Mentre i colossi petroliferi e le case automobilistiche americane tagliano investimenti e profitti, Pechino costruisce la rete di energia pulita più avanzata del pianeta, dettando le regole del gioco. I fatti della settimana di Marco Orioles
La transizione energetica globale si sta rivelando una tempesta perfetta, segnata da un evidente scontro a due velocità che vede l’Occidente in affanno e la Cina in posizione dominante. Da un lato, i giganti del petrolio come BP e TotalEnergies, dopo i profitti record del 2022, vedono svanire i margini e sono costretti a tagliare i generosi dividendi e i riacquisti di azioni per non far esplodere il debito. Dall’altro lato, il tentativo dell’industria occidentale di guidare la svolta elettrica vacilla, come dimostra la clamorosa ritirata di General Motors, che registra perdite miliardarie e ridimensiona i piani per le auto elettriche, schiacciata da un mercato debole e dalla concorrenza cinese. In questo scenario di crisi emerge la Cina come protagonista indiscussa, avendo costruito la rete di energia pulita più avanzata e capillare del mondo. Grazie a una pianificazione centralizzata, Pechino trasporta l’energia rinnovabile su migliaia di chilometri, raggiungendo i suoi obiettivi con anni di anticipo. Tuttavia, anche il drago cinese affronta delle sfide, con una parte dell’energia pulita che va sprecata e una persistente e pesante dipendenza dal carbone.
BIG OIL: TAGLI A DIVIDENDI E COSTI IN UN MERCATO DEL GREGGIO DEBOLE
Come scrive Cnbc, le grandi compagnie petrolifere, come Exxon Mobil, Chevron, Shell, BP e TotalEnergies, stanno affrontando scelte difficili in un contesto di prezzi del greggio più deboli, con pressioni crescenti sui generosi dividendi agli azionisti. Dopo i profitti record di quasi 200 miliardi di dollari nel 2022, favoriti dall’aumento dei prezzi dei combustibili fossili post-invasione russa dell’Ucraina, queste aziende hanno premiato gli investitori con dividendi più alti e riacquisti di azioni. Tuttavia, con i prezzi del greggio in calo, mantenere tali livelli di distribuzione rischia di aumentare il debito oltre i limiti di un bilancio sano. BP ha ridotto i riacquisti di azioni a 750 milioni di dollari nel primo trimestre, rispetto a 1,75 miliardi del trimestre precedente, mentre TotalEnergies ha annunciato un aggiustamento del ritmo dei buyback per affrontare incertezze economiche e geopolitiche. Secondo gli analisti sentiti dalla testata, altre major seguiranno questa direzione, poiché i prezzi del greggio potrebbero scendere a 50 dollari al barile, con l’OPEC che rilascia capacità in eccesso e le scorte globali in aumento. Cnbc sottolinea come ridurre i costi e gli investimenti di capitale è una strategia comune, ma tagliare i dividendi sarebbe un’opzione estrema, poiché potrebbe scuotere il mercato, come dimostrato dal caso di Saudi Aramco, che ha ridotto il suo dividendo causando un calo del prezzo delle azioni. Le aziende devono bilanciare tre opzioni: aumentare il debito per finanziare i pagamenti agli azionisti, tagliare i riacquisti di azioni (che sostengono i prezzi azionari) o ridurre le attività di perforazione, segnalando una futura produzione più debole. Ogni scelta comporta rischi e potrebbe scontentare gli investitori. Tuttavia, i prezzi del greggio si sono mantenuti più resilienti del previsto, oscillando tra 65 e 70 dollari al barile, nonostante un recente calo sotto questa fascia. Le prossime trimestrali, attese tra fine ottobre e inizio novembre, saranno cruciali per valutare ulteriori aggiustamenti alle distribuzioni agli azionisti.
