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La maggioranza degli italiani dice sì alle grandi opere e il governo debella Nimby e Nimto

Un sondaggio Swg pubblicato dal Sole 24 ore svela che la maggioranza degli italiani è favorevole alle Grandi Opere.

La rilevazione è stata realizzata su un campione di mille soggetti residenti in Italia tra il 24 e il 26 luglio, nel pieno della discussione sulle grandi infrastrutture fatta ripartire dal nuovo governo che, su tutte, ha usato un’unica comoda strategia: valuteremo costi benefici.

Al netto del programma di governo e del comitato di conciliazione che ancora non esiste. Come vedete nei grafici le domande sono state fatte su Tav, Mose, Tap, Ilva e Ponte sullo Stretto. E sono stati divisi per elettori dei rispettivi schieramenti e area geografica.

Fonte: Swg

Salvo il Ponte sullo Stretto, per tutte le altre la maggioranza degli italiani è favorevole. Persino quelle che la descrizione fatta dalla stampa vede come le più contrastate: Tap e Ilva.
E per assurdo i territori più favorevoli sono proprio quelli su cui le specifiche opere insistono. Il nord vuole Tav, e il sud vuole Tap. Sfatando ogni contagio di sindrome Nimby. Mentre se la Lega è praticamente in larga maggioranza favorevole a tutto, persino un 35% di elettori 5 Stelle vorrebbe Tap e Tav.
Questo da un lato sicuramente ci dimostra come la narrazione che viene riportata è sfalzata da piccoli comitati locali che però egemonizzano totalmente il dibattito pubblico lasciando passare quasi esclusivamente la loro voce.
Ad esempio su Ilva questo gia lo sapevamo da anni, dal momento che quando a Taranto, in piena ondata mediatica-processuale, è stato fatto il referendum cittadino chiedendo ai residenti se la volevano chiudere, in pochissimi si sono recati alle urne per il si.
Eppure comitati ambientalisti locali, tanti per numero di associazioni (in 62 convocati da Di Maio al Mise) ma non per iscritti, rappresentatività e peso specifico, in forza del loro rumoreggiare riescono a farsi passare, con il consenso della stampa non più mantenuta da Ilva, come portavoce unici di una città di cui sono minoranza.
Questo sondaggio Swg ne è solo una delle tante raffigurazioni plastiche.

Le forze al Governo lo hanno capito. Al netto della propaganda che tatticamente ancora non hanno abbandonato per calmierare il movimentismo di quella fetta importante di simpatizzanti della prima ora, tra Meetup e padani (di cui a dire il vero già avevano ridotto l’egemonia interna durante la formazione delle liste con il passaggio dalla selezione esclusivamente per numero di commenti al blog di Grillo al vaglio dei curricula della società civile) dall’osservazione attenta e non pregiudizievole si evince come tra decreti e dichiarazioni le posizioni dei ministri cui cadono i dossier che portano avanti lo sviluppo del Paese sono molto più vicini al pragmatismo di governo che alla retorica della lotta.

Ad esempio può allarmare i disattenti e accontentare i luddisti l’azione di Di Maio che decide di portare le carte sulla gara Ilva prima ad Anac e poi ad avvocatura, ma inequivocabili sono le sue parole, se pur non riprese da alcun organo di stampa “anche qualora l’avvocatura ravvisasse irregolarità nella gara non significa in automatico che procederò al ritiro, poiché la revoca in autotutela deve corrispondere all’interesse generale che non comprende solo la tutela della legalità”. Come dire meglio di cosi “si a Ilva”?

Altrettanto è stato fatto da Conte con Tap: “Ho ascoltato gli interessi delle comunità locali, ma anche Trump e tutto il resto dei fattori geopolitici ed economici per cui l’opera è strategica e spetta al premier farne la sintesi politica”.

Ed è questo il secondo paradigma che segniamo analizzando la torta Swg: dopo l’esaurirsi del Nimby, la fine anche del Nimto (Not In My Term of Office, «non nel mio mandato»). Ovvero la propensione a bloccare tutto finché governo io, ci penseranno quelli dopo di me, con il solo risultato di ritardare lo sviluppo (ultimo esempio ricorso costituzionale perso da Michele Emiliano su competenza per permessi ricerca air gun off shore, con risultato di aver fatto scappare investitore Petroceltic).

Ci voleva, per assurdo, il governo gialloverde per arrivare a questa libertà dopo anni di politiche dello sviluppo bloccate dal viralizzarsi delle due sindromi Nimby e Nimto.

Perché solo quando va al governo un partito non rappresenta più i suoi elettori, ma l’intera nazione.
Figuriamoci quando i partiti sono due.

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