Sono state presentate le due offerte di salvataggio dell’ex Ilva dai due fondi Usa rimasti: Flacks Group e Bedrock Industries. Cosa prevedono e perché per una è prevista una partecipazione dello Stato al 40%?
Il salvataggio dell’ex Ilva si gioca tra due società americane, la Flacks Group e la Bedrock Industries. Quali sono le proposte che sono state presentate? Per il governo il bivio è politico oltre che industriale: scegliere la via della protezione statale o quella del mercato puro?
LE DUE VISIONI USA PER L’ILVA
Le due offerte vincolanti per l’impianto siderurgico di Taranto dimostrano un cambio di paradigma. Infatti, per salvare Taranto non serve più soltanto un gruppo siderurgico, ma un risanatore finanziario. Come riporta Il Corriere della Sera, non si tratta di colossi dell’acciaio classici, ma di due società d’investimento. Entrambe hanno sede a Miami e sono specializzate in “turnaround” di aziende in crisi.
L’OFFERTA DI FLACKS GROUP
L’offerta di Flacks Group, fondato e guidato dal miliardario di origini britanniche Michael Flacks, prevede investimenti stimati in circa 5 miliardi di euro per la decarbonizzazione e il rilancio, ma la vera novità è nell’assetto societario. Flacks apre le porte a una partecipazione pubblica strutturale, ipotizzata attorno al 40%. Una forma di garanzia per sindacati e per politica: questa opzione rappresenterebbe una rete di sicurezza fondamentale perché avere il ministero dell’Economia nel capitale significa vigilare dall’interno sui livelli occupazionali, evitando licenziamenti duri durante la transizione verso i forni elettrici. Flacks porta la finanza, lo Stato mette la stabilità.
L’OFFERTA DI BEDROCK INDUSTRIES
Bedrock Industries, invece, mette sul tavolo la competenza. Come dimostra il suo passato, quando rilevò Stelco nel 2017, storica acciaieria canadese con una storia simile all’Ilva e che sembrava spacciata. 7 anni dopo, nel luglio 2024, Alan Kestenbaum, fondatore e ceo di Bedrock, l’ha rivenduta al colosso Usa Cleveland-Cliffs per 2,3 miliardi di euro, dopo averla risanata e quotata in Borsa. Alcuni lo hanno definito il «miracolo Stelco». La sua offerta punta sull’efficienza operativa e sul ritorno all’utile in tempi brevi: promette di replicare il modello canadese separando le attività sane da quelle in perdita, puntando a un’acciaieria snella e profittevole. Qui lo Stato avrebbe un ruolo più defilato, lasciando al privato la responsabilità di gestire la ristrutturazione e i tagli anche se dolorosi.


