Per l’Italia i dati dello studio Eurofound prevedono un effetto positivo sul Pil dello 0,7% e sull’occupazione dello 0,5% al 2030
Se la transizione europea verso un’economia a basse emissioni di CO2 proseguirà in linea con le indicazioni dell’Accordo di Parigi, di qui al 2030 si avrà un effetto positivo sul Pil europeo pari all’1,1% e una crescita aggiuntiva dell’occupazione dello 0,5% rispetto allo scenario “business as usual”. È quanto emerge da un’analisi basata su un modello macroeconomico globale gestito da Cambridge Econometrics e dall’European Jobs Monitor di Eurofound. L’analisi è dettagliata nello “Scenario Energia – Implicazioni occupazionali del rapporto sull’accordo di Parigi sul clima” del progetto Future of Manufacturing in Europe (FOME). Che a sua volta è un progetto Ue proposto dal Parlamento Europeo e delegato a Eurofound dalla Commissione Europea. (qui lo studio Eurofound)
L’ANALISI MOSTRA UN AUMENTO DELLA MANODOPERA
Le proiezioni contenute nella relazione si basano sul presupposto che non vi saranno frizioni significative sul mercato del lavoro a seguito della transizione, in particolare che la forza lavoro si adatterà ai cambiamenti strutturali per quanto riguarda i requisiti in materia di competenze. Ciò presuppone, osserva l’analisi, “che siano messi a disposizione finanziamenti per la ristrutturazione e che i paesi mantengano gli attuali livelli di prestazione in settori economici chiave”. In questo scenario “i modelli mostrano che la piena attuazione dell’accordo di Parigi sul clima è positiva per l’Ue nel suo insieme, sia in termini di Pil che di crescita dell’occupazione. Ciò è dovuto principalmente all’attività di investimento necessaria per realizzare tale transizione, insieme all’impatto della riduzione della spesa per l’importazione di combustibili fossili. Lo spostamento verso la produzione di beni strumentali, quali attrezzature, macchinari ed edifici, comporterà un notevole aumento della domanda di manodopera proveniente dalle attività connesse”. Infatti, osserva la relazione “l’impatto varia notevolmente da un settore all’altro: ad esempio, si perdono posti di lavoro nell’estrazione e nella lavorazione dei combustibili fossili, ma si guadagnano posti di lavoro nella costruzione e nella fabbricazione di attrezzature rinnovabili e per l’efficienza energetica, insieme alle relative catene di approvvigionamento”.
GRAN PARTE DELL’OCCUPAZIONE CREATA È AL LIVELLO PIÙ BASSO E MEDIO DELLA DISTRIBUZIONE DEI SALARI
Tuttavia, avverte la relazione se “nel complesso lo scenario energetico implica un aumento dell’occupazione in Europa, gran parte dell’occupazione creata è al livello più basso e medio della distribuzione dei salari. Questi posti di lavoro, in misura maggiore rispetto alle previsioni di base, sono occupati da lavoratori con un livello di istruzione inferiore e comportano l’esecuzione di compiti meno avanzati”.
A LETTONIA, MALTA E BELGIO IL MAGGIOR INCREMENTO DI PIL. MALE LA POLONIA. IN ITALIA PIL +0,7% E OCCUPAZIONE +0,5%
A livello Ue, lo studio prevede che saranno Lettonia, Malta e Belgio a registrare il maggiore incremento di Pil. “Con quasi il 6%, la crescita prevista del Prodotto interno lordo lettone è di gran lunga la più significativa. Ciò è dovuto in gran parte agli investimenti necessari per l’efficienza energetica e la riduzione delle importazioni di combustibili fossili in rapporto al Pil. Anche il Belgio è tra i paesi che registrerebbero un notevole aumento dell’occupazione a seguito della ristrutturazione economica necessaria per attuare pienamente l’accordo di Parigi, con un conseguente aumento della spesa dei consumatori in settori ad alta intensità di manodopera come il commercio al dettaglio, l’ospitalità e la ristorazione”. Spagna e Germania subirebbero un fenomeno analogo; nel caso della Spagna, la relazione sottolinea “l’importanza dell’energia solare fotovoltaica e della riduzione dei prezzi dell’energia al consumo per la generazione di reddito disponibile a vantaggio dei settori ad alta intensità di lavoro”. L’unico paese in cui si prevede un calo netto dell’occupazione è la Polonia, a causa del suo ampio settore minerario del carbone. Per l’Italia i dati prevedono un effetto positivo sul Pil dello 0,7% e sull’occupazione dello 0,5%.
LA TRANSIZIONE ENERGETICA FA BENE ALLA CINA MA NON AGLI USA
Diverso il discorso a livello mondiale: in questo caso dallo studio emerge che la Cina dovrebbe beneficiare di una transizione a basse emissioni di carbonio, mentre gli Stati Uniti registrerebbero un calo del Pil del 3,4% e un calo dell’occupazione dell’1,6%.
STORRIE (EUROFOUND): IN PERICOLO SOPRATTUTTO LE PERSONE SOCIALMENTE, ECONOMICAMENTE O EMARGINATE O VULNERABILI
“I cambiamenti climatici potrebbero avere implicazioni molto gravi per le condizioni di vita e di lavoro su scala globale; sono le persone socialmente, economicamente o emarginate che sono particolarmente vulnerabili. La presente relazione illustra i notevoli vantaggi economici e occupazionali che l’Europa ha tratto dalla lotta ai cambiamenti climatici e dalla piena attuazione dell’accordo di Parigi”, ha commentato il ricercatore capo di Eurofound Donald Storrie.
LE EMISSIONI AUMENTANO. SI PREVEDE CHE I CAMBIAMENTI CLIMATICI AVRANNO IMPLICAZIONI MOLTO GRAVI PER LE CONDIZIONI DI VITA E DI LAVORO SIA A LIVELLO MONDIALE CHE NELL’UE
Infatti, si legge nelle conclusioni della ricerca, “nonostante l’accordo di Parigi sul clima del 2015 per ridurre il riscaldamento globale, i dati pubblicati alla fine del 2018 mostrano che le emissioni di carbonio stanno accelerando al ritmo più veloce degli ultimi sette anni. I dati, pubblicati nelle riviste scientifiche Nature, Earth System Science Data e Environment Research Letters, suggeriscono che le emissioni di picco globali non sono ancora in vista. L’impennata del 2018 è dovuta principalmente agli sviluppi in Cina, dove il consumo di carbone continua a crescere, nonostante il suo declino altrove. A livello mondiale, il consumo di petrolio e di gas continua a crescere, e si prevede che i cambiamenti climatici avranno implicazioni molto gravi per le condizioni di vita e di lavoro sia a livello mondiale che nell’Ue. Inoltre, sono particolarmente vulnerabili le persone socialmente, economicamente o altrimenti emarginate. Può trattarsi di pensionati lasciati da soli durante un’ondata di caldo o di dipendenti che trascorrono la maggior parte delle loro giornate all’aperto. Nel complesso, i poveri saranno i più colpiti dall’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari a causa del calo dei raccolti, e sono i poveri i più colpiti dalle calamità naturali. Il cambiamento climatico potrebbe anche portare a un’evacuazione di massa senza precedenti di persone provenienti dai paesi poveri che ridurrebbe la recente migrazione in Europa”. I risultati di questa relazione, così come altri risultati chiave del progetto, saranno discussi in occasione della manifestazione “Il futuro dell’industria manifatturiera in Europa” che si terrà a Bruxelles l’11 aprile.