Un’inchiesta, partita dalla denuncia di un whistleblower, ha svelato l’intesa. Eni, Esso, Ip, Q8, Saras e Tamoil si coordinavano sul valore della componente bio. Eni: decisione incomprensibile e infondata
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha inflitto una sanzione complessiva da oltre 936 milioni di euro a sei delle più importanti compagnie petrolifere operanti in Italia: Eni, Esso, Ip, Q8, Saras e Tamoil. L’accusa è quella di aver dato vita a un’intesa restrittiva della concorrenza per coordinarsi sul valore di una componente chiave inserita nel prezzo finale del carburante. La notizia arriva al termine di una complessa istruttoria avviata dall’Antitrust grazie alla denuncia di un whistleblower, una fonte interna che ha fatto scattare le indagini. Dall’inchiesta è emerso un cartello che, per oltre tre anni, ha alterato le normali dinamiche di mercato a danno dei consumatori.
UNA SANZIONE DA QUASI UN MILIARDO DI EURO
L’Autorità ha accertato l’esistenza di un’intesa illecita per tutte le parti coinvolte, fatta eccezione per Iplom e Repsol (le cui condotte sono state esaminate in riferimento a Tamoil, che l’ha acquisita), per le quali non sono emerse responsabilità. Di conseguenza, ha irrogato sanzioni per un totale di 936.659.087 euro. Nel dettaglio, le multe sono state così ripartite: Eni per 336.214.660 euro, Esso per 129.363.561 euro, Ip per 163.669.804 euro, Q8 per 172.592.363 euro, Saras per 43.788.944 euro e Tamoil per 91.029.755 euro.
UN CARTELLO SUL PREZZO DELLA COMPONENTE BIO
Il meccanismo dell’intesa, secondo la ricostruzione dell’Antitrust, si è concentrato sulla determinazione coordinata del valore della componente bio, introdotta dalle compagnie per ottemperare agli obblighi di legge. Il cartello ha avuto inizio il 1° gennaio 2020 e si è protratto fino al 30 giugno 2023. L’impatto di questa pratica è stato significativo: il valore di questa importante componente del prezzo è passato dai circa 20 €/mc del 2019 a quasi 60 €/mc del 2023, triplicando di fatto il suo valore.
SCAMBIO DI INFORMAZIONI E UN GIORNALE DI SETTORE
Secondo l’Autorità, le compagnie hanno attuato contestuali aumenti di prezzo, in gran parte coincidenti, resi possibili da scambi di informazioni diretti o indiretti tra le imprese interessate. Il cartello, inoltre, è stato facilitato dalla comunicazione del valore puntuale della componente bio in numerosi articoli pubblicati su “Staffetta Quotidiana”, un noto quotidiano di settore. L’Antitrust ha evidenziato come questo flusso informativo sia stato alimentato anche grazie alle informazioni inviate direttamente da Eni al giornale, creando di fatto un canale per allineare le strategie di prezzo.
ENI: DECISIONE AGCM SUL PRESUNTO CARTELLO DEI BIOCARBURANTI INCOMPRENSIBILE E INFONDATA
In merito alla sanzione annunciata oggi dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), conseguente al procedimento avviato oltre due anni fa, Eni esprime “il più fermo dissenso e la profonda sorpresa per le conclusioni dell’Autorità, che ha ritenuto la società partecipe di una presunta intesa restrittiva della concorrenza tra le principali società petrolifere operative in Italia nel settore dei carburanti per autotrazione, per quanto riguarda il costo della componente bio del prezzo del carburante, introdotta dalle compagnie nei carburanti tradizionali per ottemperare agli obblighi normativi”.
“Nonostante la piena collaborazione e la trasparenza assicurata da Eni durante tutto il corso dell’istruttoria, l’impianto accusatorio dell’AGCM si fonda su una ricostruzione artificiosa che ignora le logiche di funzionamento del mercato e travisa la realtà dei fatti, decontestualizzando comunicazioni legittime legate ai rapporti di fornitura reciproca tra gli operatori. L’AGCM ignora le evidenze emerse nel corso dell’istruttoria, che dimostrano come Eni e gli altri operatori abbiano sempre agito in autonomia e spesso in disallineamento, così come infondate risultano anche le valutazioni riguardo alla pubblicazione dei prezzi sulla stampa di settore, dato che le informazioni relative alla variazione dei prezzi della componente bio erano già note al mercato e, quindi, non in grado di condizionare le dinamiche concorrenziali”, prosegue la nota.
“La decisione dell’AGCM appare, peraltro, ancora più paradossale se si considera che riguarda una componente, imposta da obblighi normativi, che incide solo per pochi centesimi al litro sul prezzo al consumo del carburante e colpisce ingiustificatamente condotte commerciali corrette e trasparenti, disincentivando l’efficienza e l’innovazione in un settore strategico per il Paese. Un simile approccio, purtroppo non nuovo da parte dell’Autorità, rischia di penalizzare ulteriormente gli investimenti industriali italiani nella transizione energetica. Oltre al danno derivante da un’ingiusta sanzione, di importo assolutamente abnorme, il provvedimento odierno costituisce inoltre un ennesimo grave danno reputazionale per Eni, che viene accostata a pratiche collusive alle quali è del tutto estranea”, spiega Eni.
“Eni, pertanto, come già fatto in passato in relazione alla sanzione già ricevuta per asserite pratiche commerciali scorrette proprio in relazione ai propri biocarburanti (caso Diesel+), annullata definitivamente dal Consiglio di Stato dopo oltre 5 anni dalla sua irrogazione, tutelerà con determinazione le proprie ragioni e la propria immagine in ogni sede competente”, ha concluso la nota.