La Consulta boccia il congelamento delle tariffe voluto dal Governo e vanifica gli sforzi del Mit. Salvi gli automobilisti sulla Tirrenica e l’Autostrada dei Parchi. Rincari anche sul Brennero.
La doccia fredda per gli automobilisti italiani è arrivata con una nota ufficiale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti: dal 1° gennaio 2026 i pedaggi autostradali aumenteranno dell’1,5%. Una decisione obbligata, spiega il dicastero guidato da Matteo Salvini, conseguenza diretta della sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo il blocco delle tariffe imposto dal governo in attesa dei nuovi piani economico-finanziari (Pef). Il tentativo dell’esecutivo di congelare i rincari per tutelare le tasche dei cittadini è stato dunque vanificato dai giudici della Consulta, che hanno censurato i rinvii reiterati dal 2020 al 2023, giudicandoli lesivi dell’equilibrio contrattuale delle concessioni e della libertà d’impresa. A mettere il sigillo finale è stata poi l’Autorità di Regolazione dei Trasporti (ART), che ha quantificato l’adeguamento tariffario basandolo sull’indice di inflazione programmata per il 2026.
LE ECCEZIONI E I CASI PARTICOLARI
Non tutte le tratte subiranno lo stesso destino. Il Ministero ha specificato che per alcune concessionarie non ci saranno variazioni a carico dell’utenza: si tratta di Concessioni del Tirreno (tronchi A10 e A12), Ivrea-Torino-Piacenza (tronchi A5 e A21) e Strada dei Parchi. Per queste società, vigono ancora accordi che blindano le tariffe attuali. Discorso diverso per la Salerno-Pompei-Napoli, dove l’aumento sarà più marcato, attestandosi all’1,925%. Anche l’Autostrada del Brennero vedrà un rincaro, seppur più contenuto (+1,46%), in un contesto particolare dato che la concessione è scaduta ed è in corso la complessa procedura per il riaffidamento.
LE RAGIONI DELLA CONSULTA: SICUREZZA E INVESTIMENTI A RISCHIO
La sentenza n. 147 della Corte Costituzionale, depositata lo scorso ottobre, ha rappresentato lo spartiacque giuridico della vicenda. I giudici hanno accolto il ricorso di Rav (Raccordo Autostradale Valle d’Aosta), stabilendo che il legislatore non può intervenire unilateralmente bloccando gli adeguamenti tariffari previsti dai contratti. Tale ingerenza, secondo la Consulta, altera l’equilibrio economico delle concessioni e mette a rischio la pianificazione degli investimenti necessari per la manutenzione e la sicurezza delle infrastrutture. Non si tratta di un mero tecnicismo legale: senza la certezza dei ricavi da pedaggio, le concessionarie potrebbero non avere la liquidità necessaria per cantieri fondamentali come quelli su viadotti e gallerie, compromettendo l’efficienza e la sicurezza della rete autostradale nazionale.
SCENARI FUTURI: TRA NUOVI PEF E PROROGHE
L’adeguamento tariffario del 2026 apre ora una fase delicata per la politica industriale del settore. Con il venir meno del blocco governativo, la palla passa alla definizione dei nuovi Piani Economico-Finanziari, che dovranno garantire la sostenibilità degli investimenti senza gravare eccessivamente sugli utenti. Gli scenari sul tavolo sono complessi: da un lato si ipotizzano ulteriori aggiustamenti dei pedaggi secondo i criteri dell’ART, dall’altro si valuta l’estensione della durata delle concessioni per spalmare nel tempo i costi delle opere. Una partita che si giocherà tra Roma e Bruxelles, sotto l’occhio vigile dell’Autorità di regolazione, per trovare un punto di equilibrio tra le esigenze di bilancio delle concessionarie, la qualità del servizio e la tutela dei cittadini.



