Il voto contrario del Consiglio comunale e le promesse di un ricorso al TAR non fermano i lavori per il dissalatore sul fiume Tara. “Rete difesa fiume Tara” accusa: “La politica ha tradito la cittadinanza”
Il progetto del dissalatore di AQP a Taranto avanza nonostante il no del Consiglio Comunale. E del ricorso al Tar promesso non c’è neanche l’ombra. È l’accusa lanciata dall’associazione ambientalista “Rete difesa fiume Tara”, che chiede a gran voce l’avvio del ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale, promesso dai consiglieri comunali.
DISSALATORE DI AQP A TARANTO, L’OPERA NON SI FERMA
Il dissalatore di AQP a Taranto è un impianto inutile e dannoso, secondo “Rete difesa fiume Tara”, ma la giustizia amministrativa è ferma.
“Quest’opera è inutile e dannosa non la vogliamo né sul Tara né altrove. È questa la premessa politica che deve orientare le scelte delle istituzioni e ogni iniziativa tecnico-giuridica”, si legge nella nota diffusa dall’associazione. Le istituzioni, però, hanno abbandonato la cittadinanza da sola nella battaglia a difesa del corso d’acqua secondo gli attivisti, che attaccano senza mezzi termini l’immobilismo della politica. Il 3 febbraio 2025 furono 17 consiglieri comunali a votare contro il progetto, impegnandosi pubblicamente ad attivarsi con tutti gli strumenti possibili per contrastare la costruzione del dissalatore, incluso il ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale.
Tra i nomi citati dall’associazione figurano Antonio Lenti, Luca Contrario, Gianni Liviano, Francesco Cosa, Cosimo Festinante, Mirko Maiorino, Tiziana Toscano, Giampaolo Vietri, Massimiliano Stellato, Paolo Castronovi, Adriano Tribbia, Mario Odone, Luigi Agrusti, Valerio Papa, Michele De Martino, Giuseppe Fiusco e Luigi Abbate.
CHI PAGA IL RICORSO CONTRO IL DISSALATORE?
A mesi di distanza dal voto con cui il precedente Consiglio comunale di Taranto ha espresso contrarietà al progetto del dissalatore sul fiume Tara, il progetto ancora non è stato fermato. “La comunità non dimentica. Le parole non bastano più, adesso servono fatti. E i fatti hanno un nome preciso: il ricorso al TAR contro il dissalatore del Tara. No al dissalatore, né qui né altrove”, scrive “Rete difesa fiume Tara”, sottolineando che proseguire il ricorso al Tar avviato dall’amministrazione uscente è responsabilità della politica comunale, non della cittadinanza.
“Non è tollerabile che la comunità debba raccogliere fondi, come già accaduto per impugnare l’Aia dell’ex Ilva. La responsabilità è e resta della politica, perché è la politica che ha promesso di agire”, si legge nella nota di “Rete difesa fiume Tara”.
PERCHE’ LA CITTADINANZA CRITICA IL DISSALATORE DI AQP
Sono una quarantina le associazioni che si oppongono al dissalatore di AQP a Taranto, considerato una scelta insostenibile dal punto di vista ambientale ed economico che rischia di portare la Puglia alla bancarotta idrica. Il Comitato per la difesa del territorio jonico, che le racchiude, da tempo manifesta contro l’infrastruttura che renderà potabili le acque salmastre della sorgente del fiume Tara, in Puglia. Un’opera che costerà 130 milioni di euro a pieno regime – e si rischia che gli ulteriori costi possano essere coperti dai cittadini e non solo dal PNRR – dovrebbe produrre 650 litri al secondo di acqua, poi remineralizzata aggiungendo acqua dolce e inviata al serbatoio di Taranto da 200.000 metri cubi. Tuttavia, secondo il Comitato per la difesa del territorio jonico, si tratta di un’opera costosa, invasiva, inefficace e dall’impatto ambientale significativo.
L’opera non è la soluzione migliore contro la siccità, secondo i cittadini, “ma un palliativo che rischia di creare nuovi problemi ambientali e di aggravare il deficit idrico, fino ad un vera e propria bancarotta idrica, sottraendo ulteriormente acqua al fiume Tara e minacciando il delicato equilibrio dell’ecosistema locale”. Prendendo a riferimento il report “CNR- Siccità scarsità e crisi idriche. Il contributo della ricerca a supporto della definizione del bilancio idrico”, le associazioni propongono, in alternativa, un approccio integrato che prenda in considerazione non solo il bilancio idrologico, ma anche le implicazioni socio-economiche e ambientali. In particolare, suggeriscono di dirottare gli ingenti fondi destinati al dissalatore su strategie di conservazione, ammodernamento delle infrastrutture esistenti e ottimizzazione della risorsa idrica disponibile, evitando sprechi e dispersioni.
LA RISPOSTA DI AQP
“(…) Il dissalatore di Taranto, come si può evincere dal progetto che ha superato tutte le autorizzazioni previste, è coerente con la visione dello studio. Il dissalatore di Taranto risponde all’esigenza di diversificare le fonti e rendere più autonomi e resilienti Taranto e l’arco ionico salentino, l’unica area pugliese servita da una sola linea di approvvigionamento, tra l’altro extraregionale. Il dissalatore si affiancherà alle altre azioni già messe in atto da AQP. Il recupero delle perdite idriche e l’efficientamento dei processi già oggi consento ad AQP di soddisfare il fabbisogno prelevando circa 100 milioni di metri cubi all’anno in meno rispetto al 2009. Una capacità gestionale che ha consentito alla Puglia di superare il 2024 senza interruzioni di servizio in un contesto in cui ampie aree del Sud Italia hanno subito razionamenti alla fornitura idrica. Il lavoro prosegue e attualmente sono in corso interventi che riguardano 1.300 chilometri di reti per un investimento complessivo di circa 800 milioni di euro. Lavori di risanamento reti sono in corso tra l’altro proprio in questi giorni a Taranto (…)”, si legge nella replica di Acquedotto Pugliese all’articolo di Energia Oltre che tratta la vicenda.