“È falso che si stia creando una ‘good’ e una ‘bad company'”, precisa il ministro. Sul tavolo dei commissari due offerte per l’intero compendio, ora al vaglio per la vendita.
Nessuno “spezzatino” per l’ex Ilva. Il governo è contrario a qualsiasi ipotesi di scissione tra parti “buone” e “cattive” del gruppo siderurgico e ha sempre lavorato per un progetto unitario che preservi la continuità industriale e produttiva di Taranto, nel quadro di una rapida riconversione ambientale. È questa la netta smentita arrivata dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che in Parlamento ha risposto a un’interrogazione sulle sorti del polo siderurgico. “È falso che stiamo lavorando a una ‘good company’ e a una ‘bad company’; non esiste alcun piano di scissione”, ha dichiarato il ministro.
DUE OFFERTE PER L’INTERO COMPENDIO
La strategia del governo, ha spiegato Urso, è sempre stata coerente con quanto previsto dall’avviso pubblico per la vendita dell’intero compendio aziendale. Su questa base sono giunte due offerte, che i commissari straordinari stanno attualmente analizzando in vista della cessione. L’obiettivo, ha ribadito il ministro, rimane quello di tornare a produrre “6 milioni di tonnellate di acciaio green nel prossimo futuro”, attraverso un processo di piena decarbonizzazione e trasformazione degli impianti.
LA CRISI E LE RESPONSABILITÀ DI ARCELORMITTAL
Il ministro ha ricostruito la genesi della crisi industriale di Taranto, puntando il dito contro la “gestione scellerata” di ArcelorMittal. Secondo Urso, la multinazionale ha provocato danni per quasi 4 miliardi di euro, lasciando in attività un solo altoforno con appena quattro giorni di autonomia e programmando la chiusura anche di quest’ultimo. “Per questo abbiamo conteggiato i danni che Mittal ha recato”, ha affermato, sottolineando come l’intervento del governo sia stato cruciale per evitare il collasso totale degli impianti.
L’INCIDENTE E I RITARDI DELLA GIUSTIZIA
La produzione attuale è limitata a un solo altoforno anche a causa di un incidente avvenuto oltre cinque mesi fa, che ha portato al sequestro probatorio di un secondo impianto. Su questo punto, Urso ha denunciato ritardi inspiegabili da parte della magistratura: “Sapete quando è iniziata la perizia? Il 1° ottobre, cinque mesi dopo. Ci sono voluti cinque mesi per iniziare una perizia, non per concluderla”, ha dichiarato polemicamente.
IL FUTURO DI TARANTO E L’APPELLO ALLA COLLABORAZIONE
Oltre alla siderurgia, il governo sta lavorando per diversificare il tessuto industriale di Taranto. Sono stati menzionati progetti per la cantieristica navale, la carpenteria per grandi opere, e investimenti nei settori ferroviario, eolico e della difesa. Urso ha però lanciato un monito: la recente rinuncia di Renexia a realizzare una fabbrica di turbine eoliche per la mancata assegnazione delle aree portuali “ci deve far riflettere tutti”. Per questo, ha concluso con un appello alla “volontà costruttiva” di tutte le parti, istituzioni locali incluse, per vincere una “sfida titanica” che è “la scommessa del nostro Paese”.


