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Guerra E Transizione Energetica

Basterà una transizione per smettere di combattere?

Secondo un’analisi di Persuasion serviranno strategia e vigilanza per concretizzare gradualmente il passaggio alle energie pulite

Quella che si è chiusa con questo weekend è stata la settimana del centesimo giorno di guerra in Ucraina. Una guerra vecchio stampo, novecentesca, che ha scoperchiato tanti vasi di pandora. Uno dei principali: quello energetico. E, infatti, è stata anche la settimana dell’accordo per l’embargo al petrolio. Nonché di una minima promessa sul tetto al prezzo del gas.

Questioni che hanno visto l’Italia di Mario Draghi costantemente in prima fila, così come per la questione della ricerca di nuovi fornitori extra-Russia. Come anche per la transizione energetica, la svolta verso le rinnovabili.

Proprio su queste, un approfondimento comparso dapprima su Persuasion e ripreso dall’inserto geopolitico di Domani, Scenari, ha valutato il legame con le future guerre. Risultato: serve fare la transizione sì, ma senza pensare che risolva tutti i problemi.

LE ENERGIE PULITE NON PULIRANNO IL MONDO

” L’uso prolungato dei combustibili fossili ha lasciato i paesi democratici esposti a pericolose relazioni con stati autoritari come l’Arabia Saudita e la Russia”, scrivono Alex Trembath e Seaver Wang. Entrambi sono membri del think tank del Breakthrough Institute sulla ricerca ambientale.  “Petrolio e gas naturale sono le due principali esportazioni della Russia, seguite da altre materie prime derivate dall’energia fossile come i bricchetti di carbone, i fertilizzanti azotati e la ghisa. La dipendenza dai combustibili fossili russi dà un’urgenza nuova all’appello alla transizione verso fonti a basse emissioni di carbonio”, hanno scritto su Persuasion.

Dove hanno ammonito però sul fatto che “promuovere energia pulita non è però una risposta sufficiente all’attacco della Russia all’Ucraina ed è soltanto una soluzione parziale alle più ampie preoccupazioni geopolitiche e di sicurezza energetica. Anche in un futuro profondamente decarbonizzato è improbabile che la dipendenza dalle importazioni di energia, la disparità delle risorse e i capricci di leader autoritari svaniscano con i combustibili fossili”.

Ciò che sostengono con dovute basi, in sostanza, è che chi nasce tondo non morirà quadrato. “Anche nel caso in cui i governi globali rispettino gli impegni climatici presentati alla conferenza sul clima di Glasgow alla fine dell’anno scorso, non cambia il fatto che molti paesi, in particolare le economie in crescita come Cina, India e Nigeria, ma anche paesi ricchi come Giappone e Corea del Sud, continueranno a utilizzare combustibili fossili per decenni”.

Insomma, serve gradualità e prudenza nell’osservare e nell’analizzare questi tempi. Ché sono tempi storici, fatti di passaggi chiave. E proprio per questo vanno studiati e valutati senza arrivare a conclusioni drastiche.

QUI GRAN BRETAGNA: LE FONTI FOSSILI DOMINANO ANCORA

Gli stessi Trembath e Wang hanno citato gli accordi di Glasgow dello scorso autunno. Bene, proprio in riferimento alla Cop26, in Gran Bretagna sono stati resi noti gli investimenti che riguarderanno ancora le fonti fossili. 37 miliardi di sterline.

Oltretutto, il governo d’Oltremanica ha comunicato la possibile continuazione delle attività delle centrali elettriche a carbone di cui era stata già programmata la chiusura a fine anno.

“Alla luce dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, è giusto che esploriamo un’ampia gamma di opzioni per rafforzare ulteriormente la nostra sicurezza energetica e l’approvvigionamento interno”, hanno detto da Downing Street. Insomma, dovrà passarne di acqua sotto ai ponti per poter dire di vivere in un mondo davvero pulito.

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