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Kiev colpisce l’oro nero della Russia. Scoppia la guerra del petrolio

I droni ucraini colpiscono raffinerie e oleodotti, mandando in fumo la benzina dello Zar. Mosca inizia a fare i conti con code ai distributori e prezzi record

L’oro nero è diventato il bersaglio principale della guerra invisibile tra Russia e Ucraina. Kiev non colpisce più soltanto le trincee, ma le raffinerie, gli oleodotti, gli impianti di liquefazione, cuore pulsante dell’economia russa. Intanto, Trump vuole alzare i dazi sulle importazioni indiane per colpire l’export di greggio russo. Il petrolio di Putin è sotto attacco, come risponderà il leader del Cremlino?

L’UCRAINA PUNTA AL PETROLIO RUSSO

Dall’inizio di agosto, dieci tra le più grandi raffinerie del Paese sono state messe fuori uso da attacchi mirati di droni ucraini. Raid che, secondo Reuters, hanno provocato un crollo della capacità russa di trasformare greggio in carburante del 17%. Come se non bastasse, i droni di ultima generazione hanno motori potenziati e carichi esplosivi maggiori. Di conseguenza, il tempo per il ripristino delle strutture danneggiate può raggiungere mesi. Un duro colpo in un momento in cui il Paese si prepara ad accogliere l’ultima ondata di vacanzieri e i depositi dovrebbero riempirsi per l’inverno.

L’UCRAINA ATTACCA I NODI DELL’EXPORT ENERGETICO

Intanto Kiev alza la posta. I droni stanno prendendo di mira anche i nodi strategici dell’export energetico. L’attacco di domenica all’impianto di Ust-Luga, sul Baltico, ha colpito il cuore della liquefazione, compromettendo un flusso di venti milioni di tonnellate l’anno. E in Crimea, depositi e infrastrutture militari vengono incendiati con regolarità per rallentare i movimenti dell’esercito russo.

LA RISPOSTA DELLA RUSSIA

Le conseguenze per la Russia non hanno tardato ad arrivare. Benzina e diesel hanno raggiunto i massimi storici, le pompe di carburante sono a secco in Siberia e Crimea, file interminabili di automobilisti esasperati. Giovedì notte, un’esplosione ha bloccato l’oleodotto Ryazan-Mosca, simbolo della vulnerabilità di un sistema energetico che si credeva inattaccabile.

Il Cremlino ha già imposto il blocco all’export di benzina e gasolio – almeno fino a settembre – congelando 50-60mila tonnellate a settimana di carburanti destinati all’estero. Una misura tampone, insufficiente a compensare le perdite. Non è escluso che Mosca sia costretta a tagliare perfino le forniture ai Paesi “amici” o ad aumentare la dipendenza dalla Bielorussia. Putin potrebbe rispondere intensificando i bombardamenti sulle infrastrutture ucraine – ieri una centrale di Poltava è stata colpita, lasciando centomila persone senza luce – oppure ricorrendo ai missili strategici finora solo minacciati.

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