La protesta è scattata dopo la partenza della nave Seasalvia con un carico di greggio. Il sindacato accusa: “È destinato all’aviazione militare israeliana”.
È scattato prima dell’alba il blocco ai varchi della raffineria Eni di Taranto, organizzato dal sindacato Usb per protestare contro la partenza della petroliera Seasalvia, che ha imbarcato un carico di greggio indicato come destinato a Israele. La mobilitazione stessa, iniziata alle prime luci del giorno, ha visto un gruppo di attivisti bloccare gli accessi allo stabilimento, in particolare quello destinato alle autobotti, accusando Eni di complicità con il conflitto a Gaza. Ma la protesta è cominciata quando la nave era già salpata. Come dire chiudere il recinto quando i buoi sono già scappati.
BLOCCO ALL’ALBA DAVANTI AI CANCELLI
D’altronde che la nave fosse ripartita ieri era noto anche al sindacato. Il sit-in è però iniziato lo stesso questa mattina alle 4. Un gruppo di attivisti ha presidiato i varchi di accesso alle portinerie della raffineria, bloccando in particolare l’ingresso e l’uscita delle autobotti. Hanno aderito alla protesta anche altre associazioni, tra cui il coordinamento Grottaglie per la Palestina e l’associazione Babele. Presenti sul posto anche i consiglieri comunali Luca Contrario (Pd) e Antonio Lenti (Europa Verde/Avs) a sostegno della mobilitazione.
LA PARTENZA DELLA SEASALVIA E LE ACCUSE
La protesta è la risposta diretta alla partenza della petroliera Seasalvia, che ieri ha lasciato il porto dopo aver imbarcato un carico di circa 30mila tonnellate di greggio. Sebbene la destinazione ufficiale dell’unità sia l’Egitto, il sindacato e gli attivisti denunciano che il carico sia in realtà destinato all’aviazione militare israeliana, accusa che ha infiammato gli animi e dato il via alla mobilitazione.
LA POSIZIONE DELL’USB: “TARANTO NON SARÀ COMPLICE” 
“Questa è la nostra risposta all’attracco della Seasalvia e al carico di greggio per Israele, autorizzato ed effettuato da Eni”, ha dichiarato il sindacato. L’obiettivo del presidio è chiaro: “Blocchiamo ingressi e uscite, per quello che è già accaduto, per come è accaduto e perché non accada mai più”. Nella nota diffusa, l’Usb ha ribadito la sua ferma posizione: “Taranto non è e non sarà complice del genocidio del popolo palestinese”, confermando l’intenzione di proseguire la mobilitazione. Anche il sindaco di Taranto con tutta la maggioranza (Pd) aveva a Eni di non caricare la nave per Israele. “Una città completamente sotto assedio fisico ambientale sanitario politico urbanistico mediatico e lavorativo della marina militare. E si lamenta che Eni da benzina per gli aerei militari di una guerra. Cosa pensate che faccia la marina i tornei di burracco col buffet al circolo ufficiali?”, ha commentato la giornalista Annarita Di Giorgio su X.
UN ATTRACCO CONTESTATO FIN DALL’INIZIO
La tensione era alta da giorni. Come emerso da post sui social network, la nave Seasalvia era in rada al porto di Taranto da almeno due giorni, ma una prima manifestazione aveva impedito il carico. La situazione aveva richiesto una riunione sulla sicurezza in Prefettura con le parti coinvolte, durante la quale Eni avrebbe dichiarato di essere obbligata per contratto a effettuare il rifornimento. Nonostante la contrarietà espressa dal sindaco, le operazioni di carico sono state portate a termine, portando alla dura reazione odierna.