Tra crisi geopolitiche e record di calore, la COP30 sarà il momento della verità per la politica climatica mondiale. Oltre 190 governi dovranno colmare il divario tra promesse e realtà. Tutte le sfide
La COP30 di Belem sarà il vertice delle verità. La crisi climatica è la nuova normalità. Il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato, e il 2025 sarà probabilmente il secondo o il terzo, secondo gli scienziati della World Meteorological Organization (WMO). La temperatura media globale da gennaio ad agosto 2025 è stata di 1,42 °C sopra la media preindustriale. Un valore che sfiora la soglia simbolica di 1,5 °C fissata dall’Accordo di Parigi e che rischia di diventare un punto di non ritorno. Il vertice dirà se la comunità internazionale è ancora in grado di rispettare le promesse di Parigi o dovrà ammettere che il limite è ormai superato.
PERCHE’ LA COP30 SARA’ IL VERTICE DELLA VERITA’
Dal 10 novembre, quasi 200 Paesi si riuniranno in Brasile per un negoziato cruciale: ridurre il divario tra gli impegni attuali e ciò che serve per mantenere il pianeta entro la soglia di sicurezza. Il vertice sarà guidato dalla presidenza brasiliana, che propone di mobilitare 1.300 miliardi di dollari all’anno entro il 2035 per sostenere le transizioni verdi dei Paesi in via di sviluppo. Un piano ambizioso che prevede un primo step da 300 miliardi di dollari, destinati a combattere la deforestazione, adattarsi a un clima più caldo e abbandonare gradualmente i combustibili fossili.
Ma la COP30 si svolge in un contesto geopolitico difficile: il ritiro annunciato degli Stati Uniti dal Paris Agreement da parte del presidente Trump ha rallentato gli sforzi globali. Mentre le alleanze finanziarie per la neutralità climatica si indeboliscono, cresce la preoccupazione che il mondo stia vivendo non una vera transizione energetica, ma un’“aggiunta” energetica: le rinnovabili aumentano, ma non sostituiscono il fossile, semplicemente rispondono a una domanda elettrica sempre più alta, alimentata da intelligenza artificiale e data center energivori.
IL RUOLO DELL’ITALIA NELLA COP30
L’Italia arriva a Belém in una posizione strategica ma complessa. Da un lato, Roma ha rilanciato la cooperazione climatica nel Mediterraneo, con impegni sul contrasto alla desertificazione e sul sostegno ai Paesi africani colpiti dagli impatti del clima. Dall’altro, il Paese resta tra i principali importatori europei di gas e fatica a imprimere un’accelerazione decisiva sulle rinnovabili, rallentate da burocrazia e ritardi infrastrutturali. L’Italia, come membro del G7, avrà un ruolo importante nel vertice.
Il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, guiderà la delegazione italiana, con l’obiettivo di rafforzare il ruolo del nostro Paese come ponte tra Nord e Sud del mondo. Sul tavolo, anche la partecipazione al fondo globale per le perdite e i danni (“Loss and Damage Fund”), destinato ai Paesi più vulnerabili.
IL CAMBIAMENTO CLIMATICO E’ REALTA’
Gli effetti del cambiamento climatico sono già visibili: ghiacciai in ritirata, mari sempre più caldi, tempeste tropicali più intense e un Artico che registra il minimo storico del suo ghiaccio marino. Secondo il rapporto WMO pubblicato alla vigilia della COP30 di Belém, oltre il 90% dell’energia in eccesso prodotta dall’uomo viene assorbita dagli oceani, aggravando l’innalzamento dei mari e il collasso degli ecosistemi marini. «Limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C sarà praticamente impossibile senza superarlo temporaneamente», avverte Celeste Saulo, segretaria generale della WMO.
Secondo le proiezioni, il livello del mare cresce ormai a un ritmo doppio rispetto agli anni ’90, e le concentrazioni di CO₂, metano e protossido di azoto hanno toccato nuovi record. L’anno idrologico 2023-2024 ha visto la più grande perdita di ghiaccio dai tempi delle prime rilevazioni nel 1950.


