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Cambia il governo ma rimane lo stop alle trivelle

Esprime forte preoccupazione per la crisi del settore offshore la ROCA, l’associazione ravennate degli operatori del settore Oil&Gas. Eni intanto sta cominciando la dismissione di alcune piattaforme petrolifere nelle acque italiane

Cambia il governo, cambia il “colore” della compagine ma il risultato non cambia per il settore petrolifero e del gas italiano che, a quanto pare, dovrà fare i conti ancora con il giro di vite già messo in scena con la moratoria alle trivellazioni dell’esecutivo a trazione pentastellata e leghista.

CONTE: NO AL RILASCIO DI NUOVE CONCESSIONI PER L’ESTRAZIONE DI IDROCARBURI

A testimoniare la mancanza di cambio di passo, le parole del premier a Giuseppe Conte durante l’intervento per la richiesta di fiducia a Montecitorio: “Nella prospettiva di un’azione riformatrice coraggiosa e innovativa, obiettivo primario del governo sarà la realizzazione di un ‘green new deal’, che promuova la rigenerazione urbana, la riconversione energetica verso un progressivo e sempre più diffuso ricorso alle fonti rinnovabili, la protezione della biodiversità e dei mari, il contrasto ai cambiamenti climatici”. E poi ancora, la netta posizione di Conte sulle trivelle, tema molto caro ai 5 stelle: “Siamo determinati – ha detto – a introdurre una normativa che non consenta più il rilascio di nuove concessioni di trivellazione per estrazione di idrocarburi. Chi verrà dopo di noi, se mai vorrà assumersi l’irresponsabilità di far tornare il Paese indietro, dovrà farlo modificando questa norma di legge”.

COSTA: FELICI PER PAROLE NETTE E INCONTROVERTIBILI PRESIDENTE CONTE

“Il no a nuove concessioni per l’estrazione di idrocarburi, l’inserimento di ambiente, biodiversità e sviluppo sostenibile tra i principi fondamentali della nostra carta costituzionale, una legge sull’acqua pubblica, la massima priorità al contrasto del dissesto idrogeologico e alla ricostruzione delle zone terremotate, l’accelerazione della transizione ecologica. E, ancora, un green new deal che promuova la rigenerazione urbana, la riconversione energetica alle fonti rinnovabili, la protezione della biodiversità e dei mari, il contrasto ai cambiamenti climatici, sono solo alcuni dei temi citati dal Presidente e che dimostrano l’importanza che questo esecutivo intende riservare all’ambiente”, ha affermato il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, uno dei pochi riconfermati del vecchio corso, da Nuova Delhi dove si trova per partecipare alla Conferenza delle Parti sulla desertificazione. “Avanti tutta quindi, perché oggi più che mai l’ambiente è al centro della politica nazionale e globale”, conclude Costa.

COMINCIANO LE DISMISSIONI DELLE PIATTAFORME ENI

Eni, intanto, sta già cominciando la politica di dismissione di alcune piattaforme petrolifere nelle acque italiane. Nell’ultimo bollettino minerario del ministero dello Sviluppo economico, quello di agosto, il Cane a sei zampe ha comunicato, infatti, al Mise l’avvio del decommissioning delle piattaforme per l’estrazione di gas Azalea A, PC 73 e Ada 3 tutte e tre in Adriatico (a largo del litorale Veneto, di Rimini e di Ravenna), ai sensi delle Linee Guida del 15 febbraio scorso. “Delle tre piattaforme sopra indicate sono risultate potenzialmente riutilizzabili, ai sensi del comma 4 dell’art 5 D.M. 15/02/2019, Azalea A e PC 73. Al contrario, causa le attuali condizioni, non è riutilizzabile la piattaforma Ada 3 che pertanto dovrà essere dismessa a cura dell’operatore – si legge nel documento Eni -. Si comunica, pertanto, che le organizzazioni interessate al riutilizzo delle piattaforme di cui all’elenco precedente (Azalea A e PC 73), in possesso dei requisiti indicati nell’allegato 2 dell’art. 8 del D.M. 15/02/2019, possono presentare istanza di riutilizzo della piattaforma o infrastruttura mineraria in dismissione”.

