La possibile commissione d’inchiesta potrebbe portare a nuove rivelazioni, mentre la sorte di Nord Stream 2 resta incerta tra accordi finanziari, ipotesi di riutilizzo e le ombre del sabotaggio.

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