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Rame

Rame, la situazione in Cile preoccupa BHP

BHP dice che l’aumento della tassazione in Cile potrebbe disincentivare le compagnie minerarie straniere ad investire nelle miniere di rame

La società australiana BHP ha detto che la nuova legislazione mineraria proposta in Cile – primo paese al mondo per produzione di rame – rischia di danneggiare l’industria estrattiva e di mettere a rischio le forniture di rame e litio, due metalli considerati critici per la transizione verso le energie pulite.

LA LEGGE MINERARIA CILENA

Di recente una commissione del Congresso di Santiago ha approvato delle modifiche ad una legge mineraria che prevedono l’introduzione di una tassazione progressiva sulle vendite di rame e litio.

Il Financial Times sostiene che, anche se è improbabile che la proposta di legge venga approvata nella sua forma attuale, non è tuttavia da escludere che il Cile e gli altri paesi ricchi di risorse minerarie aumentino le tasse e le royalty, ovvero i compensi che le società concessionarie versano ai governi per lo sfruttamento commerciale dei depositi.

IL TIMORE DELLE COMPAGNIE MINERARIE

Visto il forte aumento dei prezzi delle materie prime sui mercati – di recente il rame è arrivato a venire scambiato sopra i 10mila dollari a tonnellata, per la prima volta in dieci anni –, le compagnie minerarie temono di venire prese di mira dai governi, che potrebbero utilizzare le tasse su di loro per finanziare i piani di ripresa economica dalla pandemia.

LA SITUAZIONE IN AUSTRALIA E PERÙ

Per esempio, in Australia, l’ex-primo ministro Kevin Rudd ha proposto un aumento delle imposte sui profitti dei maggiori produttori nazionali di minerale di ferro: ovvero BHP, Fortescue Metals Group e Rio Tinto. In Perù, durante la campagna elettorale, uno dei candidati alla presidenza ha promesso una ridistribuzione più equa della ricchezza mineraria.

OFFERTA A RISCHIO

Riferendosi alla situazione in Cile, il presidente di BHP Minerals Americas, Ragnar Udd, ha detto che l’aumento della tassazione potrebbe disincentivare le compagnie minerarie straniere ad investire in nuovi progetti o nell’espansione delle miniere esistenti. Il rischio è che non ci sia poi un’offerta di rame e litio sufficiente a rispondere alla crescente richiesta da parte del settore automobilistico e dell’energia rinnovabile.

Serviranno infatti quantità importanti di questo metallo per costruire le auto elettriche, le stazioni di ricarica, i cavi che collegheranno gli impianti di energia rinnovabile alla rete elettrica. E il Cile è il paese che produce più rame al mondo: vale da solo circa il 28 per cento della produzione mineraria globale.

IL PROBLEMA DEL RAME IN CILE

Il rame è fondamentale tanto per la transizione energetica quanto per l’economia cilena, anche se molte delle miniere del paese stanno invecchiando: il grado (la concentrazione) del metallo sta calando e i costi operativi stanno crescendo, dato che gli scavi devono spingersi sempre più in profondità.

Ragnar Udd ha detto che “i depositi in Cile non sono i depositi di venti, trent’anni fa”, e che negli ultimi quindici anni il grado del rame è sceso dall’1 per cento allo 0,6-0,7 per cento. “La realtà è che negli ultimi quindici anni la percentuale di rame proveniente dal Cile è passata dal 34 per cento del mercato mondiale al 28 per cento circa”.

COSA FA BHP SULLA POTASSA

Oltre a supervisionare le attività di BHP in Cile – inclusa Escondida, la miniera di rame più grande al mondo –, Udd è anche responsabile di Jansen, un grande progetto sulla potassa che la società vorrebbe sviluppare in Canada. BHP vi ha già investito 4,5 miliardi di dollari.

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