DA RAVENNA FORTE PREOCCUPAZIONE PER LA CRISI DEL SETTORE

Esprime forte preoccupazione per la crisi del settore offshore, invece, la ROCA, l’associazione ravennate degli operatori del settore Oil&Gas: “Purtroppo, le aziende ROCA operano quasi esclusivamente all’estero e ciò significa che lentamente perdono personale e tutto il valore tecnologico italiano, in quanto le commesse estere richiedono sempre di più maestranze locali – sottolinea una nota -. Il settore negli anni ‘90 occupava solo a Ravenna oltre 10.000 persone. Attualmente le aziende ROCA hanno meno di 3.000 occupati che come detto operano quasi esclusivamente per commesse estere. Negli ultimi anni 5 aziende hanno chiuso o sono entrate in procedura concorsuale liquidatoria. È stata una lenta ed inesorabile crisi che colpisce la città di Ravenna. Anche il distretto ENI di Ravenna sarà a rischio chiusura se le centrali non avranno gas. Come pure OMC. Noi abbiamo in Italia ancora riserve di gas metano che se sfruttate potrebbero dare lavoro alle aziende italiane, diminuendo le importazione dall’estero. Diversi progetti sono in attesa di avere il nulla osta dal MISE, che potrebbero creare subito nuovi posti di lavoro”. Solo per fare un esempio, Eni potrebbe sviluppare il campo di “Bianca Luisella”, un progetto che prevede 180 milioni d’investimento e almeno 5.300 posti lavoro. Sbloccando anche solo questo progetto si avrebbero 350.000 giornate lavorative. Non solo. Roca evidenzia che molte grandi compagnie petrolifere “sono pronte ad investire in Italia come Eni, Shell, Total, Edison, e molte altre minori come le americane Global Med, Delta e AleAnna, le britanniche Rockhopper, Nothern Petroleum e Sound Energy con la sussidiaria Appennine e l’australiana Po Valley legata a Saffron Energy e tante altre. È necessario sbloccare a breve questa stagnazione per richiamare investimenti fonte di crescita ed nuovi posti di lavoro”.

L’ITALIA AVRA’ BISOGNO DI GAS PER ALMENO ALTRI 50 ANNI

“L’Italia avrà bisogno di gas metano per almeno 50 anni, come dai piani del MISE. È assurdo che lo importiamo, spendendo e inquinando di più, quando abbiamo ancora riserve disponibili. Purtroppo i nostri politici utilizzano lo slogan NO TRIV per avere i voti da chi si vuole fare credere che non perforando in Adriatico passeremo ad energie alternative a quelle fossili. È una grande presa in giro agli Italiani – ha evidenziato ancora ROCA -. Non perforando in Italia semplicemente importeremo il gas dall’estero. Pagandolo di più, inquinando di più e togliendo lavoro alle aziende italiane”. Per questo ROCA ritiene che “una ripresa urgente delle attività nell’offshore italiano, ed in particolare nell’offshore Adriatico, sia indispensabile per non perdere le tecnologie acquisite in tanti anni. Tecnologie che serviranno poi per sviluppare la produzione di energie rinnovabili. In altre nazioni, in primis in Danimarca e Norvegia, lo stato stimola gli investimenti nell’oil and gas per dare lavoro a quelle aziende che contribuiranno allo sviluppo dei prossimi progetti per le energie rinnovabili”.

IMPRENDITORI RAVENNATI SCORAGGIATI

“Gli imprenditori ravennati del settore sono molto preoccupati e soprattutto scoraggiati per le affermazioni di alcuni esponenti del Governo. Preoccupa un Ministro dell’ambiente che a priori afferma che non firmerà mai autorizzazioni per nuovi pozzi. Come pure le affermazioni di Di Maio che impedirà le attività di estrazione soprattutto nell’offshore. ROCA si è sempre battuta per informare l’opinione pubblica, gli amministratori ed i politici sull’importanza della produzione del GAS A KM. 0. Nel 2016 abbiamo portato a Ravenna il Presidente del Consiglio per informarlo della crisi del settore di Ravenna. Lo scorso marzo abbiamo portato a Ravenna il Sottosegretario alla Presidenza del consiglio per fare sbloccare il famigerato Art. 11 TER. Purtroppo non abbiamo avuto l’aspettato risultato per le sopravvenute crisi di governo”, ha concluso ROCA secondo quanto riportato da portoravennanews.com.

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