CINA: LA RETE DI ENERGIA PULITA PIÙ AVANZATA AL MONDO
In Cina, scrive il New York Times in un recente approfondimento, la linea elettrica ad altissima tensione più lunga si estende per oltre 2.000 miglia, collegando il deserto nord-occidentale, ricco di impianti solari ed eolici, alla popolosa regione sud-orientale, come Anhui, vicino a Shanghai. Questa linea, una delle 41 presenti in Cina, trasporta più elettricità di qualsiasi linea negli Stati Uniti, grazie a tecnologie avanzate come la corrente continua, che riduce le perdite di trasmissione. Con il 90% della sua popolazione di 1,4 miliardi concentrata a est, ricorda il Nyt, la Cina produce energia pulita principalmente nelle regioni occidentali soleggiate e ventose, richiedendo una rete elettrica efficiente per trasferire l’energia. L’espansione della rete cinese, guidata da politiche energetiche ambiziose, contrasta con gli Stati Uniti, dove progetti come la Grain Belt Express, una linea di 800 miglia per trasportare energia eolica, sono stati bloccati da opposizioni locali e politiche. La Cina, grazie a una pianificazione centralizzata e scarsa opposizione pubblica, ha costruito rapidamente una rete di linee ad altissima tensione, con 19 linee a 800 kV e 22 a 1.000 kV, capaci di alimentare milioni di case. Questo ha permesso di triplicare la capacità eolica e solare entro il 2024, sei anni prima dell’obiettivo del 2030. Tuttavia, la rete non riesce ancora ad assorbire tutta l’energia rinnovabile prodotta, con il 10% di capacità inutilizzata in alcuni mesi. La dipendenza dal carbone, ancora elevata, resta una sfida secondo il quotidiano americano, poiché la Cina emette più gas serra di Stati Uniti e Unione Europea insieme. Le linee, spesso costruite in aree montuose a rischio sismico o di inondazioni, presentano significative vulnerabilità. Residenti locali, come in Anhui, lamentano piccoli shock elettrici vicino alle linee, ma accettano il progetto per il suo valore nazionale. La costruzione è stata accelerata dopo la crisi finanziaria del 2009 e il disastro di Fukushima nel 2011, favorendo la transizione dal nucleare alle rinnovabili e riducendo l’inquinamento atmosferico del 41% dal 2014.
GM PERDE 1,6 MILIARDI DI DOLLARI CON IL RIDIMENSIONAMENTO DEI PIANI PER GLI EV
Un recente articolo di Quartz evidenzia l’impatto del calo del supporto governativo negli Usa per i veicoli elettrici (EV) e la loro adozione più lenta del previsto, con un focus sulla decisione di General Motors (GM) di ridurre i piani di produzione, registrando una perdita di 1,6 miliardi di dollari. GM, tra i primi a puntare fortemente sugli EV, aveva annunciato nel 2021 l’eliminazione graduale di auto a benzina e diesel entro il 2035, con un investimento previsto di 30 miliardi di dollari entro il 2025. Tuttavia, recenti cambiamenti politici negli Stati Uniti, tra cui l’eliminazione dei crediti d’imposta federali per l’acquisto di EV sotto la presidenza di Donald Trump, hanno rallentato la domanda. Inoltre, i produttori cinesi hanno conquistato circa il 70% del mercato globale degli EV, dominando il settore. GM ha attribuito 1,2 miliardi di dollari delle perdite alla riduzione della capacità produttiva di EV e ha indicato che ulteriori costi potrebbero emergere, poiché sta ancora rivedendo la sua struttura produttiva. Altri 400 milioni di dollari derivano dalla cancellazione di contratti e accordi commerciali legati agli investimenti negli EV. Le azioni di GM sono scese dell’1,6% prima dell’apertura dei mercati. L’azienda ha dichiarato che la rimozione degli incentivi fiscali e l’allentamento delle normative sulle emissioni rallenteranno l’adozione degli EV. Di conseguenza, GM ha ridotto la produzione di modelli come la Chevrolet Bolt, la Cadillac Lyriq e la Vistiq, allineandosi a una crescita più lenta del mercato. Anche Ford, rileva Quartz. ha seguito una strategia simile, tagliando investimenti e modelli, con una perdita di 1,9 miliardi di dollari lo scorso anno. Il CEO di Ford, Jim Farley, ha ammesso che il mercato degli EV è “molto più piccolo di quanto previsto”. Si sottolineano quindi le difficoltà dei produttori automobilistici tradizionali di fronte ai cambiamenti politici e alla concorrenza globale, con un impatto significativo sui loro piani per l’elettrificazione.