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Petrolio

Il petrolio rivoluzionerà la Cambogia?

Lo scorso dicembre la Cambogia ha iniziato a produrre petrolio. La nascente industria petrolifera sarà davvero in grado di fare la differenza per il paese e la sua economia?

Il primo ministro della Cambogia, Hun Sen, ha descritto l’inizio della produzione di petrolio come “una benedizione” per il paese e “un primo passo importante”. Le attività, dopo quindici anni e diverse false partenze, sono iniziate lo scorso dicembre. Per Hun Sen i barili di greggio permetteranno all’economia cambogiana di crescere, garantendo entrate che verranno investite nell’istruzione e nella sanità. Ma – si è chiesta BBC News – la nascente industria petrolifera sarà davvero in grado di fare la differenza per la Cambogia e la sua economia?

IL CONTESTO ECONOMICO

La Cambogia è uno dei paesi più poveri del Sud-est asiatico, anche se negli ultimi vent’anni la sua economia è cresciuta ad un tasso notevole, con una media del 7,7 per cento all’anno, secondo la Banca mondiale.

Nel 2020, però, a causa della pandemia di coronavirus, il PIL si è contratto del 2 per cento circa. Particolarmente colpiti sono stati i settori del turismo, dell’edilizia e dell’esportazione di merci, che valgono il 70 per cento della crescita e occupano il 39 per cento della forza lavoro.

Secondo gli analisti, l’industria petrolifera cambogiana sarà troppo piccola per riuscire a trainare la ripresa economica.

RISERVE TROPPO PICCOLE?

Nel 2017 la Cambogia ha raggiunto un accordo con l’azienda singaporiana KrisEnergy per lo sviluppo di un’area di oltre tremila chilometri quadrati nel bacino Khmer, nel golfo della Thailandia. Secondo le stime di KrisEnergy, la prima fase del progetto genererà un output di 7500 barili di petrolio al giorno. L’azienda però non sa ancora, per mancanza di dati, se il progetto verrà sviluppato ulteriormente.

Ma anche nel caso di un’espansione, scrive BBC News, la Cambogia rimarrebbe lo stesso un pesce piccolo in un mare di grandi produttori petroliferi, come gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita, che producono oltre 10 milioni di barili al giorno.

Perfino la vicina Thailandia produce molti più barili della Cambogia: oltre mezzo milione al giorno.

La compagnia statunitense Chevron, che ha venduto la sua quota nel progetto cambogiano a KrisEnergy, stimava che il sito nel bacino Khmer potesse contenere riserve per 700 milioni di barili. Valutazioni più recenti hanno però ridotto il potenziale recuperabile: prima a 30 milioni di barili, poi – secondo KrisEnergy – addirittura a meno di 10 milioni.

ENTRATE MODESTE

L’estrazione di petrolio, seppur modesta, garantirà comunque maggiori entrate alla Cambogia. Tra royalties e tasse, si stima che il governo possa ricavare circa 500 milioni di dollari.

I paesi vicini, però, ottengono dal greggio molto di più. In Malaysia la compagnia petrolifera statale Petronas vale da sola circa un quinto delle entrate del governo. Nella piccola repubblica di Timor Est il fondo petrolifero (da 18 miliardi di dollari) fornisce l’88 per cento delle entrate governative.

Quantomeno, proprio le dimensioni ridotte del settore petrolifero potrebbero evitare alla Cambogia di cadere nella cosiddetta “maledizione delle risorse”. Che si verifica quando un paese dipende eccessivamente da una grande industria estrattiva, favorendo di conseguenza la corruzione politica ma anche il declino economico e innovativo. Non sembra essere il caso della Cambogia.

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