Giovannini (AsVis): “L’autonomia differenziata potrebbe ostacolare il ritorno del nucleare”. Nel 2025 prezzi materie prime ai minimi da cinque anni. Russia pronta a chiudere rubinetti gas a Moldavia. La rassegna Energia
L’autonomia differenziata potrebbe avere conseguenze importanti sulle politiche climatiche ed energetiche nazionali, danneggiando anche il percorso verso il ritorno del nucleare in Italia. A dirlo è Enrico Giovannini, ex ministro e oggi direttore scientifico dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, in un’intervista su La Repubblica Affari & Finanza. Nel 2025 i prezzi globali delle materie prime raggiungeranno i minimi degli ultimi cinque anni, eccetto il gas naturale. Un calo ce interesserà il petrolio, le materie prime critiche secondo quanto si legge su La Repubblica & Finanza. La Russia è pronta a chiudere i rubinetti del gas alla Moldavia. Infatti, Gazprom interromperà le forniture a partire dal primo gennaio. La rassegna Energia.
ENERGIA, GIOVANNINI (ASVIS): “AUTONOMIA RISCHIA DANNEGGIARE NUCLEARE”
“L’autonomia differenziata e le sue conseguenze sulle politiche climatiche ed energetiche. La lentezza nella crescita delle rinnovabili e il rischio di paralisi dell’idroelettrico. La distanza tra gli annunci e gli impegni presi in Piani Nazionali (quello Energia e Clima, Pniec, e quello sull’Adattamento ai cambiamenti climatici, Pnac) e le azioni messe effettivamente in campo. (…) Sono questi, secondo Enrico Giovannini, ex ministro e oggi direttore scientifico dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, le principali sfide climatico-energetiche che attendono il nostro Paese nel 2025. Professor Giovannini, cominciamo dall’autonomia differenziata…«Auspico che il blocco della legge a cui stiamo assistendo induca le forze di governo a un ripensamento». «(…) E l’autonomia potrebbe persino azzoppare un cavallo di battaglia dell’attuale governo: il ritorno del nucleare»”, si legge su La Repubblica Affari & Finanza.
«(…) l’11 dicembre scorso il Consiglio regionale del Veneto ha approvato una norma che vieta la realizzazione di una centrale nucleare a Porto Marghera e in Laguna. Un Consiglio regionale a trazione leghista, partito il cui leader è molto favorevole al nucleare… figuriamoci altrove». Veniamo all’idroelettrico. «C’è il problema della durata delle concessioni. Sono in discussione all’interno della legge sulla concorrenza e i tempi per il rinnovo sono considerati brevi, ma brevi per fare cosa? Il problema è che non si è mai pensato alle dighe, oltre che come strumento per generare elettricità, come luogo di stoccaggio dell’acqua, risorsa sempre più preziosa. Adeguare i bacini idrici in quest’ottica sarebbe un cambio di prospettiva: affrontare insieme mitigazione (riduzione dei gas serra, ndr) e adattamento ai cambiamenti climatici e alle loro conseguenze». (…) il piano di ripristino della natura previsto dalla Nature restoration law, che pone come obiettivo il risanamento del 30% dei territori degradati entro il 2030. (…) il governo deve recepire la direttiva case green. Peccato che nel piano strutturale di bilancio non siano previsti fondi per l’attuazione di questi regolamenti»”, continua il giornale.
Il governo italiano da mesi ha ingaggiato un braccio di ferro con Bruxelles sullo stop dal 2035 alla produzione di nuove auto a combustione interna. Ci saranno sviluppi nel 2025? «Non credo. E per varie ragioni. La prima è che nessuna delle grandi aziende automobilistiche europee mette in discussione la scelta sull’elettrico. La seconda è che gli sviluppi tecnologici sono straordinari in questo campo: se davvero si facessero le batterie al potassio la partita cambierebbe notevolmente. (…) Che fine ha fatto il piano del governo Meloni di fare dell’Italia un “hub europeo del gas”? Lo vedremo rispuntare l’anno prossimo? «Non mi sembra che il Mediterraneo si stia pacificando. Si sta puntando in termini strategici a un’area instabile (…) la probabilità che questo accada se non è zero poco ci manca. Il gas resterà come fonte di transizione? Ovviamente sì. Ci conviene che questa transizione duri a lungo? Ovviamente no»”, continua il giornale.
ENERGIA, PREZZI IN CALO NEL 2025
“Il 2025 sarà l’anno dei ribassi. Secondo la Banca Mondiale, nei prossimi dodici mesi i prezzi globali delle materie prime raggiungeranno i minimi degli ultimi cinque anni, con la sola eccezione del gas naturale. Il calo continuerà anche nel 2026, anche se non si possono escludere cambi di scenario che potrebbero influire soprattutto sui prezzi dell’energia sulla quale grava la variabile delle tensioni geopolitiche. Come segnalato nell’ultimo report Commodity Markets Outlook della Banca Mondiale, la possibilità di una escalation del conflitto in Medio Oriente rappresenta un rischio di rialzo a breve termine (…) Un ulteriore rischio di rialzo è rappresentato da una crescita economica più sostenuta del previsto, soprattutto negli Stati Uniti e in Cina”, si legge su La Repubblica Affari & Finanza.
“Dall’invasione dell’Ucraina, le variazioni dei prezzi del petrolio hanno raggiunto i livelli più alti all’inizio dello scorso ottobre, quando le quotazioni sono aumentate del 10% in soli 3 giorni. Poi, è cominciata una discesa dovuta al concorso di fattori sottostanti a lungo termine. (…) Il surplus di greggio dovrebbe consentire una discesa dei prezzi anche nel 2026. A differenza del petrolio, i prezzi del gas naturale europeo sono stati più alti della media già dalla metà di quest’anno. La tendenza al rialzo, secondo gli analisti, è destinata a continuare”, continua il giornale.
