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Cina Stati Uniti

Auto elettriche, perché la sfida tra USA e Cina passa anche dalla catena di approvvigionamento

Securing America’s Future Energy (SAFE) sostiene che la Cina ha vinto in parte a causa dell’incapacità di considerare il peso che l’estrazione e la lavorazione dei minerali critici 

Sette mesi dopo che il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha firmato l’Inflation Reduction Act, la sfida che gli Stati Uniti dovranno sostenere per allentare la presa della Cina sulla catena di fornitura delle auto elettriche – un obiettivo chiave della legge – sta diventando sempre più evidente.

Ford, il principale produttore automobilistico statunitense, il mese scorso ha confermato che sfrutterà la tecnologia nella produzione di batterie del colosso cinese CATL per un impianto da 3,5 miliardi di dollari che sta costruendo in Michigan.

Tesla si aspetta che la versione base della sua auto più economica, la Model 3, perderà l’intero credito d’imposta di 7.500 dollari a cui ha diritto perché le sue celle provengono dalla Cina. E, salvo grandi sorprese alla fine di questa settimana, molte altre auto elettriche attualmente idonee per i crediti potranno beneficiare di incentivi di 3.750 dollari, al massimo, dopo che il Dipartimento del Tesoro USA avrà finalizzato i requisiti sui contenuti, che sono stati oggetto di accesi dibattiti e frenetiche pressioni.

Prima che queste regole verranno rilasciate, un think tank di Washington – la cui missione è in linea con gli obiettivi dell’IRA – sta pubblicando un rapporto dettagliato che approfondisce il ruolo leader della Cina nella catena di approvvigionamento. Il gruppo – Securing America’s Future Energy (SAFE) – sostiene che la Cina ha vinto in parte a causa dell’incapacità di considerare il peso che l’estrazione e la lavorazione dei minerali critici – tra cui litio, nichel e cobalto – stanno avendo sui lavoratori e sull’ambiente, spesso nei Paesi a basso reddito.

Ad esempio, la SAFE sottolinea come la Cina abbia superato di gran lunga gli Stati Uniti nella produzione delle terre rare utilizzate nei motori dei veicoli elettrici e come l’Indonesia, nella produzione di nichel, abbia costruito un enorme vantaggio sull’Australia.

LA COMPETIZIONE USA-CINA SULLE TERRE RARE

Gli Stati Uniti sono stati il principale produttore di terre rare negli Anni 90, fino a quando i fornitori cinesi hanno invaso il mercato con forniture a basso costo. Quelle terre rare erano in parte più economiche, perché i fornitori potevano smaltire i rifiuti radioattivi nel Fiume Giallo che scorre attraverso la Cina occidentale, afferma SAFE, citando un rapporto dell’Istituto per l’analisi della sicurezza globale.

Per quanto riguarda il nichel, alcune compagnie minerarie in Indonesia sono in grado di produrlo a un costo inferiore, scaricando i loro rifiuti nell’oceano, afferma la SAFE, citando il rapporto di una lobby tedesca. Sebbene l’Australia sia più o meno alla pari con l’Indonesia tra i Paesi con le maggiori riserve di nichel, vieta queste pratiche di smaltimento. Secondo la SAFE, circa la metà del nichel mondiale proviene dall’Indonesia, mentre l’Australia fornisce solo il 5%.

“Questo mercato irregolare – in cui i produttori competono solo sui costi e la visibilità su come le cose vengono acquistate – ha creato una corsa globale al ribasso per i minerali critici, che non solo svantaggia le comunità, l’ambiente e i produttori responsabili, ma minaccia anche la sicurezza nazionale dell’America”, scrivono gli autori del rapporto.

L’IDEA DI UN’ALLEANZA USA-UE-GIAPPONE SUI MINERALI CRITICI

La SAFE delinea delle misure politiche che, a suo dire, capovolgerebbero questo fenomeno. Nel suo rapporto, intitolato “A Global Race to the Top”, il gruppo esorta gli Stati Uniti ad unirsi con l’Unione europea e il Giappone e accettare di procurarsi solo minerali prodotti con standard elevati, sostenendo che il resto del mondo sarebbe costretto a seguire l’esempio.

MAGGIORE TRASPARENZA

Esiste un precedente analogo per quello che chiede la SAFE: le visite del Dipartimento dell’Agricoltura USA ai siti internazionali per garantire che i prodotti alimentari importati siano conformi alle norme di sicurezza. Il gruppo chiede al Congresso di arruolare il Bureau of Land Management, la Mine Safety and Health Administration, l’Environmental Protection Agency e altre agenzie federali competenti per visitare allo stesso modo le miniere, per assicurarsi che siano conformi agli standard statunitensi.

La SAFE raccomanda inoltre una maggiore trasparenza della provenienza dei minerali – e del loro costo umano e ambientale – a livello dei consumatori, aggiungendo alle etichette dei veicoli queste informazioni, tra cui i prezzi e l’autonomia della batteria.

“Consideriamo l’estrazione responsabile come la chiave per la diversificazione”, ha dichiarato in un’intervista Abigail Wulf, vicepresidente e direttore del Center for Critical Minerals Strategy di SAFE. “In questo momento è molto difficile diversificare le catene di approvvigionamento, perché è difficilissimo competere sui costi. È difficile competere anche sui costi, perché il luogo da cui si ottengono questi minerali apparentemente sta degradando l’ambiente e sfruttando i lavoratori in modi che non sarebbero consentiti negli Stati Uniti, in Canada, nell’Unione europea e in Australia”.

L’IRA, ha affermato Wulf, rappresenta un “primo passo fondamentale” verso la trasparenza richiesta dalla SAFE. Con la transizione globale ai veicoli elettrici ancora agli inizi, il gruppo sostiene che c’è ancora un’opportunità per plasmare il futuro di questo mercato e il suo impatto sulle economie, la geopolitica e l’ambiente.

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