The Guardian, Watershed Investigations e Investigate Europe hanno condotto la prima mappatura delle discariche a livello continentale
Migliaia di discariche, in Europa e nel Regno Unito, si trovano in pianure alluvionali, rappresentando una potenziale minaccia per l’acqua potabile e le aree protette, se i rifiuti tossici vengono rilasciati in fiumi, terreni ed ecosistemi.
Sono i principali risultati che emergono dalla prima mappatura delle discariche a livello continentale, condotta da The Guardian, Watershed Investigations e Investigate Europe.
LA MAPPATURA DELLE DISCARICHE A LIVELLO CONTINENTALE
“Con l’aumento della frequenza e dell’entità delle inondazioni e dell’erosione dovute ai cambiamenti climatici – ha spiegato Patrick Byrne, della Liverpool John Moores University -, aumenta il rischio che questi rifiuti si riversino nell’ambiente. Tra questi rientrano rifiuti fisici come plastica e materiali da costruzione, ma anche metalli tossici e sostanze chimiche come i Pfa (“sostanze chimiche eterne”) e i PCB (policlorobifenili)”.
Kate Spencer, professoressa di geochimica ambientale alla Queen Mary University, ha dichiarato di aver “identificato rifiuti di varia natura in una discarica costiera in erosione a Tilbury, tra cui quelle che sembravano sacche per il sangue di un ospedale, e stiamo parlando di decine di migliaia di siti che, se non rivestiti e a rischio di inondazione, possono raggiungere le falde acquifere, le acque superficiali e la catena alimentare in diversi modi”.
IL 90% DELLE DISCARICHE EUROPEE È PRECEDENTE ALLE NORMATIVE SUL CONTROLLO DELL’INQUINAMENTO
Si stima che in tutta Europa, Regno Unito incluso, ci siano fino a 500.000 discariche. Circa il 90% di queste, comprese 22.000 nel Regno Unito, è precedente alle normative sul controllo dell’inquinamento, come i rivestimenti delle discariche per prevenire la lisciviazione. Le discariche moderne, se ben gestite, probabilmente presentano un basso rischio.
Sono state identificate oltre 61.000 discariche in tutta Europa, di cui il 28% si trova in aree vulnerabili alle inondazioni. La modellazione indica che il numero effettivo di siti a rischio di inondazione potrebbe arrivare fino a 140.000.
Questo sforzo di mappatura, basato sulle richieste di dati sulle discariche da parte di 10 Paesi e integrato con informazioni open source, evidenzia un problema più profondo: le istituzioni dell’Unione europea non dispongono di registri centralizzati sulle discariche, mentre i dati dei singoli Stati membri rimangono frammentati, incoerenti e spesso inaccessibili. “Abbiamo registri inadeguati, differenze nei modi di categorizzare questi siti e questo rende la situazione davvero difficile da gestire. È il peggiore scenario possibile”, ha commentato Spencer, che ha aggiunto: “la maggior parte delle discariche andrà bene, ma basta un numero limitato di siti contenenti sostanze chimiche altamente tossiche per creare problemi. Semplicemente non sappiamo quali”.
LA DIRETTIVA UE SULLE DISCARICHE
Oltre la metà delle discariche mappate si trova in aree in cui le acque sotterranee non soddisfano gli standard di qualità chimica, il che suggerisce che le discariche potrebbero in alcuni casi aver contribuito alla contaminazione. La direttiva UE sulle discariche, adottata nel 1999, ha vietato le discariche non rivestite e ha creato rigorosi criteri di accettazione dei rifiuti. Prima di allora, però, le misure di contenimento dell’inquinamento erano scarse o inesistenti.
Un portavoce della Commissione europea ha dichiarato che, “ai sensi della direttiva sull’acqua potabile, la qualità dell’acqua deve essere garantita ‘al rubinetto’ in tutta l’Unione europea. La direttiva prevede diversi parametri da monitorare e i relativi valori limite devono essere rispettati. In caso di superamento di tali valori limite, gli Stati membri devono garantire che vengano adottate le necessarie misure correttive”.
I RISCHI PER LA SALUTE
Un rapporto dell’Agenzia per la Sicurezza Sanitaria del Regno Unito dello scorso anno ha concluso che vivere vicino a una discarica comunale attiva o chiusa ben gestita non rappresenta un rischio significativo per la salute umana, sebbene il quadro per i siti storici sia meno chiaro a causa della mancanza di dati.
Anche la fauna selvatica potrebbe essere a rischio, poiché oltre 2.000 discariche europee si trovano in aree protette. “Sappiamo che la plastica si sta accumulando nella fauna selvatica, negli esseri umani e nell’ambiente, e ci sono prove emergenti di impatti negativi sulla salute. Un aspetto fondamentale dell’inquinamento chimico è la destinazione del percolato chimico: abbiamo importanti zone umide intorno a queste aree quindi, se il percolato finisce lì, potrebbe accumularsi nella fauna selvatica”, ha spiegato Byrne.
LO SCARICO ILLEGALE DI RIFIUTI
Anche lo scarico illegale di rifiuti è un problema significativo, che l’Europol ha identificato come uno dei settori in più rapida crescita della criminalità organizzata in Europa. Lo scorso febbraio le autorità croate hanno arrestato 13 persone sospettate di aver scaricato illegalmente almeno 35.000 tonnellate di rifiuti provenienti da Italia, Slovenia e Germania in Croazia, generando un profitto di almeno 4 milioni di euro per i criminali.
In Inghilterra, i dati dell’Agenzia per l’Ambiente mostrano 137 indagini aperte su discariche abusive, che coinvolgono oltre 1 milione di metri cubi di materiale. In Campania lo scarico illegale di rifiuti tossici da parte della camorra è stato ritenuto responsabile dell’aumento dei tassi di mortalità e malattia nella zona. In Inghilterra e Galles, al ritmo attuale di utilizzo, la capacità di discarica residua potrebbe esaurirsi intorno al 2050. I nuovi siti spesso si scontrano con preoccupazioni ambientali e opposizione pubblica.
Un portavoce dell’Agenzia per l’Ambiente ha dichiarato che “il nostro compito è proteggere le persone e l’ambiente, e stiamo lavorando a stretto contatto con l’industria delle discariche, le aziende idriche e l’intero governo per comprendere meglio l’impatto delle sostanze chimiche PFA nelle discariche.
I team dell’Agenzia per l’Ambiente stanno intraprendendo un programma pluriennale per migliorare le prove sulle fonti di inquinamento da PFA in Inghilterra. Parallelamente, stiamo conducendo ulteriori studi per analizzare il potenziale contributo dei Pfas nel percolato di discarica ad un numero limitato di impianti fognari”.


