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La corsa ai minerali delle batterie varrà 78 miliardi, ma le elettriche sono poche

Con oltre il 70% della raffinazione mondiale concentrata in pochi Paesi, Stati Uniti ed Europa puntano su filiere circolari e urban mining. Ma oggi gli impianti crescono più dei rifiuti disponibili

Da qui al 2032 il valore dell’economia circolare delle batterie triplicherà. Infatti, crescerà da 23,29 miliardi di dollari nel 2024 a quasi 78 miliardi di dollari nel 2032, secondo un report di DataM Intelligence. L’Italia può sfruttare questa spinta verso il riciclo dei dispositivi di accumulo, liberando il grande potenziale ancora inutilizzato. Intanto, però, gli operatori devono fare i conti con la scarsità di rifiuti.

LA CORSA ALLE BATTERIE

Sul riciclo delle batterie si gioca una delle partite decisive della transizione energetica della mobilità. L’urgenza di assicurarsi minerali critici sempre più scarsi e geopoliticamente sensibili farà crescere il valore dell’economia circolare fino a 78 miliardi di dollari nel 2032. Sono i dati del report “Circular Battery Economy” di DataM Intelligence. Al tempo stesso, cresce anche la competizione per accaparrarsi ogni grammo di “black mass”. In altre parole, la circolarità delle batterie sta diventando sempre più un elemento strategico in un mondo dove oltre il 70% della raffinazione del cobalto e più del 60% del litio passa nelle mani di pochi Paesi. Per Stati Uniti ed Europa ridurre la dipendenza esterna, principalmente asiatica, significa costruire filiere chiuse, robuste e locali. In quest’ottica, l“urban mining” permette di farlo rapidamente. Il report stima una crescita del settore con un CAGR del 16,28% al 2032. Un trend legato alla necessità di colmare il gap tra la crescente domanda di batterie per veicoli elettrici e la limitata disponibilità di materie prime vergini.

A dare stabilità a un settore ancora giovane ci pensano i governi. Negli Stati Uniti, l’Inflation Reduction Act ha liberato miliardi destinati alla manifattura green, premiando il contenuto domestico di materie prime nelle batterie. Fondi che, insieme ai nuovi obblighi di contenuto riciclato, faranno crescere in maniera esponenziale il mercato americano. Un mercato che nel 2024 ha pesato per 38% del valore globale (8,8 miliardi di dollari). Al tempo stesso, il riciclo sta diventando competitivo rispetto all’estrazione tradizionale grazie alla diffusione dei processi idrometallurgici, metodologia che assicura tassi di recupero che possono superare il 95% dei metalli critici.

GLI OSTACOLI

Lo sviluppo del riciclo delle batterie, però, si trova davanti a un paradosso. Gli impianti crescono più velocemente dei rifiuti. Infatti, i veicoli elettrici in circolazione sulle strade sono ancora troppo poche e recente per assicurare un quantità significativa di materie prime critiche. La vera svolta arriverà nel 2030, quando 1,4 milioni di tonnellate di batterie arriveranno a fine vita, destinate a diventare 8 milioni nel 2040.

Le tensioni finanziarie di Li-Cycle, costretta a sospendere il maxi-hub di Rochester, mostrano quanto sia complesso scalare queste tecnologie. Al contrario, Redwood Materials, Glencore e altri player proseguono la strategia delle partnership dirette con le case automobilistiche per garantirsi flussi futuri di materiali.

BATTERIE, IL POTENZIALE DELL’ITALIA

L’Italia può diventare un hub europeo della circolarità delle batterie, grazie a diversi punti di forza. Il primo è il suo ecosistema industriale già attivo. Diversi operatori stanno investendo nell’economia circolare e nella gestione avanzata dei rifiuti. Umicore-RepowerEU, Erion Energy, Ceced, Cobat e altre realtà presidiano già il riciclo di batterie e accumulatori. In secondo luogo, player come Stellantis, che punta a produrre batterie in Europa e ha già annunciato obiettivi sul contenuto riciclato, possono permettere all’Italia di diventare un anello cruciale nella catena del valore. Inoltre, l’Italia possiede uno dei migliori sistemi logistici d’Europa, fondamentale per trasportare, stoccare e trattare batterie esauste provenienti dall’intero continente. I porti di Genova, Trieste, Taranto, Civitavecchia potrebbero diventare porte d’accesso per la movimentazione di black mass e materiali raffinati.

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