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In arrivo uno “shock regolatorio” per l’industria della climatizzazione. L’allarme di Torlizzi (T-Commodity)

Presto l’industria italiana della climatizzazione affronterà uno “shock regolatorio” che rischia di danneggiare la sua competitività, senza portare benefici al clima. L’allarme di Gianclaudio Torlizzi (T-Commodity)

Il regolamento Ue F-gas è uno “shock regolatorio” che potrebbe mettere in ginocchio l’industria italiana della climatizzazione. È l’allarme lanciato su Linkedin da Gianclaudio Torlizzi, fondatore di T-Commodity e consigliere del ministro della Difesa, Guido Crosetto. “La transizione ecologica del settore si trasformerebbe in una penalizzazione competitiva per l’industria italiana, senza alcun beneficio per il clima”, scrive Torlizzi.

PERCHE’ IL REGOLAMENTO UE F-GAS E’ UNO “SHOCK REGOLATORIO”

Il nuovo regolamento Ue F-gas (573/2024) è uno “shock regolatorio” che “rischia di produrre effetti distorsivi che colpiscono soprattutto il sistema produttivo nazionale, uno dei più avanzati in Europa”, secondo Gianclaudio Torlizzi. La norma in questione dal 1° gennaio 2027 vieterà diverse tipologie di prodotti per condizionamento e refrigerazione contenenti gas fluorurati, con l’obiettivo di ridurre le emissioni climalteranti. Tuttavia, l’impostazione attuale, secondo l’esperto, mette in discussione la logica degli investimenti effettuati dalle aziende in questi anni per ridurre la dispersione dei gas.

Infatti, Torlizzi sottolinea che il regolamento Ue “concentra l’intervento quasi esclusivamente sul Global Warming Potential (GWP) dei refrigeranti, mirando a limitare le emissioni dirette”. Così facendo, però, trascurerebbe il “peso — ben più rilevante — delle emissioni indirette, quelle generate dall’energia necessaria a far funzionare i macchinari lungo l’intero ciclo di vita, pari a 10-15 anni”.

LE TRE CRITICITA’ DEL REGOLAMENTO UE F-GAS

L’attuale impostazione del regolamento F-gas presenta tre criticità principali, secondo Torlizzi. La prima riguarda la sicurezza, i costi assicurativi e la compatibilità con la norma sugli impianti relativi ai refrigeranti. “Il regolamento spinge verso gas a basso GWP ma ad elevata infiammabilità, come il propano. Una scelta che solleva problemi di sicurezza, costi assicurativi e compatibilità con l’attuale normativa sugli impianti, senza reali benefici sulle emissioni complessive”, scrive l’esperto su Linkedin.

F-GAS, IL PROBLEMA DELL’EFFICIENZA ENERGETICA

Il secondo problema del regolamento F-gas, secondo Torlizzi, è la minore efficienza energetica legata ai nuovi sistemi richiesti. “Per ottenere con i nuovi gas prestazioni comparabili ai sistemi attuali servirebbero nuove architetture di scambio termico, riprogettazione profonda dei compressori e un uso massiccio di inverter. Accorgimenti che aumentano i costi e peggiorano — paradossalmente — il bilancio delle emissioni indirette: macchine meno efficienti consumano di più, vanificando parte dell’obiettivo climatico”, spiega Torlizzi.

COSTI PIU’ ALTI E MENO COMPETITIVITA’

Il terzo rischio legato al regolamento F-gas, secondo l’esperto, riguarda l’aumento dei costi e la perdita di competitività. “L’obbligo di riprogettare l’intera gamma comporta investimenti ingenti, che molte aziende potrebbero non riuscire a sostenere in tempi così stretti. Il risultato sarebbe un calo della produzione, l’ingresso facilitato di player extra-UE e soprattutto la compromissione dell’export, che oggi rappresenta fino al 50% del valore occupazionale del settore. Fuori dall’Europa, infatti, continuerebbero a essere utilizzati sistemi con refrigeranti tradizionali: le imprese italiane non potrebbero più produrli né venderli”, scrive Torlizzi.

COSA FARE?

Le misure più urgenti per correggere la rotta del regolamento F-gas, secondo Torlizzi, sono tre: posticipare l’entrata in vigore delle restrizioni per consentire almeno tre anni di riprogettazione, autorizzare la vendita delle scorte prodotte prima della data limite e consentire la produzione per mercati extra-UE di apparecchi non conformi alle nuove regole europee.

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