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Arera

Arera, via libera della Camera alla proroga: ora la palla passa al Senato

Approvato il decreto che estende il mandato dei vertici fino a fine anno. È scontro in Aula: la maggioranza parla di “responsabilità”, le opposizioni di “fallimento politico”.

Via libera dell’Aula della Camera al decreto-legge che garantisce la continuità operativa di ARERA, l’Autorità per l’energia. Con 139 voti favorevoli, 31 contrari e 63 astenuti, Montecitorio ha dato il suo ok alla conversione in legge del provvedimento che proroga i vertici dell’Authority fino alla nomina dei nuovi componenti, e comunque non oltre il 31 dicembre 2025. Il testo, che scade il prossimo 2 dicembre, passa ora all’esame del Senato per la seconda e definitiva lettura, ma il voto è stato preceduto da un acceso dibattito politico che ha contrapposto maggioranza e opposizioni.

UNA PROROGA “TECNICA” MA DAL FORTE VALORE POLITICO

Il provvedimento si è reso necessario per evitare un vuoto di potere ai vertici di un’istituzione cruciale per il Paese, il cui mandato settennale era scaduto lo scorso 9 agosto e la cui prorogatio di 60 giorni è terminata il 10 ottobre. Il decreto assicura che l’attuale collegio possa continuare a operare, sebbene con poteri limitati “agli atti di ordinaria amministrazione e a quelli indifferibili e urgenti”. Una misura di continuità su cui, in Commissione, le opposizioni hanno ottenuto l’inserimento di una clausola di trasparenza: l’Autorità dovrà trasmettere al Parlamento una relazione finale su tutti gli atti adottati durante il periodo di proroga.

LA DIFESA DELLA MAGGIORANZA: “UNA SCELTA DI SERIETÀ, NON DI SPARTIZIONE”

In Aula, la maggioranza ha difeso a spada tratta la scelta del Governo. Fabio Pietrella (Fratelli d’Italia) ha respinto l’accusa che il rinvio delle nomine sia frutto di difficoltà politiche: “La scelta nasce da una riflessione di merito, non da logiche di spartizione”. Secondo Pietrella, sarebbe stato “irresponsabile” nominare i nuovi vertici senza un quadro chiaro delle nuove competenze che ARERA dovrà assumere alla luce della recente normativa UE sul mercato elettrico. “Altro che poltrone: questa è serietà e competenza”, ha affermato, definendo il decreto una “scelta di responsabilità” che garantisce il buon funzionamento delle istituzioni. Sulla stessa linea Martina Semenzato (Noi Moderati), che ha sottolineato come la proroga serva a dare “rassicurazioni ai consumatori e alle imprese che il presidio regolamentare non verrà meno”.

L’ATTACCO DELLE OPPOSIZIONI: “CONFESSIONE DI UN FALLIMENTO”

Dure le critiche arrivate dai banchi dell’opposizione, che pur astenendosi o non opponendosi per senso di responsabilità, hanno parlato di “grave fallimento politico e istituzionale”. Per Mauro Del Barba (Italia Viva), il decreto è necessario solo per “sopperire alla totale mancanza di responsabilità di questa maggioranza”. Filiberto Zaratti (Alleanza Verdi e Sinistra) ha rincarato la dose: “È evidente che ci sono dei problemi in maggioranza. L’organismo dirigente di ARERA doveva essere nominato entro il 9 agosto. Questo decreto misura la vostra incapacità di governare”. Antonio Ferrara (Movimento 5 Stelle) ha definito il provvedimento “una confessione pubblica di ritardo e convenienza politica”, mentre per Antonio D’Alessio (Azione) evidenzia una “grave lacuna e inefficienza da parte del Governo”.

IL PD E LE ALTRE RICHIESTE: DALLA TUTELA DEI CONSUMATORI ALLA QUESTIONE IDRICA

Il Partito Democratico, con Andrea Casu, ha chiesto “massima cautela regolatoria”, avvertendo che l’Autorità, in questo periodo, non dovrà “adottare decisioni di impatto strutturale pluriennale”. Marco Simiani (PD) ha poi sollevato la questione delle tariffe idriche, chiedendo, con un ordine del giorno poi respinto, l’istituzione di un fondo di perequazione nazionale per “aiutare quelle aree poco antropizzate” dove i costi dell’acqua sono più alti. Le opposizioni hanno inoltre tentato, senza successo, di impegnare il Governo su altri temi energetici, come il rinnovo degli oneri concessori per l’idroelettrico, ma tutti gli ordini del giorno presentati sono stati respinti. La parola passa ora al Senato, che dovrà convertire il decreto in legge entro l’inizio di dicembre.

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