“La Banca Mondiale prevede una tendenza al ribasso per le materie prime agricole: -4% nel 2025 e stabilizzazione nel 2026. Dopo il -21% del 2024, calerà ancora il prezzo del frumento, così come quello del mais, che quest’anno ha fatto registrare un -26 per cento. Per il prezzo del riso si prevede un calo dell’11 per cento, dopo il +8% di quest’anno, per via dell’aumento della produzione mondiale. Salirà anche la produzione di soia, con un’ulteriore riduzione del prezzo, nella misura del 6 per cento. (…) In generale, il calo dei prezzi delle materie prime alimentari dovrebbe migliorare l’accessibilità economica del cibo nei mercati emergenti e nei Paesi in via di sviluppo. Tuttavia, la Banca Mondiale avverte che la relazione fra i prezzi globali delle materie prime e l’insicurezza alimentare è sempre più complicata da crisi locali legate a conflitti, disastri naturali e shock economici. Del resto, la Fao prevede che il numero delle persone che soffrono di denutrizione aumenterà ulteriormente nel 2025, raggiungendo i 735 milioni”, continua il giornale.
“I prezzi dei metalli preziosi sono aumentati nel corso del 2024. La crescita delle quotazioni è stata guidata da una continua impennata dei prezzi dell’oro, che quest’anno hanno fatto registrare un +21 per cento. Per le tensioni geopolitiche, ma non solo. Un ruolo decisivo giocano l’aumento della domanda da parte delle banche centrali e la politica monetaria Usa. L’incertezza geopolitica e l’instabilità dei mercati finanziari, secondo la Banca Mondiale, dovrebbero mantenere alte le quotazioni (…) Questo scenario porta a prevedere un aumento delle quotazioni del 7% nel 2025 e del 3% nel 2026. Nelle ultime settimane hanno ripreso a salire anche i prezzi del platino, che per tutto l’anno hanno fatto registrare flessioni dovute alla debolezza della domanda dell’industria automobilistica, la principale utilizzatrice. Per il prossimo anno si prevede un aumento del 5% dovuto ad una minore offerta del Sud Africa”, continua il giornale.
“I prezzi delle materie prime critiche sono calati nella seconda metà del 2024. Cobalto e litio sono i metalli che si sono maggiormente svalutati (rispettivamente del 18% e del 25 per cento). Nel breve termine non si prevede una ripresa. La Banca Mondiale stima che i prezzi delle materie prime critiche, a cominciare dal rame e dal nichel, essenziali per la transizione energetica, potrebbero essere influenzati dalla riduzione o dall’interruzione delle forniture. È sempre più lungo, infatti, l’elenco dei metalli soggetti a crescenti restrizioni commerciali. Si pensi, per esempio, alle importazioni di alluminio dalla Cina, del nichel dall’Indonesia e dello stagno dal Myanmar. (…)
Secondo gli analisti, il rallentamento dell’economia cinese inciderà negativamente sul prezzo del rame, che nel 2025 potrebbe subire un calo del 5 per cento: gli stimoli fiscali del governo di Pechino potrebbero non bastare. Il rallentamento dell’attività manifatturiera globale, insieme con gli ulteriori dazi annunciati dal presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump, potrebbero deprimere ulteriormente le quotazioni”, continua il giornale.
ENERGIA, RUSSIA PRONTA A CHIUDERE RUBINETTI GAS A MOLDAVIA
“Il Cremlino si prepara a chiudere i rubinetti del gas per la Moldavia. Il gigante russo Gazprom ha annunciato che interromperà le forniture a partire dal primo gennaio. E nella repubblica ex sovietica candidata all’ingresso nell’Ue c’è già chi teme una nuova crisi energetica. Ma qual è il motivo dello stop al gas russo? Mosca sostiene che la Moldavia non abbia saldato un debito da 709 milioni di dollari per il metano. Ma il governo di Chisinau respinge le accuse, dice di dovere a Mosca solo 8,6 milioni, e soprattutto punta a sua volta il dito contro il Cremlino accusandolo di usare «l’energia come un’arma politica». (…) Le forniture alla Moldavia, che ha introdotto lo stato di emergenza erano già considerate a rischio da quando Kiev aveva annunciato di non voler rinnovare l’accordo per far passare dai gasdotti ucraini il metano russo diretto in Europa. Il contratto scade alla fine di quest’anno. Secondo Chisinau ci sono però rotte alternative a quella ucraina e se il gas russo non arriverà in Moldavia – sostiene – sarà in realtà per una mancanza di volontà politica del Cremlino. Il governo moldavo ritiene infatti che la questione sia facilmente risolvibile facendo arrivare il metano russo attraverso il TurkStream”, si legge su La Stampa.
“«Il problema è che la Gazprom si rifiuta semplicemente di rispettare i termini contrattuali e fornire gas attraverso un’altra rotta. La rotta è disponibile, i volumi sono disponibili», affermava nei giorni scorsi la presidente moldava Sandu, accusando Mosca di voler cogliere «un’opportunità per creare una crisi energetica». (…) Chisinau importa circa due miliardi di metri cubi di gas l’anno dalla Russia, anche se dice di voler ridurre quanto più possibile la dipendenza dal metano di Mosca dopo la guerra in Ucraina. La Moldaviagaz sostiene di «avere contrattato i volumi di gas necessari, che garantiranno integralmente l’intero consumo» della Moldavia, Transnistria esclusa, per il primo trimestre del 2025”, continua il giornale.