Le ultime mosse in Europa sull’embargo al petrolio russo. La Repubblica Ceca, l’Italia, l’Ue: tra presente e futuro energetico
Si è chiusa una settimana caldissima sul fronte delle relazioni (anche) energetiche. Bruxelles ha approvato il sesto pacchetto delle sanzioni che va a colpire il petrolio russo. Ma forse la lezione più importante e lungimirante arriva dalla Repubblica Ceca. L’Italia, invece, lavora ancora alle forniture alternative.
IL “NUOVO” OLEODOTTO DI PRAGA
Repubblica Ceca, dicevamo. Praga, scrive Reuters, “è pronta ad aumentare la sua partecipazione in un oleodotto chiave e a investire per aumentare la sua capacità e porre fine alla parziale dipendenza del paese dal petrolio russo”. L’annuncio è arrivato questo venerdì dal ministro dell’Industria e del Commercio Jozef Sikela. L’oleodotto in questione è il TAL: trasporta petrolio dal porto di Trieste all’Austria e alla Germania, da cui un altro tubo lo collega alla Repubblica Ceca.
“Siamo pronti a investire più della nostra parte proporzionata”, ha detto Sikela. Infatti, sinora, il governo ceco ha il 5% di partecipazione in TAL e a livello di forniture il greggio arriva per metà tramite questo prezioso oleodotto e per l’altra metà dall’oleodotto russo Druzhba. “Siamo anche pronti ad alzare la nostra posta in gioco, perché una delle cose che stiamo cercando è ottenere quasi tutta la capacità extra” ha aggiunto il ministro. Servono turbine più potenti, producibili entro il 2024.
LA STRATEGIA DI BRUXELLES SULL’EMBARGO AL PETROLIO
A livello europeo, Bruxelles ha avviato il piano di modifica dell’embargo al greggio di Mosca. Per attirare chi ancora fatica a staccarsi dal regime (anche) energetico di Putin, l’Ue ha messo sul piatto una gradualità di tre mesi prima dell’introduzione di un divieto sui servizi di spedizione per il trasporto di petrolio russo, e un aiuto con investimenti per migliorare le infrastrutture petrolifere e mitigare l’impatto delle sanzioni.
E L’ITALIA?
L’Italia, dal canto suo, prosegue la strategia di ricerca di fornitori alternativi alla Federazione russa. Il viaggio di Draghi a Washington porterà in primo piano la richiesta di maggiori carichi di Gnl americano. Ma spinge anche, ancora, sulla via del tetto al prezzo del gas. Il governo lavora sempre in tandem con Eni, annunciando un piano di sostituzione del gas di Gazprom.
I prossimi giorni, insomma, aggiungeranno altra sostanza all’addio europeo alle forniture russe.